I dieci anni di Atir
Gli auguri di una zia rompiscatole
Cara Atir,
dieci anni! Succede a noi zie rompiscatole e un po sempre uguali se stesse, di accorgerci che il tempo passa quando ci si rende conto che i nipotini sono cresciuti. E tu: Come sei cresciuta!, bruciando le tappe dellinfanzia, ladolescenza, la giovinezza che il nostro sistema teatrale – come la nostra società – tende invece a dilatare, procrastinando la vita adulta, o saltando – delle vita – intere fasi.
Eppure sembra ieri linizio – a scuola ma già gruppo e alla fine di un bel triennio, con maestri veri e agitazioni permanenti – con quello scoppio di energia che era (ed è rimasto per anni), Romeo e Giulietta. Forse il termine energia, il più ricorrente agli esordi, ti ha un po perseguitato, ti sembrava riduttivo. Ma era quella limpronta di partenza, assieme allentusiasmo e, appunto, alla giovinezza.
Ma dietro, e dentro, cera già molto altro.
Cera la volontà di fare un percorso assieme di personalità tutte a loro modo precise e forti ma determinate ad essere collettivo, e quindi tutte determinanti nella complessità delle dinamiche di gruppo: Arianna, Fausto, Mapi, Maria, Mattia, Nadia, Sandra, più tardi Michela e Stefano (mi piace nominarvi uno a uno: un gruppo di ragazzi belli – nella vostra trascuratezza un po démodé – e di belle persone) così diversi eppure capaci di costruire un nucleo legato e solido, burrascoso – certo – come tutti i nuclei vivi, intorno a cui hanno potuto ruotare apporti esterni-interni significativi, numerosi e liberi, trasformando negli anni il collettivo potenzialmente chiuso in un una sorta di famiglia allargata.
E cera e cè il punto di riferimento riconosciuto, Serena, senza cui lavventura non sarebbe partita. E certo non avrebbe potuto proseguire se la sua leadership non fosse stata continuamente riconfermata.
Dietro la timidezza e lallegra serietà, Serena brillava di intelligenza e sprizzava carisma già a ventanni, senza (voler o poter) nascondere le incertezze delletà, che trasparivano anche fisicamente, nella chioma di folti, ricci e lunghi capelli rossi, ad esempio, eccessiva, come eccessiva sarebbe stata la fase successiva, con zazzera cortissima (quasi una esternazione ancora un po adolescenziale della ricerca della propria complessità e delle proprie contraddizioni).Ma cera altro ancora.
Cerano in te, cara Atir, e sono rimaste, forti motivazioni ideali che intenerivano noi vecchie zie sessantottine, e che dieci anni fa erano, in un gruppo giovane, uneccezione: non si era ancora affermata – a parte Paolini – la generazione dei narratori impegnati e i tuoi coetanei di teatri Novanta sembravano attratti da forme meno convenzionali delle tue (la loro formazione dl resto non era accademica), ma molto spesso (non sempre certo) povere di senso (secondo me).
Cera in te invece la voglia di interrogarsi a trecentosessanta gradi sul mondo, sul passato recente, da giovani e da cittadini. Da questi interrogativi è nato il ciclo degli spettacoli sulla storia del presente (da Come un cammello al 68 all89), ma anche un modo particolare di affrontare i classici e questo atteggiamento ha determinato molto del vostro stile, un gioco epico che ricorre come marchio di fabbrica anche nelle Baccanti, in Lear, nelle Troiane. Non basta limpegno a fare teatro, soprattutto a fare del buon teatro, certo, ma senza convinzioni, come senza tecnica e senza idee, non credo che si possa creare uno stile.
Il tuo si è modellato anche attraverso la volontà e la capacità di elaborare lesperienza scolastica in un legame stretto ma autonomo coi maestri: penso in particolare a come hai saputo cogliere il meglio del metodo e dello stile Vacis, emancipandoti ed evitando il rischio della maniera Vacis.
E lemancipazione è iniziata molto presto.
Fra tutti i tuoi spettacoli, le Baccanti è a mio parere il primo del tutto originale, e quello che forse mi è più caro. (anche perchè ho in qualche misura contribuito alla sua genesi). Io mi occupavo allora di Mittelfest e in quellanno (il 97? il 98?) intendevamo dedicare un spazio allAlbania. Tu Atir (Serena e gli altri) cercavi per Baccanti una Tebe percorsa da gravi malanni e così Serena si aggregò – un po da un giorno allaltro mi sembra – a un mio viaggio a Tirana.
Tirana era Tebe (i classici vivono in funzione del presente): e in quel viaggio fu letta sede di prove e debutto e si imbarcarono nel progetto le ragazze della locale Accademia dArte Drammatica.
In quelloccasione io ti aiutai a trovare una coproduzione: si trattava dellOlimpico di Vicenza, anche se lo spettacolo si fece in una discoteca (e approdò a Mittelfest lanno successivo), quellanno diretto da Glauco Mauri. Esignificativo che la ricerca di sbocchi organizzativi da parte tua sia sempre stata disponibile alla trasversalità: avere motivazioni ideali non significa, anzi, dividere il sistema teatrale in buoni o cattivi, vecchi e giovani, in ricerca avanzata e convenzione. Questo forse non ti ha giovato dal punto di vista di una collocazione precisa fra le aree del sistema, e di unimmediata ricaduta critica (ma non devi soffrire troppo se quel tale o talaltro critico ci ha messo sette o otto anni per venire a vederti), ma è stata positiva sul piano della libertà e del consolidamento economico-organizzativo.
Negli ultimi anni abbiamo lavorato assieme per altri progetti speciali, tutti molto importanti per me, forse un po meno per te, che, pur nella disponibilità a recepire proposte, hai comprensibilmente sempre considerato prioritari, sul piano organizzativa e ideale, i progetti interni. In due casi è stato in rapporto al Festival Castel dei Mondi (nel periodo in cui lo dirigevo assieme a Pamela Villoresi) e a quello spazio strepitoso che è Castel del Monte: si trattava di interpretare lanima del luogo. Ammetto, cara Atir, cara Serena, di avervi un po usato: ma ne sono dati due eventi, il Gran torneo delle religioni e Beati quelli che (ispirato alle Beatitudini evangeliche), carichi della spiritualità laica che volevamo, e che non credo sarebbe stato facile trovare in altri gruppi. Ma voi, spero almeno, avete a vostra volta fatto un ulteriore passo avanti attraverso quelle esperienze, perchè progettare su temi dati (e interpretare spazi dati), e coordinare apporti esterni di diverse discipline (come è stato per le Beatitudini), non è certo poco creativo.
Anche quando si è trattato di giocare un po con i generi (o anche di giocare tout court), ho pensato in primo luogo a te (a te Atir e a te Serena). Estato lanno scorso, a Pergine, con Cose turche, un pastiche rossiniano lirico/teatrale fra Italiana in Algeri e Turco in Italia: bisogna un po reinventare anche il modo di fare lirica e avere il coraggi di avventurarsi fra le discipline.
Così, esperienza dopo esperienza, spettacolo per spettacolo, hai affinato un tuo metodo, fra laboratori, periodi di prova rigorosi, tournée intense, qualche rapporto internazionale, sei cresciuta (e quasi quasi oggi potremmo dire che esiste – per i colleghi più giovani per cui costituisci un punto di riferimento prestigioso- una maniera Sinigaglia), hai saputo favorire – o hai accettato – le opportunità esterne per i singoli (per tutti mi sembra: ciascuno in rapporto ai suoi specifici talenti).
Ora forse ti senti troppo matura per permetterti di sbagliare, ma in fondo sei ancora troppo giovane per non avere attenuanti. Quindi prendi la tua età con leggerezza. Non sarà facile, ma profetizzo un grande futuro, individuale e collettivo.
Ciò non toglie che, da vecchia zia, vorrei ancora un po sgridavi e proteggervi.
(4 giugno 2006)
Mimma_Gallina
2006-06-06T00:00:00
Tag: Atir (13), Milano (79)
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