Speciale elezioni 2006: lo spettacolo e i partiti (parte II)

Il teatro nella campagna elettorale 2006: lo speciale di "Hystrio"-ateatro

Pubblicato il 09/03/2006 / di and / ateatro n. 096

Prosegue con questa seconda puntata l’’inchiesta di “Hystrio”-ateatro sui programmi delle forze politiche per la cultura, in occasione delle elezioni politiche del 9 aprile. Dopo la prima puntata, ospitata su ateatro 95 e dedicata soprattutto alle forze della sinistra, allarghiamo l’’orizzonte spostandoci verso il centro.
Una piccola annotazione, se ci è consentito: a Mira, alle Buone Pratiche 2, lo scorso novembre, dopo anni di tagli al FUS e alla cultura, avevamo lanciato lo slogan “Non si può essere ricchi e stupidi per più di due generazioni”, chiedendo che l’1% del PIL venisse destinato alla cultura. Ci sembrava una rivendicazione controcorrente e vagamente utopica, una provocazione contro una classe politica che considerava la spesa per la cultura un lusso che si poteva ridurre a volontà. Nel corso di questi mesi, sono diversi gli esponenti politici che hanno rilanciato questa parola d’ordine: per prima l’’onorevole Vittoria Franco dei DS, e più di recente persino il sottosegretario Nicola Bono di AN. E se leggerete qui troverete altre tracce dell’1%.
Si tratta certamente di una coincidenza, ma la cosa ci fa ugualmente molto piacere. Anche se sappiamo che il lavoro duro comincerà dopo il 9 aprile: chiunque vinca, dovremo fare in modo – tutti insieme – che questo impegno venga mantenuto.

La Margherita a convegno

Nel corso della legislatura, pur essendo piuttosto attiva in materia nelle commissioni parlamentari, la Margherita non si è dedicata con particolare attenzione allo spettacolo.
Giovedì 23 febbraio ha però organizzato a Roma il convegno “Spettacolo e Industria Culturale nell’’era digitale. Oltre il Fus, oltre l’’incertezza”. Si è gentilmente offerta di farcene una sintesi Roberta Scaglione, che ringraziamo.
Nell’’introduzione Andrea Colasio, Capo Gruppo Margherita VII Commissione Cultura, enuncia i punti fondamentali dell’agenda di programma:

• procedere ad una legge quadro entro 12 mesi;
• portare l’’intervento dello Stato al 1% della spesa pubblica;
• attuare una strategia concertativa nella politica di regionalizzazione del FUS: ovvero lo stato deve tenere per sé la responsabilità di definire regole e criteri e delegare alle amministrazioni locali i processi e la gestione delle risorse;
• incentivare il rapporto con il mercato per incrementare la filiera delle risorse;
• valorizzare e sostenere le attività delle Fondazioni;
• regolare i rapporti con la pubblicità

Il breve discorso introduttivo di Colasio trova riscontro e approfondimento nella bozza di programma di cui di seguito i punti fondamentali:
• denuncia nei confronti della legislatura che sta volgendo al termine che a causa delle non scelte operate ha contribuito allo stato di assoluta criticità del settore: le ricorrenti decurtazioni del Fondo Unico dello Spettacolo hanno pregiudicato qualsiasi possibilità di definire una nuova progettualità per il teatro, la musica, la danza, il circo, lo spettacolo viaggiante e di razionalizzare ¬ in termini di efficacia la logica dell’intervento e dell’interesse pubblico;
• la dimostrata incapacità di gestire il riformato Titolo V della Costituzione ha provocato un’incertezza normativa permanente che ha impedito allo spettacolo di programmare pluriennalmente la propria attività, con conseguente condizionamento della tenuta economica e della capacità progettuale del sistema;
• l’intenzione è quella di realizzare un progetto credibile, articolato su pochi ma essenziali elementi, individuati come precipui dell’azione di rilancio dello spettacolo italiano. Pur nella consapevolezza delle attuali difficoltà economiche, l’intenzione è quella di operare un’inversione di tendenza dei flussi finanziari in favore delle attività culturali, procedendo ad una riqualificazione della dotazione del FUS per rimettere a regime il sistema dello spettacolo (con un incremento di almeno 100 milioni di euro) e iscrivendo gli stanziamenti per la cultura nel capitolo investimenti e non spese.

Altri nodi evidenziati:
• l’intento di ricondurre al Fus e a criteri di gestione unitaria e meno discrezionale le risorse del Lotto e di Arcus;
• prestare maggiore attenzione alle espressioni artistiche giovanili, in particolare alla musica contemporanea e alla danza […]. In questo senso si propone di canalizzare una quota delle risorse destinate alle Fondazioni liriche a favore del balletto;
• per le Fondazioni liriche, di cui si segnala la posizione di criticità, l’intenzione è di procedere provvedendo a criteri innovativi di gestione e razionalizzazione dei costi;
• segue nel piano di lavoro la piena attuazione della legislazione concorrente prevista dall’art 117 della Costituzione, dando corpo al federalismo solidale fra le regioni e lo Stato e valorizzando il ruolo fondamentale di province e comuni;
• gli impegni enucleati si correlano alla predisposizione di un testo unico dello spettacolo che raccolga, razionalizzi ed armonizzi tra loro i numerosi provvedimenti adottati nel tempo; […]
• applicazione degli strumenti del welfare agli addetti del settore favorendo il recupero di dignità e professionalità, con l’obiettivo del riconoscimento dell’impegno lavorativo di artisti, tecnici e organizzatori dello spettacolo.

Negli interventi dei molti operatori presenti vengono rimarcati i punti critici del sistema: ripartizione del Fus, incremento e certezza delle risorse, necessità di definire un assetto legislativo.
Dalle dichiarazioni della Margherita emergono alcuni elementi di divergenza rispetto alle posizioni di altre forze del centro-sinistra su alcuni punti chiave. Per quanto riguarda i finanziamenti, la Margherita intende portare la spesa per lo spettacolo all’1% della spesa pubblica (e non del Pil). Anche per il Fus ha obiettivi più modesti: Colasio propone di incrementarlo di 100 milioni di euro circa (485 milioni), non di riportarlo ai livelli del 2001 (con uno scarto di circa 50 milioni di euro), come proposto dai Ds e dallo stesso programma dell’Unione. Sostiene infine la “regionalizzazione” del Fus, contro cui hanno preso posizione Rifondazione Comunista e i Comunisti italiani.

I COMUNISTI ITALIANI E LO SPETTACOLO

Vedi l’intervista all’onorevole Gabriella Pistone su ateatro.

LA CASA DELLE LIBERTÀ

“Continueremo la realizzazione del piano decennale delle grandi opere e l’azione di valorizzazione dei beni culturali quale fondamento della nostra identità e volano di sviluppo economico” . Nel programma notoriamente sintetico della Casa delle Libertà c’è solo questo.
Ma non è certo tutto qui: la politica della coalizione di governo si può analizzare a partire da quel “continueremo” – cioè da quello che si è fatto – ma anche da quello che non si è fatto, scoprendo sfumature non lievi fra le posizioni dei singoli partiti e persone.

L’era Urbani

Sarebbe un errore pensare – dopo il periodo frenetico Veltroni/Melandri – che la politica di Urbani sia stata dimessa, anche se l’opposizione in commissione cultura della Camera ha sottolineato più volte il ruolo residuale di un ministero devastato, che si è visto erodere progressivamente le risorse, e non solo quelle del FUS.
In realtà la politica di Urbani, interpretata, letta nella sua articolazione, risulta piuttosto decisa e coerente e a maggior ragione può sembrare preoccupante che se ne ipotizzi la continuità.
Partiamo dalle risorse: la diminuzione di quelle “ordinarie” è un dato di fatto, ma è in parte compensata da quelle straordinarie (Arcus per esempio, l’uso dell’8 per mille e del lotto) tanto che, prima degli ultimi tagli del FUS, la spesa del Ministero, in rapporto al famoso rapporto col PIL, sarebbe salita – dichiara Urbani non smentito – dallo 0,17% dell’ultimo anno del governo di centro sinistra allo 0,18% del 2003. La particolarità delle risorse straordinarie sta nel fatto che la gestione è sottratta a qualunque regolamento, dipende direttamente dalla scelte del Ministro. E questo centralismo è probabilmente il segno principale della politica di Urbani, assieme al richiamo alla privatizzazione (rimasto però sostanzialmente sulla carta nel settore spettacolo).
Elenchiamo qualche azione del governo:
– la riforma dell’ETI: è stato un atto (legittimo) del Ministro, sottratto a qualunque verifica e discussione;
– quella della Biennale (la seconda in pochi anni) ne ha ulteriormente rafforzato il controllo centrale;
l’istituzione di ARCUS spa, come emanazione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e di quello delle Infrastrutture per il sostegno di attività “trasversali”, innovative, promozionali: all’apprezzamento iniziale sono seguite critiche generalizzate alla gestione, non regolamentata e fortemente dipendente dai due ministri;
la trasformazione dei regolamenti triennali in decreti annuali (cioè l’azzeramento di una delle riforme più significative sul piano operativo e “psicologico” del governo precedente) e l’introduzione di una discrezionalità pressoché assoluta nella cosiddetta valutazione qualitativa, attuata dalle commissioni nominate dallo stesso Ministro (commissioni che – con gli uffici ministeriali – ora gridano contro i finanziamenti a pioggia ma che hanno aumentato il numero dei soggetti come mai prima, riducendo significativamente il contributo medio);
la valorizzazione del privato (cioè interazione pubblico/privato, privatizzazione, richiamo alla managerialità), fatta eccezione per una maggiore attenzione nei finanziamenti alle imprese di spettacolo market oriented, è rimasta in gran parte sulla carta: non si è regolamentata in termini efficaci l’agevolazione fiscale alle erogazioni liberali (già una legge Melandri), si è lasciata naufragare la riforma delle Fondazioni lirico-sinfoniche e si sono aumentati i lacci e lacciuoli che il ministero pone ai settori attraverso i regolamenti (fino all’atto finale – già periodo Buttiglione, ma sempre era Nastasi – di determinare per regolamento addirittura i cachet!: una scelta paradossale da parte di un governo liberista).
Lo stesso spirito accentratore si è applicato nella gestione dei beni culturali e del patrimonio, dove però la privatizzazione stava decisamente più a cuore e ha iniziato a funzionare davvero (con grave disagio delle emanazioni periferiche del ministero).
Insomma, la preoccupazione sembra sia stata mantenere il più possibile al centro le scelte concretamente rilevanti. Deriva da qui – a nostro parere – anche il braccio di ferro quinquennale con le regioni per l’applicazione della riforma costituzionale. E tuttora il punto d’arrivo, la “legislazione concorrente”, si presta a interpretazioni non identiche -come abbiamo visto – anche a sinistra.

Le diverse culture di Forza Italia

Le posizioni del partito del Presidente del Consiglio sono più articolate di quanto si possa pensare, se confrontiamo la politica di Urbani con la scheda di lavoro della responsabile del settore, on. Gabriella Carlucci, o la chiusura totale del Ministro Tremonti o dell’economista Brunetta nei confronti del settore. Il documento che riportiamo quasi integralmente qui di seguito rappresenta la posizione di Forza Italia e riprende in parte la filosofia del progetto legge del 2001 (della stessa Carlucci).

SCHEDA DI LAVORO PER LO SPETTACOLO
a cura del DIPARTIMENTO NAZIONALE SPETTACOLO F.I.

Appare opportuno varare un nuovo progetto per lo spettacolo quale risorsa strategica per la crescita del Paese, veicolo di tutela dell’identità culturale e di promozione dell’immagine italiana all’estero. Nell’era della globalizzazione dei mercati, della concorrenza a basso costo, della clonazione e contraffazione dei prodotti industriali, artigianali, manifatturieri ed agricoli, l’Italia può “vendere” un prodotto che non può essere riproducibile: la cultura. Per farlo al meglio, occorre essere competitivi, operare, cioè, nelle condizioni migliori per ricercare la qualità ed attuare i presupposti e le finalità dell’intervento pubblico che genera un cospicuo valore aggiunto anche in termini economici (sono oltre 200.000 gli addetti che operano nello spettacolo).
Ma non è solo una questione di finanziamenti; è anche un tema di regole certe, non più rinviabili dopo la riforma del Titolo V della Costituzione (…) Nel varare le leggi quadro per il cinema e per lo spettacolo dal vivo si dovrà:
• attuare il principio della legislazione concorrente;
• affrancare l’investimento sulla cultura dai vincoli del Trattato di Maastricht;
• sollecitare, ad integrazione dell’intervento pubblico, l’impegno dei privati sullo spettacolo quale patrimonio della nazione e bene economico;

AZIONI STRUTTURALI PER IL SISTEMA SPETTACOLO
Per perseguire la competitività dello spettacolo, si delineano interventi di sistema, strutturali e di sostegno alla quotidiana gestione imprenditoriale.
Investimenti strategici

– Un “sistema culturale”va fondato su sei “investimenti”: – l’educazione del pubblico, coinvolgendo sia la scuola che l’università; – la formazione e l’aggiornamento professionale degli operatori; – la promozione, per diffondere la conoscenza ed informare; – le nuove strutture, ancora carenti in molte aree del Paese; – l’integrazione progettuale tra patrimonio culturale, storico, monumentale, paesaggistico e le attività turistiche; (…)
Fonti di finanziamento
Fondo unico dello lo spettacolo: occorre operare una netta e definitiva inversione di tendenza. Va realizzata la riforma del Fus per rimuoverne gli elementi di criticità e prefigurare nuove logiche di intervento, più correlate all’efficacia/efficienza dell’investimento pubblico in termini qualitativi, quantitativi e di ricaduta sociale e solo dopo adeguarne le risorse ai nuovi obiettivi. Arcus spa: pccorre ricondurne l’ambito di intervento all’interno di logiche, criteri e metodologie di azione che ispirano l’attività istituzionale del Ministero per i beni e le attività culturali preposto dicastero. Fondo perequativo: si propone l’istituzione di un fondo strutturale per investimenti strategici in favore delle aree meno servite del Paese, della presenza in ambito internazionale e della innovazione produttiva e tecnologica del settore. Varie sono le ipotesi per alimentare tale fondo e non necessariamente gravanti sull’erario.

Il credito
E’ indispensabile delineare un modello dedicato espressamente alle attività imprenditoriali dello spettacolo, d’intesa tra Stato e Regioni (…)

AGEVOLAZIONI DI SISTEMA
Nuova fiscalità

razionalizzazioni e semplificazioni (applicazione della minima aliquota Iva agevolata);
incentivi fiscali (tax shelter, crediti di imposta, detassazione dei costi pubblicitari e di affissione, premio fiscale proporzionale ai biglietti venduti, crediti di imposta per l’acquisto, ristrutturazione e innovazione tecnologica delle sale di spettacolo e per la formazione e l’aggiornamento professionale).

Il lavoro
Non è più rinviabile: – una complessiva revisione dei ccnl; – ridurre i livelli di precarietà; – sostenere la nascita di nuovi posti anche attraverso l’introduzione dei nuovi modelli di lavoro con relative agevolazioni (interinale, apprendistato, borse di studio, lavoro socialmente utile); – conseguire il riconoscimento professionale degli operatori.
Razionalizzazione e semplificazione amministrativa
Occorre un’ulteriore semplificazione delle procedure amministrative (…)

Ulteriori interventi
E’ opportuno rimuovere una serie di balzelli, imposizioni e limiti che ancora gravano, immotivatamente, sul settore: – esenzione dalla ritenuta d’acconto sui contributi erogati dalle amministrazioni pubbliche – esenzione delle sale teatrali e musicali dal servizio obbligatorio di vigilanza del Corpo nazionale dei vigili del fuoco – esenzione delle sale di spettacolo dalle imposte erariali e addizionali (…) – integrale deducibilità delle spese per vitto, alloggio e viaggio durante le trasferte.

Sulle posizioni di Forza Italia, vedi anche l’intervista all’onorevole Gabriella Carlucci su ateatro.

(segue)

Anna_Chiara_Altieri_e_Mimma_Gallina

2006-03-09T00:00:00




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