L’archivio del Living all’ORSA di Torino. Una intervista a Edoardo Fadini

Dedicato a Julian Beck (1925-1985)

Pubblicato il 03/09/2005 / di / ateatro n. 089

Non si chiama più Cabaret Voltaire ma di questo storico (e per certi aspetti mitico) spazio dell’avanguardia teatrale e artistica degli anni Settanta a Torino l’attuale ORSA mantiene i fantasmi, magari in forma di vhs o di libro o di racconto da parte del fondatore, Edoardo Fadini. Il teatro di Wilson, del Bread and Puppett, l’amato Bene dentro gli scaffali dell’Associazione in via Botero. “Ma all’epoca non si usava registrare gli spettacoli. Nessuno lo faceva: né Carmelo Bene né Leo De Berardinis, né Memé Perlini. Il primo a registrare fu Quartucci”.
Firmatario del Manifesto del Convegno di Ivrea, per molti anni critico titolare dell’”Unità”, Edoardo Fadini è stata una delle personalità che negli anni Sessanta e Settanta ha dato maggiormente vita al vivace dibattito sull’avanguardia. Con Quadri, Bartolucci, Capriolo tra cantine e infernotti stavano dando vita a quella critica militante che seguiva il nuovo teatro.

Sei atti pubblici a Catania (l’immagine ci è stata gentilmente fornita da Cathy Marchand).

Quale era allora il ruolo della critica?

Qualcuno sostiene che un vero critico non dovrebbe farsi influenzare dall’artista e dovrebbe scappare dal teatro dopo lo spettacolo. Io scappavo subito in palcoscenico invece e dopo andavamo a sbronzarci insieme con gli artisti. Il grande movimento dell’avanguardia era proprio questo mescolarsi di critica e artisti. Era un’avanguardia “coordinata” che aveva coscienza di sé. Assistevamo a spettacoli che avrebbero segnato un’epoca: Fire di Peter Schumann, l’uomo che si immola nel fuoco usando solo scotch rosso, accartocciandosi ricoperto di pezzetti di adesivo rosso. Noi tutti uscimmo ammutoliti. Lo conoscemmo in una brasserie dopo lo spettacolo, lui stava parlando con Jack Lang e io ero con Mario Ricci, Leo e Perla, ci avvicinammo e lo incantammo con un suono di flauto. Abbiamo vissuto un romanzo!

Fadini ha organizzato sin dagli anni Sessanta incontri eccezionali: John Cage, Peter Schumann, Carmelo Bene (e recentemente il grande convegno a lui dedicato di cui sono in corso di stampa gli atti), il Living Theatre, l’Institutet for Scenkonst, e lo scorso anno il primo spettacolo dopo la morte di Grotowski: Dies irae di Thomas Richards del Workcenter di Jerzy Grotowski, presentato da Antonio Attisani. Dopo il ritorno a New York di Judith Malina, Hanon Reznikov e Thomas Walker, la sua associazione culturale ORSA ospita l’archivio del Centro Living Europa fino a qualche anno fa depositato a Rocchetta Ligure. Un archivio nato con la collaborazione degli stessi fondatori del Living, con Tom Walker, Gary Brackett, e con l’aiuto di Fernando Mastropasqua che da sempre ha mostrato un’attenzione particolare al gruppo newyorchese nei suoi studi e negli spazi del Dams di Torino, dedicando loro incontri e laboratori (con Cathy Marchand e Gary Brackett, in attività in Italia).
Attualmente è in corso la catalogazione e la digitalizzazione per la conservazione del materiale in film e in video grazie ad accordi con la Fondazione San Paolo e Regione Piemonte. Gli originali rimarranno nella Cineteca di Ivrea, mentre sarà possibile consultare le copie in formato dvd. Si può rimanere colpiti dalla quantità di scatole, cronologicamente catalogate, dalle “pizze” in 35 mm ancora chiuse con vecchi nastri adesivi, video dai formati ormai desueti, tesi di laurea, fotografie. Tra i titoli delle videocassette alcune rarità: il documentario Être libre che testimonia il Living ad Avignone nel ’68 (con frammenti di Paradise Now e registrazioni della rivolta del maggio con le assemblee, le azioni di strada, gli interventi del Living nel movimento politico, le riunioni, le feste), un’inconsueta versione di Mysteries a doppio palcoscenico del 1967, le Sette meditazioni in varie situazioni, dalla Biennale di Venezia del 1975 a Francoforte e Amiens nel 1978, l’Oratorio in appoggio a uno sciopero nel 1976, la lettura di Julian Beck del monodramma di Beckett That Time al Café La Mama il 4 aprile 1985 per la regia di Gerald Thomas; ed ancora, audiocassette con vari interventi, interviste, letture di poesie, incontri e il sonoro di vari spettacoli. E’ inoltre documentato tutto l’ultimo Living, da Utopia a Waste a Zero Method, basati su testi di Hanon Reznikov, e varie azioni di strada, performance tra cui spicca senz’altro Equinox rite. Shamanizing Julian, un rito sciamanico con canti, danze e poesie per la guarigione di Julian Beck (1983).

“Ho aperto la prima scatola e ho trovato subito una locandina del Cabaret Voltaire. Questo è il motivo per cui l’Orsa era il luogo naturale per raccogliere il loro materiale: il Living qua ha sempre trovato ospitalità. L’avventura con il Living è di lunga data. Abbiamo fatto Mysteries nel ’64 all’Unione Culturale, lo spazio che avevamo prima del Cabaret Voltaire, una sala per 50 spettatori. Ricordo la folla e l’attesa degli attori: il gruppo era a sedere in attesa del pubblico. E ti guardavano…. Avevano un modo di guardare… E di alzare il pugno! E poi ricordo un OM del gruppo in cerchio che saliva al cielo e lo slogan “Stop the war” di Beck. E poi Antigone, Paradise Now. Non portammo invece The Brig: costava troppo. Vidi a Berlino Paradise Now e subito lo programmammo per Palazzo Carignano: 300-400 persone si accalcarono dentro e all’uscita ci aspettavano 25 gazzelle della Polizia”.

Fadini è un fiume in piena quanto a ricordi. E non si risparmia sui dettagli.

“Abbiamo ospitato 419 spettacoli di cui il più tradizionale è stato Caligola di Aldo Trionfo. Venne da noi perché era stato rifiutato dal Teatro Stabile. Ospitammo Richard Schechner in Dyonisus in ’69. Ricordo il lavaggio del sangue in scena. Siamo stati noi poi, a produrre Antigone del Living. La prima fu fatta qua, si legge anche in Theandric. Per l’Antigone ho visto come Judith dirigeva il gruppo: nella prima fase del lavoro tutti erano in fila attaccati al muro, lei ordinava di alzarsi, di allontanarsi, regolava scrupolosamente questi movimenti, singoli e di massa. Quando si passava alla voce questa era all’inizio, rigorosamente senza testo. L’ Antigone fu un grande evento. Mi telefonarono dalla segreteria particolare di Gianni Agnelli. Volevano dodici biglietti per lo spettacolo. Venne la famiglia Agnelli al completo”.

Un modello quello del Cabaret Voltaire improponibile oggi, quando gli spettacoli della cosiddetta ricerca sono per lo più prodotti cuciti a misura di Festival, di direttori amministrativi, occhieggiando magari ai gusti della critica. Ma cos’è esattamente un Cabaret Voltaire?

“Non lo si inventa, si vive. Un Cabaret Voltaire vive con gli artisti. Se vuoi è un modello di programmazione alternativa allo Stabile, uno spazio che ha sempre avuto riguardo e attenzione per la grande stagione della ricerca teatrale internazionale. Noi lo fondammo nel 1975 ed è rimasto aperto fino al 1994. Idealmente oggi stiamo continuando quella straordinaria esperienza”.

Anna_Maria_Monteverdi

2005-09-30T00:00:00




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