Che succede a Venezia?

Dal volume Il teatro possibile di Mimma Gallina, Franco Angeli, in libreria a settembre

Pubblicato il 10/06/2005 / di / ateatro n. 085

Il direttore della Biennale Teatro 2006 sarà Maurizio Scaparro, che tra il 1979 e il 1982 diresse le storiche edizioni della manifestazione che rilanciarono l’ideologia della festa e il legame con il Carnevale.
Proprio questo passata collaborazione – e la volontà di riprendere quella direzione sono state ribadite sia dal comunicato del cda che annuncia la nomina, sia dallo stesso Scaparro nelle sue prime dichiarazioni alla stampa. «Penso a un festival che preveda testimonianze teatrali internazionali e italiane di altissimo livello tra tradizione e innovazione» ha detto Scaparro. La sua Biennale incrocerà le celebrazioni dei centerari Carlo Gozzi e Carlo Goldoni (Scaparro ha appena concluso le riprese a Venezia dello spettacolo che ha tatto dai Mémoires di Goldoni). «Sono due miei amori costanti: Venezia quasi mai lasciata, la Biennale ritrovata dopo venticinque anni. A mio avviso occorre cercare partendo da Venezia di aiutare a ricostruire le nostre civiltà attraverso le fondamenta della cultura, e per quanto ci riguarda, del teatro».
Per capire meglio la situazione veneziana, è assai utile una anticipazione dal volume Il teatro possibile di Mimma Gallina, Franco Angeli, in libreria a settembre (e quando esce COMPERATELO E STUDIATELO: ma ne riparleremo a tempo debito).

La città di Venezia è vissuta per qualche secolo di rendita dall’essere stata – fra l’’altro – il grande palcoscenico d’’Europa e del Mediterraneo. Tuttora occasioni come il Carnevale o la Festa del Redentore, e manifestazioni come la Biennale, tendono ad accreditare questa immagine.
Ma per quanto riguarda le modalità organizzative tradizionali e “paganti” di spettacolo, i numeri ci raccontano una realtà molto diversa e sconcertante: nel rapporto spettatori/abitanti (V. tabella 1) la città registra il tasso più basso fra quelle che esaminiamo, il 12,29%: sappiamo che i dati sono parziali, ma possiamo ritenere con una buona approssimazione che non troppi veneziani (decisamente molti meno della media nazionale), e sicuramente pochissimi turisti vadano a teatro.


Tabella 1. IL TEATRO NELLE CITTA’

Città Teatri Lavori Spett. Incassi Recite % Sp. % Inc. % Ab. Med/Rec
Roma 24 183 1093.102 21.608.145,36 2.773 17,71 22,94 41,35 394
Milano 33 294 982.108 15.637.589,58 2.212 15,91 16,60 83,04 297
Napoli 9 81 423.994 9.340.700,78 783 6,87 9,92 42,68 541
Torino 16 173 387.732 5.783.913,19 1000 6,28 6,14 42,90 388
Firenze 6 130 229.866 3.316.422,16 481 3,72 3,52 57,00 478
Genova 8 128 177,564 2.369.244,51 496 2,88 2,52 29,42 358
Palermo 2 25 120.384 1.682.726,82 203 1,95 1,79 18,45 593
Bologna 11 144 251.011 3.202.277,98 672 4,07 3,40 65,88 374
Trieste 3 70 179.769 2.219.085,57 420 2,91 2,36 83,58 428
Bari 5 62 106.179 1.859.824,75 162 1,72 1,97 33,98 655
Venezia 2 15 33.843 500.943,35 86 0,55 0,53 12,29 394

Fonte: adattamento dalla Borsa Teatro del “Giornale dello Spettacolo”.
Legenda: la voce % Sp. indica l’incidenza in percentuale degli spettatori sul totale generale; la voce % inc. indica l’incidenza degli incassi sul totale generale; la voce % ab. indica la percentuale degli spettatori in rapporto agli abitanti delle città; la voce Med/rec indica la media degli spettatori per ogni recita.
Avvertenza: i dati della tabella 3 si riferiscono a teatro di prosa (inclusi recital e cabaret) e commedia musicale (musical), sono ricavati in tempo reale – nel corso della stagione – dall’AGIS e potrebbero non essere completi, soprattutto con riferimento a sedi “alternative”, piccole sale, rappresentazioni scolastiche (questa lacuna però vale per tutte le città e questo li rende comparabili nella sostanza). Non sono invece comparabili ai dati SIAE che si riferiscono sempre all’anno solare.


Fra il 2002 e il 2003, l’andamento dello spettacolo dal vivo in genere nell’area metropolitana (Venezia con la terraferma: Mestre/Marghera: vedi tabella 2), è allarmante: crescono le rappresentazioni totali, ma non per la prosa (dove si riducono quasi del 15%) e calano presenze e incassi in tutti i settori. L’analisi disaggregata dei dati – attraverso la Borsa Teatro: in particolare i tassi di occupancy – rivela problemi maggiori in laguna che nei teatri di Mestre.


Tabella 2. IL TEATRO A VENEZIA

Attività Rappr.
2002
Rappr.
2003
Biglietti
2002
Biglietti 2003 Spesa 2002 Spesa 2003
Balletto classico e moderno 16 20 4.594 2.855 84.867,09 84.599,09
Burattini e marionette 9 9 1.521 1.290 4.563,00 4.060,00
Concerto classico 1.209 1.247 92.430 90.204 2.207.007,52 2.415.035,02
Concerto di danza 98 82 17.393 19.292 146.065,21 175.751,50
Concerto Jazz 10 20 2.856 1.748 43.461,00 20.447,14
Operetta 1 504 8.386,97
Recital letterario 3 8 249 972 2.013,60 3.771,20
Rivista e c. musicale 2 2.113 26.539,60
Spettacolo di musica leggera 94 89 32.163 27.298 420.256,66 429.275,80
Teatro di prosa 455 382 89.344 80.497 1.636.553,75 1.117.510,71
Teatro di prosa dialettale 2 155 811,92
T. di prosa rep. napoletano
Teatro lirico 111 107 22.615 15.919 2.215.515,13 728.835,60
Varietà ed arte varia 170 474 1.677 1.608 32.363,67 23.366,15
Totale 2.180 2.438 267.614 241.683 6.828.405,12 5.002.652,21

Fonte: adattamento dalla Borsa Teatro del “Giornale dello Spettacolo”.


Confrontando i dati con altre città, un fenomeno che balza agli occhi è l’altissimo numero di concerti classici (1.247 nel 2003) per più di 90.000 spettatori: possiamo da un lato ricondurre questo primato alla presenza capillare di Istituzioni Musicali, anche molto prestigiose, ma si evidenzia dall’altro un’attività concertistica diffusa rivolta ai turisti: concentrata in un paio di sale e chiese (come la Chiesa della Pietà e di San Vidal), con promotori in costume del settecento e qualità modesta (diciamo un’alternativa meno romantica alla gondola-serenade).
Esiste evidentemente un ampio margine di sviluppo della relazione fra spettacolo e turismo (così caldeggiato dal Ministero): da un punto di vista di qualificazione – per quanto riguarda la musica – e tutto da inventare per la prosa (anche il Teatro Stabile lo ha dichiarato fra i propri obiettivi).

T&T: Teatro e Turismo

Qualche considerazione per inquadrare e complicare il problema.
Va subito fatta chiarezza su un equivoco: turismo e spettacolo non interagiscono per magia, per grazia ricevuta.
• Non di rado, anzi una visione tradizionale della gestione del turismo tende a frenare lo sviluppo di un’attività di spettacolo di qualità (privilegiando e spingendo verso altri “consumi”)
• Anche sul piano dei finanziamenti, la tendenza di sponsor e fondazioni bancarie nelle località a forte concentrazione monumentale, è quella di valorizzare i monumenti, appunto, trascurando gli “optional”
• Bisogna poi distinguere – almeno sul piano organizzativo – fra il “turismo culturale” vero e proprio (che è in crescita e che – se ben comunicato – può trovare in festival, eventi e affini un elemento costitutivo) e un turismo che può anche comportare il “consumo” di cultura e spettacolo. Ma perchè si creino le famose “sinergie” ci vogliono politiche e scelte precise.
Tornando a Venezia: è evidente che le due tipologie turistiche si intrecciano, che la città può trovare nelle manifestazioni di spettacolo un elemento qualificante, che le istituzioni culturali possono determinare forme di turismo “residente”, ma è anche evidente che per il turismo di massa Venezia, come elemento di richiamo, basta e avanza. In concreto:
a) Lo spettacolo a Venezia, fatta eccezione per Biennale cinema (la Biennale settori dal vivo ha un incidenza quantitativa modesta) e per il Carnevale (che sostiene la stagione invernale oltre ad alimentare l’industria del merchandising) è un accessorio abbastanza secondario dell’economia turistica, ed è esclusivamente orientato all’attività musicale e in parte di danza, tanto di qualità -si sa che la Fenice registra presenze elevate- che legata all’iniziativa privata e associativa diffusa.
b) Il turismo non ha bisogno del teatro di prosa, (o crede di non averne), tanto più considerando i fattori di comprensione, impegno etc. Forse è il teatro che potrebbe proporre una sua funzione, contribuire a qualificare anche il turismo di massa e di passaggio (ma anche inserirsi in quello “culturale”), e ricavarne forse benefici economici. Una scelta di questo tipo presuppone convinzione e una progettualità artistica e imprenditoriale, non solo una buona azione di marketing e potrebbe indirizzarsi in molti modi diversi, ad opera d diversi soggetti.
Il teatro italiano di tradizione e di ricerca tende a “snobbare”, considerandolo di fatto dequalificante, il rapporto con il turismo, a meno che non si identifichi con festival prestigiosi. Ma i festival non sono la sola “formula” possibile. Nel caso specifico – Venezia – a fianco di appuntamenti qualificanti e fondamentali come la Biennale, non troveremmo niente di disdicevole in un buon programma permanente di repertorio goldoniano (o veneto in genere), tradizionale e non, con tanto di traduzione simultanea e materiali plurilingui compresi nel prezzo del biglietto. Oppure in master non episodici e promossi davvero a livello internazionale sulla Commedia dell’’Arte (e i suoi eredi). Non abbiamo suggerito niente di particolarmente originale, ipotesi di lavoro di cui spesso molti parlano, ma che nessuno concretamente fa.

Mimma_Gallina

2005-06-10T00:00:00




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