Megaloop!
I trent'anni del Tam in mostra a Padova
E il 1980 quando Michele Sambin, Pierangela Allegro e Laurent Dupont – unendo le rispettive professionalità nel campo delle arti performative, della musica e della videoarte sperimentale – danno vita alla compagnia Tam Teatromusica con sede a Padova. Nella mostra che celebra il trentennale della compagnia, Megaloop a cura di Riccardo Cardura, aperta fino allinizio di giugno, va in scena la memoria, in un allestimento generoso, ricco e curatissimo che rende onore al coerente lavoro artistico, intermediale per eccellenza, del TAM. Attraversando lo spazio, lungo le diverse stanze, vengono letteralmente alla luce i fili del tempo, quasi inseguendo la raffinata traiettoria di immagine-suono che ha contraddistinto il gruppo sin dagli esordi.
Allinterno del sito del Tam ma soprattutto allinterno del volume antologico uscito per loccasione da Titivillus che raccoglie minuziosamente tutto il percorso degli artisti con molte foto a colori e dvd allegato, è possibile avere una testimonianza di queste pionieristiche prove di videotape darte, unanimemente riconosciute come il debutto dellarte elettronica in Italia (vedi il catalogo di Bruno di Marino, Elettroshock. Trentanni di video arte in Italia e il catalogo Invideo 2003 dedicato a Michele Sambin).
Dal video come partitura alla video performance: con Looking for listening, commissionato dallArchivio della Biennale di Venezia ASAC, il video diventa unestensione delle possibilità creative del corpo. Il tempo consuma, lopera più tautologica e concettuale di Sambin, significativamente apre (e chiude a loop) la mostra: si tratta di unopera cerniera con cui Sambin consegna al Tam il proprio bagaglio sperimentale di arte che tratta il tempo, lo manipola, lo inverte e lo rende infinito: Nella necessità di indagare queste molteplici possibilità di espansione espressivadice Sambin- indago lidea di infinito, cioè un processo generato dal performer che il dispositivo moltiplica senza fine, e così facendo rifletto anche sulla caducità della scrittura elettronica e del supporto che la ospita.
Per restituire al meglio il percorso della memoria di unarte effimera per eccellenza e non riproducibile come il teatro, il Tam ha previsto per alcune serate in occasione della mostra, una sintesi performativa dei lavori con linterpretazione di alcuni giovani collaboratori della compagnia e laccompagnamento live della musica di Sambin al sax o al clarinetto basso. Così la mostra (e la memoria) è realmente teatralizzata. La storia di ieri arriva sino ad oggi senza soluzione di continuità. A loop.
Una delle stanze più affascinanti è senza dubbio Il corpo come strumento dove, a partire da Mauricio Kagel e della sua opera Repertorie, il Tam inizia un lavoro di rifondazione del linguaggio corporeo. In mostra le forme poliedriche aperte in alluminio che ospitavano le performance del Tam intorno a uno strumento a fiato, imitandone la forma e relazionandosi nello spazio. Approdano così a una reinterpretazione originalissima e concettuale delloggetto-strumento, soprattutto il violoncello, in un gioco di similitudini ironico ed erotico insieme che porta a uno sdoppiamento, a una corporeità sonora, a una umanizzazione dello strumento musicale e delle sue forme sinuose che sarebbe piaciuto moltissimo a Nam June Paik, che proprio allumanizzazione dellelettronica aveva dedicato la serie di Tv Bra con Charlotte Moormann al violoncello che indossava piccoli video come reggiseno. Il gioco di rimandi tra corpo e strumento raggiunge il suo apice con Perdutamente ispirato al Violon dIngres di Man Ray e Se San Sebastiano sapesse, spettacolo-manifesto del Tam ispirato alliconografia del martirio di San Sebastiano, dove a essere trafitto, ma dagli archetti, erano il violoncello e il corpo sensuale che lo replica. Blasen è forse lopera simbolo di questo percorso concettuale, in cui unaffascinante Pierangela Allegro suona il trombone muovendo la coulisse e generando la variazione di luce di un faretto collocato allestremità dello strumento: avvicinandosi e allontanandosi dal suo volto, la illumina o la tiene in ombra. Impossibile non ricondurre queste esperienze ai contemporanei lavori di Laurie Andersen, in particolare al famoso Tape-bow violin, con una testina da registratore al posto delle corde e un nastro magnetico inciso sull’archetto.
Il percorso continua nel segno di una drammaturgia sonora in cui lispirazione viene da opere letterarie, cinematografiche e musicali preesistenti. E il caso di Il sogno di Andrej Rublov ispirato al film di Tarkowski e alla sceneggiatura del regista russo: Ci siamo ispirati al tema della contrapposizione tra sacro e profano del film, ricorda Sambin: dipingere per Dio o dipingere per gli uomini? Dopo aver usato supporti tecnologici siamo tornati a una performance con materiali, con la pittura, con pigmenti di colore, con segni tracciati in tempo reale. Successivamente abbiamo realizzato una videoinstallazione, Aperto al sogno, prendendo tutte le tele che erano state realizzate durante la lunga tournée dello spettacolo, mettendole insieme a formare un labirinto da attraversare che finiva a una Sancta Sanctorum dove tre video della dimensione 1:1 proiettavano le immagini dello spettacolo dove quelle tele venivano colorate. Era come vedere il risultato (la tela) e tornare alla sorgente (il momento in cui la tela viene pitturata).
Impossibile ricordare tutte le opere in mostra e le tracce che vengono affidate allo spettatore: un capitolo a sé meriterebbe per esempio, il lavoro video teatrale in carcere con i detenuti del carcere Due Palazzi, un lavoro immenso che porta il teatro nel territorio del sociale, nellambito delle istituzioni totali, un territorio su cui tutti, anche coloro che credono che il carcere non sia un loro problema, dovrebbero riflettere. Se Giacomo Verde firma Tutto quello che rimane dal progetto Meditazioni, toccante videoopera teatrale ispirata agli affreschi della Cappella degli Scrovegni e interpretata dai detenuti, negli anni successivi il Tam realizza laboratori darte teatrale che confluiscono in un piccolo capolavoro video ispirato allOtello di Shakespeare e ai personaggi di Pasolini (Videotello, 2005) realizzato con inquadrature strettissime e primi piani sui detenuti-personaggi che raccontano la storia come fosse una tragedia dei tempi doggi il cui sottotesto sono le storie personali drammatiche ma anche fortemente autoironiche dei detenuti. |
Anna_Maria_Monteverdi
2010-05-18T00:00:00
Tag: Michele Sambin (6), TamTeatromusica (6)
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