Libri & altro: Donne la regia estesa di Edith Craig
Roberta Gandolfi, La prima regista. Edith Craig, fra rivoluzione della scena e cultura delle donne
Edward Gordon Craig è giustamente considerato uno dei creatori del teatro moderno, e dunque la sua biografia e il suo percorso creativo sono ampiamente studiati e analizzati (vedi anche gli saggi dalla mitica amm, La maschera volubile, Corazzano-Pisa, Titivillus, 2000). Mentre il destino di sua sorella Edith figlia come lui di Ellen Terry, la grandissima attrice dellInghilterra vittoriana è rimasto nellombra, malgrado gli stretti vincoli con il fratello e una carriera di sorprendente interesse. A portare in primo piano questa figura di donna e di artista è stata almeno in Italia, ma anche allestero non esistono ricostruzioni di questo respiro Roberta Gandolfi, che le ha dedicato uno studio appassionato, che dopo essere stato la sua tesi di dottorato è divenuto il sesto volume della serie Culture Teatrali, diretta da Marco De Marinis per Bulzoni.
Nei suoi successi e nelle sue ritrosie, in quello che ha fatto e in quello che non ha potuto o voluto fare, Edith Craig (1869-1947) offre loggetto ideale per uno studio «al femminile» di un esemplare percorso umano e artistico. Edith Craig aveva senza dubbio notevoli doti dattrice, regista, scenografa, pittrice, costumista… Aveva gusto e curiosità, tanto che fu la prima a far conoscere in Gran Bretagna autori come Paul Claudel e Nikolaj Evreinov. Se suo fratello è stato tra i primi e più conseguenti teorici della regia, lei è stata la prima regista britannica. Sulla sua sensibilità femminile, basti dire che è stata la prima donna a riportare sulle scene i drammi di Rosvita, la suora-drammaturga del X secolo. Aveva anche notevoli capacità di organizzatrice culturale: ha fondato e diretto una compagnia longeva e importante come i Pioneer Players e formato personalità come Sybil Thorndike e Joan Littlewood. Ha raccolto leredità del teatro suffragista e ha avuto un ruolo di primo piano nella grande stagione dello spettacolo sindacal-politico britannico della prima metà del secolo. Ormai matura, quando animava il Barn Theatre (un «teatro nel fienile» nella campagna inglese) è stata forse lispiratrice di un personaggio dellultimo romanzo incompiuto di Virginia Woolf, Between the Acts…
Insomma, una personalità ricchissima, una grande e generosa pedagoga, che però non ha lasciato un corpus di scritti di riflessione programmatica. Protagonista piuttosto di unattività febbrile, in mille direzioni quasi allopposto delleterno teorizzare del fratello si è mossa praticamente sempre ai margini della scena ufficiale con cui peraltro si incrociava spesso e in molti casi è stata attiva fuori dai teatri: è stata perciò una figura troppo ricca e sfaccettata perché la si potesse schedare e catalogare con facilità.
Un indiscutibile merito della Prima regista consiste proprio nel raccogliere i vari fili di una biografia e di una attività artistiche così complesse. Il secondo merito è il tentativo di dare un fondamento teorico alla diversità e in qualche modo alla marginalità di Edith Craig nella storia del teatro del Novecento: una marginalità determinata anche dalle difficoltà per una donna, in quel momento storico, ad affermarsi come regista teatrale, e poi dalla difficoltà degli storici a cogliere il senso di un percorso eccentrico. Ma in qualche modo questa diversità è stata anche il frutto di una scelta precisa: quella di intervenire, allinterno del teatro del suo tempo, muovendosi tra modernità e tradizione, ma senza mai rompere con questultima, a differenza del fratello; e considerando la regia più come una evoluzione e un arricchimento della direzione di scena, come un alto artigianato in grado di proiettare il teatro nella società per mobilitare energie politiche e attivismo sociale. Insomma, una figura registica molto lontana da quella che si andava delineando allinizio del secolo, il demiurgo in grado di mediare autorevolmente e in definitiva autoritariamente con la sua soggettività forte, tra il drammaturgo, gli attori e il pubblico.
Insomma, cè anche, nelle ambizioni di Roberta Gandolfi, il desiderio di contrapporre una pratica registica assai diversa da quella «autoriale» affermatasi con i Padri Fondatori nel corso del Novecento e dunque un modello considerato da Gandolfi implicitamente «maschile». Questa pratica alternativa è quello che lautrice definisce «regia estesa», una ipotesi da ricostruire, più che rileggendo qualche scritto programmatico, nella pratica scenica. Perché è assai difficile trovare una definizione rigorosa di regia estesa, ma è piuttosto necessario lavorare per negazioni e approssimazioni:
«Edith Craig non concepì mai la regia come gesto definitivo e fondante, come punto di non ritorno della storia teatrale, spartiacque tra un “prima” e un “dopo” irrimediabilmente divisi; non muoveva dallutopia visionaria dei teorici della civiltà teatrale del Novecento, quali furono suo fratello o Adolphe Appia o Antonin Artaud. (…) Per questo è regia estesa, per questo suo stare a cavallo fra Otto e Novecento, fra arte e vita, fra teatri darte e teatri politici. E unaltra strada del Novecento teatrale, che mette laccento, più che sullautonoma potenza creativa del teatro, sul suo valore duso: regia come istanza ideologica che mette in movimento il teatro nella società, nella cultura, dentro alla vita». (p. 195)
In tutto questo sono ovviamente centrali il ruolo e il peso della tradizione teatrale, e il rapporto che possiamo intrattenere con il passato e la sua forza esemplare. E trasmettere una memoria perduta, che possa tornare a essere viva e feconda, è probabilmente il terzo obiettivo di un saggio come questo.
Roberta Gandolfi, La prima regista. Edith Craig, fra rivoluzione della scena e cultura delle donne, Bulzoni, Roma, 2003, 512 pagine, 25,00 euro.
Oliviero_Ponte_di_Pino
2005-01-08T00:00:00
Tag: regia (15)
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