Quali funzioni per l’ETI

Riflessioni sugli interventi di Luciana Libero e Domenico Galdieri

Pubblicato il 26/01/2004 / di / ateatro n. 063

Credo che la lettera di precisazioni di Luciana Libero e l’intervento di Mico Galdieri permettano alcune ulteriori riflessioni rispetto alla situazione dell’ETI e inducano a porre nuove domande.
Tra i due interventi corre una forte corrispondenza che fa emergere il seguente pensiero: noi del CdA e Presidente abbiamo subito le difficili condizioni economiche complessive del teatro e in particolare la «pesante eredità» del passato, abbiamo dovuto operare moralmente sulle orme dello scomparso Presidente Ardenzi, abbiamo forse fatto qualche «sbaglio» (come il regolamento), ma se ci attaccate volete la distruzione dell’ETI, abbiamo in realtà aumentato la disponibilità di fondi per la ricerca e il teatro nel complesso, questo e il dover mantenere i costi di tutti i dipendenti e della gestione dei teatri ci obbliga a non poter disporre di risorse per l’attività altra nel 2004, almeno per ora.
Pur nelle ampie motivazioni che vengono portate, trovo imbarazzanti tutti e due gli interventi e pongo alcune semplici domande, alcune delle quali ho già posto nell’ultimo incontro avuto con il Presidente Galdieri e il Direttore Spocci ai primi di dicembre dello scorso anno:

# la prima richiesta è di pubblicare il bilancio consuntivo degli ultimi due anni in termini leggibili sulle attività e in relazione alle attività svolte; corollario a questa richiesta: se, contrariamente a quanto affermato, l’attuale CdA ha avuto in eredità dal periodo di commissariamento un bilancio in salute sia economica che finanziaria, ha ricevuto un contributo straordinario nel 2002, un ulteriore intervento alla fine del 2003 (per coprire buchi di bilancio?), i fondi per circuiti e ricerca nella parte ordinaria del bilancio sono diminuiti rispetto al preventivo, come sono stati spesi i soldi? E’ possibile fare chiarezza sui contributi straordinari assegnati alle compagnie (indipendentemente dalle questioni del Lotto, di cui si parla nell’articolo dell’«Espresso») contravvenendo alle norme dell’ETI stesso?

# trovo inaccettabile che un ruolo centrale come quello che potrebbe avere l’ETI nel sistema teatrale italiano venga ridotto solamente alla difesa di posti di lavoro. Non voglio con questo sminuire l’importanza di questa difesa, ma proprio procedendo su quella linea si conferma la totale assenza di funzioni dell’Ente, lo si avvicina pericolosamente allo status di ente inutile che sopravvive fino a quando non si trova una qualche sistemazione ai lavoratori impiegati. La realtà è che manca un qualsiasi indirizzo, una qualsiasi politica reale di azione dell’ETI: le direttive del Ministro rimangono parole di carta e non trovano una loro definizione in alcun documento programmatico dell’Ente e quindi tanto meno in progettualità.

# alla richiesta, più volte avanzata, di un confronto sulle linee di indirizzo, avanzando proposte concrete (si vedano in allegato le lettere inviate e gli interventi pubblicati sull’argomento – rispondo così, senza spendere altre righe, all’inconsapevole affermazione di Luciana Libero che la Tedarco non ha mai posto questioni di principio), non abbiamo avuto mai una reale controproposta, una discussione che potesse andare oltre affermazioni generiche e spesso all’apparenza velleitarie.
D’altra parte è lo stesso Presidente Galdieri a denunciare l’inefficacia dell’azione del CdA e della Direzione, nel momento in cui, a un anno e mezzo dall’insediamento, chiarisce che devono ancora essere definite le linee e le strategie di promozione del Teatro e della Danza, per chiarire le quali sono necessari una serie di incontri, tra cui quelli con le categorie (a proposito, cara Luciana, l’incontro ETI-Ministero-AGIS, è stato richiesto dal Vice presidente Gentile, e ci sono volute due lettere per avere una risposta e non è certo stato promosso dal CdA dell’ETI); ma la promozione del teatro e della danza in Italia e all’estero non sono la funzione principale che deve ricoprire l’ETI?

# un’altra riflessione che nasce spontanea riguarda proprio il ruolo e la figura di Consigliere di Amministrazione di una istituzione come l’Ente Teatrale Italiano: l’attuale CdA si ritrova in uno straordinario malinteso tra un istituzionale ruolo di indirizzo da una parte e le specificità professionali che sono state chiamate a formare il CdA dall’altra, che dovrebbero distinguere radicalmente il ruolo di amministratore che lì svolgono rispetto a chi opera sul campo progettuale e operativo come dovrebbe essere la struttura operativa dell’Ente. Come è stato fatto notare dall’interno stesso del CdA, “quando vorremmo svolgere un ruolo intellettuale nel confronto con gli operatori ci si dice che siamo amministratori e non dobbiamo intervenire, quando siamo in CdA siamo intellettuali e ci si dice che non abbiamo gli strumenti per intervenire in temi puramente amministrativi”.
Quindi non mi sorprende che Luciana Libero, consigliere di amministrazione dell’Ente Teatrale Italiano, da una parte si tiri fuori del tutto dalle decisioni prese dal CdA di cui fa parte, dall’altra citi dati economici e strutturali di investimento errati a tal punto da far cambiare la sostanza del ruolo ETI, mentre invece mi sorprende e mi spiace che proponga dei fatti sotto un aspetto diciamo molto personale.

Ma andiamo per ordine.
Rispetto ai dati economici: gli interventi dell’ETI si suddividono in una parte inserita nel bilancio ordinario e una parte, i cosiddetti progetti speciali, che provengono dal Ministero su specifica richiesta dell’ETI e quindi possono variare di anno in anno in funzioni delle decisioni del Ministero; ebbene, la crescita dei fondi sul bilancio ordinario per la ricerca (+10% solo sulla voce relativa alle convenzioni con la stabilità) del 2003 era un dato approvato in fase preventiva ed è stato il risultato di un’azione concertata nella quale ruolo centrale lo hanno avuto gli allora dirigenti dell’ETI, con il parere positivo del Presidente e quindi approvato dal CdA.
Però non si può giocare con i numeri: rispetto alle risorse cosiddette ordinarie c’è stato, nel contesto dell’applicazione del regolamento ETI, prima un taglio delle risorse sul residuo 2003, quindi una consistente non assegnazione delle risorse rimaste a consuntivo, azioni che hanno riassorbito il 70% dell’aumento preventivato; nel frattempo sono venute meno la quasi totalità delle risorse provenienti dal progetto speciale sulle aree disagiate (119.000 euro circa, di cui un terzo circa non assegnato, contro i 775.000 euro precedenti), i progetti relativi al teatro ragazzi hanno «saltato» un anno e sugli altri progetti speciali sono stati effettuati tagli percentualmente consistenti per ridurre gli effetti di spese ai più non conosciute. Si può dire a consuntivo che il settore ha avuto complessivamente tagli o mancati interventi sull’ordine dei 700.000 euro, e si tratta probabilmente di una valutazione in difetto. Sarebbe interessante che si comprendesse che la mancata effettuazione del progetto sulle aree disagiate, o sud, come viene chiamato adesso, ha inoltre ridotto l’intervento a favore del teatro a sud da parte delle amministrazioni pubbliche locali, che partecipavano ai progetti per un importo complessivo annuo pari all’intervento dell’ETI, quindi di altri 775.000 euro.
Non faccio la somma finale, perché mi addolora, e perché vorrei che il CdA la facesse questa somma, insieme ad alcune riflessioni serie sull’argomento.
Come fa un consigliere di amministrazione a scrivere che il bilancio 2004 rispetta la situazione degli anni precedenti, dicendo nello stesso tempo che non ci sono risorse per le attività teatrali sul bilancio ordinario, come è sempre stato?
Sulle azioni svolte dalla Tedarco posso assicurare che non c’era e non c’è stato nessun accordo a monte e che le posizioni assunte, critiche e propositive, sono riassunte nei documenti che allego, inviati a Presidenza e CdA dell’ETI. Se il riferimento della Libero vuole subdolamente andare allo svolgimento dell’Ecole des Maitres, iniziativa realizzata dal Css in collaborazione con teatri e istituzioni di altri quattro paesi europei, la posso rassicurare che l’edizione del 2003 è stata realizzata dal Css e dai partner senza conoscere se il CdA ETI avrebbe o meno alla fine sostenuto l’iniziativa secondo gli accordi. Solo l’ultimo giorno dell’iniziativa abbiamo saputo che il contributo ci sarebbe stato, anche se con una consistente riduzione rispetto a quanto stanziato del Ministero (buchi da coprire?).
Evitiamo, per cortesia, di assumersi meriti che in questa vicenda non ci sono per nessuno: ho incontrato la Libero due volte, su mia richiesta, per discutere di regolamento (ad approvazione già avvenuta), da lei fortemente sostenuto come opportuno e giusto; si è discusso anche di aree disagiate e abbiamo concordato solo sulla necessità di cercare di mantenere il progetto; ma c’è un piccolo particolare: il Ministero, così come in parte anche l’ETI, in linea con molte azioni svolte dal governo, è partito con il principio che tutto il preesistente «marcato» centro-sinistra andava cancellato o modificato, indifferentemente che si trattasse di azioni o norme valide o sbagliate; il Ministero ha valutato che non ci fossero i termini o i soldi per questa iniziativa, fondamentalmente ha tolto un valore di priorità al progetto, preferendo iniziative come «Les Italiens» o il progetto di Irene Papas. Scelte che personalmente non condivido, ma che sono legittime: ma allora che paura c’è ad affermare delle scelte, da parte del Ministero o dell’Ente? Forse perché non sono inserite in un progetto organico e portano risorse importanti senza un’adeguata valutazione del progetto stesso? Si aspettavano uno straordinario ritorno di immagine? Tutto ciò non è avvenuto. Ma allora basta un mea culpa, attendere l’assoluzione, recitare un Padre Nostro per poi poter continuare come sempre?

Io credo che ci siano delle funzioni fondamentali nel sistema teatrale italiano che devono essere finalmente e chiaramente assegnate a una istituzione: una vera promozione del teatro italiano, in Italia e all’estero, un monitoraggio costante del sistema in relazione con le Regioni, il sostegno alla nuova creatività teatrale e lo sviluppo delle attività teatrali nelle aree con minore offerta.
Si può anche richiedere la chiusura dell’Ente Teatrale Italiano in quanto «ente inutile», ma ciò non toglie che quelle funzioni da qualcuno dovranno essere assolte. Non mi interessa che si chiami ETI, oppure in qualsiasi altro modo, certo è che una istituzione, che difficilmente può essere il Ministero, se ne deve occupare. L’ETI può, forse deve, riformarsi e darsi un indirizzo chiaro e progettualità conseguenti, supportate da investimenti adeguati, facendo chiarezza nei ruoli tra amministratori e uffici, riprendendo in sostanza un dialogo con tutto il teatro che non è fatto di due riunioni, ma di conoscenza e condivisione.

Paolo Aniello
Presidente Tedarco

Paolo_Aniello
Presidente_Tedarco

2004-01-26T00:00:00




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