Perché Dell’Utri ha querelato Dario Fo: l’articolo di Marco Travaglio sull'”Unità”
Le battute dell'Anomalo bicefalo che l'Anomalo Bibliofilo vorrebbe far tagliare al Premio Nobel
Venerdì sera, dopo la querela con sostanziosa richiesta di danni (da far salire ulteriormente nel caso di trasmissione televisiva) presentata dal Senatore Marcello Dell’Utri, Planet tv ha mandato in onda L’anomalo bicefalo senza audio: una soluzione inedita, evidentemente Fo non ha ancora avuto tempo di tradurre il suo testo in grammelot…
Lo spettacolo prosegue la sua fortunata tournée nei teatri italiani. Su ateatro sono disponibili, oltre alla recensione dello spettacolo, molti altri materiali, sia nella webzine sia nei forum.
Ma che cosa contesta il Senatore (e pluripregiudicato) Marcello Dell’Utri a Dario Fo? Marco Travaglio ha esaminato la querela presentata contro l’autore e ha discusso i punti controversi in un lungo articolo pubblicato lo scorso 16 gennaio sull'”Unità”. Lo ripubblichiamo per gentile concessione dell’autore e del quotidiano.
LANOMALO BIBLIOFILO
di Marco Travaglio
Marcello DellUtri, noto pregiudicato nonché senatore della Repubblica Italiana, parlamentare europeo e soprattutto bibliofilo, non ha gradito Lanomalo bicefalo di Dario Fo e Franca Rame. E ha chiesto loro 1 milione di euro, 2 miliardi di lire. La sua ritrovata fiducia nei giudici (purché non processino lui) è una notizia incoraggiante. In questo caso, però, “si vede costretto a ricorrere” al Tribunale di Milano: lo stesso che lo processa da anni per vari reati. A quel tribunale chiede non solo di sanzionare la “condotta illecita” dei denunciati. Non solo di alleggerirli di quel bel gruzzolo di euro per risarcirlo degli irreparabili “danni morali al proprio onore, alla propria dignità personale e alla propria immagine pubblica”. Ma anche di imporre a un Premio Nobel e a una grande attrice di tagliare la commedia là dove non piace a lui. Là dove i due manigoldi hanno osato addirittura accostarlo in vari teatri e financo su un canale satellitare ad ambienti mafiosi. E, già che cerano, hanno avuto pure lardire di “attaccare politicamente il Presidente del Consiglio dei Ministri On.le Berlusconi tramite una gratuita denigrazione della sua persona, delle sue vicende familiari, del suo Partito e degli esponenti di questultimo che siedono in Parlamento”. Per la gioia dei giudici, che magari non avevano visto lo spettacolo, i legali di Dell’Utri riportano ampi stralci del copione. Quelli, a loro avviso, “diffamatori”.
Dario Fo nell’Anomalo bicefalo(foto di Paolo Ruffini).
I RAPPORTI CON LA MAFIA Franca Rame, nei panni di Veronica Lario, domanda al marito bicefalo e smemorato: “Davvero non hai mai avuto rapporti con la mafia, nemmeno attraverso DellUtri, inquisito tuttora per mafia?”. Queste cose argomenta DellUtri non si possono dire, perché cè un processo in corso e chi ne parla entra “in patente contraddizione con la presunzione dinnocenza sancita a livello costituzionale”. Sarebbe come dire che, visto che Tanzi non è stato ancora condannato (e nemmeno rinviato a giudizio, se è per questo, a differenza di DellUtri) e cè la presunzione dinnocenza, non si può dire che Tanzi è inquisito. I giornali dovrebbero dunque tacere sullinchiesta Parmalat per qualche lustro, fino a sentenza definitiva.
I CAVALLI NELLHOTEL
Poi ci sono le telefonate di Mangano che deve consegnare a un mafioso dei cavalli in un albergo di Milano. Già Paolo Borsellino si era molto divertito, nella sua ultima intervista a due giornalisti francesi. Disse di non aver mai visto consegnare cavalli in albergo (“semmai, al galoppatoio…”). E ricordò che, quando parlava di “cavalli”, Mangano alludeva a partite di droga. Purtroppo Mangano parlava di cavalli anche con DellUtri, in una celebre telefonata intercettata nel 1980. DellUtri giura che, proprio quella volta, i cavalli erano proprio quadrupedi di razza equina. I pm di Palermo sono di tuttaltro avviso. Ma in ogni caso, a quella telefonata con DellUtri, Dario e Franca non fanno alcun accenno: parlano di una conversazione immaginaria fra Mangano e un certo “don Vincenzo” per la consegna di “mezzo cavallo”, visto che un cavallo intero nellascensore dellalbergo non ci entra. Ma DellUtri si autoidentifica ugualmente in don Vincenzo e afferma che, siccome la sua telefonata con Mangano ha avuto grande notorietà, è come se i due attori parlassero di quella.
LO STALLIERE MANGANO
Poi cè la questione se nel 1973 DellUtri, quando lo ingaggiò come stalliere-fattore nella villa di Arcore, sapesse che Mangano era già allora un fior di delinquente con qualche arresto sul groppone e vari precedenti per truffa, assegni a vuoto, estorsione e così via. LAnomalo Bibliofilo giura di no. I magistrati di Palermo giurano di sì, come peraltro i carabinieri di Arcore dellepoca. I quali, il 30 dicembre 1974, scrivevano in un rapporto investigativo: “DellUtri, anchesso originario di Palermo, ha lasciato limpiego di banca per seguire Berlusconi. E, una volta qui (ad Arcore, ndr), ha chiamato il Mangano, pur essendo perfettamente a conoscenza è risultato dalle informazioni giunte dal nucleo di Palermo del suo poco corretto passato”.
IL RICICLAGGIO
Altra frase incriminata della commedia, la più incriminata di tutte: “DellUtri dice Dario-Silvio non mi piace… fa collezione di libri antichi e quando sono sporchi li ricicla”. Franca-Veronica lo zittisce: “Non far confusione… a parte che per il riciclaggio è stato assolto… Stai attento Dario, che ti becchi una querela”. Causa civile per danni, per la precisione. Accostare DellUtri alla parola “riciclaggio” costituisce secondo lAnomalo Bibliofilo un colpo mortale “alla fama di collezionista e alla reputazione del cittadino e del politico”. Che sarebbe sempre lui (e il collezionista viene prima del cittadino e del politico). Ora, a parte il fatto che si tratta di una battuta satirica, e che subito dopo la Rame precisa che “per il riciclaggio DellUtri è stato assolto”, il senatore dimentica (o finge di dimenticare) di essere ancora imputato a Palermo per varie ipotesi di riciclaggio, nel processo per concorso esterno in associazione mafiosa. Nel lungo capo dimputazione per cui il Gip lha rinviato a giudizio e i giudici del Tribunale lo stanno processando da sei anni, almeno tre punti (su 56 accuse contestate) riguardano proprio quella presunta attività. Punto 9: “Nello stesso periodo (1973-1974, quando Mangano è ospite di casa Berlusconi, ndr) DellUtri si occupa del riciclaggio a Milano di capitali provenienti da Giuseppe Calò (il famigerato boss “Pippo” Calò, ndr), Salvatore Riina, Ugo Martello e Pippo Bono”.
Punto 22: “Ancora in questo periodo (il 1980, lanno della telefonata con Mangano, ndr), il DellUtri e il Mangano si occupano insieme del reinvestimento di denaro sporco, nellinteresse della mafia siciliana, anche allestero. E sempre in quegli anni il DellUtri viene interessato dal massone Giacomo Vitale, cognato di Stefano Bontate, per intervenire sul finanziere Enrico Cuccia in favore del banchiere massone e riciclatore di soldi della mafia Michele Sindona”.
Punto 27: “… Proprio a metà degli anni 80 nasce il rapporto tra il Riina e il DellUtri… Il Riina è interessato al DellUtri per… la vicinanza di Berlusconi a Craxi… [e perché] spera che il dirigente dazienda (Publitalia-Fininvest, ndr) DellUtri possa aiutarlo a reinvestire il denaro”.
Per queste accuse, DellUtri non è stato ancora giudicato. Ma ciò non vuol dire che non esistano, o siano cadute: il processo è in corso, anche su quelle basi.
I RAPPORTI CON SALVATORE RIINA
Infine lAnomalo Bibliofilo lamenta la “grave e gratuita insinuazione e allusione a presunti rapporti dellOn.le Berlusconi con la mafia tramite il DellUtri”. Grave sicuramente. Gratuita un po meno, visto quello che scrive non un pentito, non una toga rossa, ma la Corte di Assise di Appello di Caltanissetta, nella sentenza che il 23 giugno 2001 ha condannato 37 boss mafiosi per la strage di Capaci. In quella sentenza cè un capitolo intitolato esplicitamente “I contatti tra Salvatre Riina e gli on. DellUtri e Berlusconi”. Vi si legge che è provato che la mafia intrecciò con i due “un rapporto fruttuoso quantomeno sotto il profilo economico”: talmente fruttuoso che nel 1992 “il progetto politico di Cosa Nostra sul versante istituzionale mirava a realizzare nuovi equilibri e nuove alleanze con nuovi referenti della politica e delleconomia”. Cioè a “indurre nella trattativa lo Stato ovvero a consentire un ricambio politico che, attraverso nuovi rapporti, assicurasse come nel passato le complicità di cui Cosa Nostra aveva beneficiato”. Perché DellUtri non chiede i danni alla Corte dAssise dAppello di Caltanissetta, che ha così gravemente denigrato la sua fama di cittadino, di politico e soprattutto di bibliofilo?
I DANNI MORALI
Deciderà il Tribunale di Milano se i “danni morali” lamentati da DellUtri siano reali o immaginari. Ma prima dovrà stabilire a che punto siano attualmente il suo “onore, dignità personale e immagine pubblica”. A occhio e croce, si direbbe che siano piuttosto bassini. Non tanto per Lanomalo bicefalo. Quanto piuttosto per un arresto e una condanna definitiva rimediati a Torino per false fatture e frode fiscale; tre processi a Milano per falso in bilancio, bancarotta fraudolenta ed estorsione aggravata; due processi a Palermo, per concorso esterno in associazione mafiosa e calunnia aggravata ai danni di alcuni pentiti; e un processo in Spagna, per i presunti falsi in bilancio di Telecinco. Un pedigree giudiziario che mette a dura prova la reputazione del cittadino e del politico. Ma soprattutto la fama del bibliofilo.
Marco_Travaglio
2004-01-25T00:00:00
Tag: censura (33), DellUtriMarcello (2), FoDario (19)
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