Un angelo azzurro con le ali tagliate
Alcuni recenti contributi di Giorgio Albertazzi alla cultura teatrale italiana
Nella sua rubrica quotidiana, rispondendo alla lettera di un lettore del “Corriere” sulla polemica Albertazzi-Teatro di Roma, Paolo Mieli (ex-direttore del giornale e ora autorevole editorialista) premette di non essere un esperto di teatro, e dunque evita di affrontare questo argomento. In questo modo, riduce la questione a bega politica, attaccando i giornali e giornalisti di sinistra che disprezzerebbero Albertazzi per motivi ideologici. Potrà anche essere, ma proprio per questo motivo la questione andrebbe affrontata nel merito: Giorgio Albertazzi è una persona adatta per dirigere il Teatro di Roma?
Il “Corriere della Sera” ha sempre seguito con attenzione la carriera del grande attore toscano. Federica Fracassi ha raccolto con pazienza dal sito internet del giornale qualche traccia del suo contributo alla cultura teatrale italiana.
Insomma, per farsi un’idea più precisa delle qualità del candidato Albertazzi, a Mieli sarebbe stato sufficiente documentarsi leggendo il giornale su cui scrive quotidianamente. E forse avrebbe capito meglio le ragioni dell’opposizione alla sua resistibile ascesa. (olivieropdp)
La classe di Albertazzi e Proclemer sprecata in un debole testo di Ludwig
Mamma, il regista ha perso l’aereo
di Giovanni Raboni
“Ogni tanto (non spesso) si riesce persino a ridere; è tuttavia impossibile non chiedersi con stupore per quale ragione due attori che si sono presi e ci hanno dato tante soddisfazioni di tutt’altro genere, abbiano deciso di mettere il proprio talento al servizio di un testo così palesemente e irrimediabilmente di terz’ordine, uniformandosi per di più ai toni e ai ritmi di una regia da situation comedy televisiva. Si esce dallo spettacolo – parlo per me, sia ben chiaro – con il senso di una sconfitta gratuita, di una resa umiliante che non sarebbe stato difficile evitare.”
(Giovanni Raboni, “Corriere della Sera”, 27 gennaio 1997, a proposito di La luna degli artisti di Ken Ludwig regia di Tonino Pulci)
L’attore 71enne ritrova un personaggio caro a Mastroianni. E per il festival di Taormina chiama Harold Pinter e fa debuttare Francesca Neri
Albertazzi in scena sarà il libertino vecchio e stanco
di Emilia Costantini
“Dice l’attore: “Sì, ma io non mi identifico con questo personaggio. Io sono un ragazzo, sono troppo vitale e ottimista e soprattutto, anche volendo, non riesco ad invecchiare. Sembrerà strano, ma piaccio ancora molto alle donne. Ho sempre avuto e continuo ad avere tutte le caratteristiche tipiche del libertino – prosegue Albertazzi - La mia partner dev’essere bugiarda, deve tradirmi, deve saper simulare situazioni, lavorare di fantasia e inventare. Questo è il rapporto erotico, è teatro”.
Ma spesso le donne lo deludono: “All’inizio mi soddisfano, ma poi cominciano ad essere possessive, a volersi accasare. Ancora oggi, cominciano a chiedermi: “Perché non facciamo un figlio? Perché non dormiamo insieme?”. Ma io non voglio figli e soprattutto voglio dormire da solo, perché solo così mi rilasso. L’eros è fatto per gli amanti, non per marito e moglie”.
(…)
Harold Pinter sarà ospite della prossima edizione (del Festival di Taormina), che si svolgerà tra luglio e agosto. Il grande drammaturgo inglese curerà personalmente la regia di un suo testo, Ceneri su ceneri, interpretato da Lindsay Duncan e Stephen Rea (l’attore che nel film La moglie del soldato era nel ruolo del terrorista). Dice Albertazzi: “Non è stato facile, ma sono riuscito a convincerlo. Il lavoro sarà rappresentato nel piccolo teatro del Palazzo dei Congressi: era necessario uno spazio raccolto”.”
(“Corriere della Sera”, 29 marzo 1997)
Ma la Tangentopoli di Fo non è un mistero buffo
di Giovanni Raboni
“A non essere rispettate sono invece, almeno a questo punto del famoso rodaggio, le aspettative di uno spettacolo incisivo o almeno divertente, di un racconto che decolli al di là e al di sopra delle proprie scontate e conclamate intenzioni, di un linguaggio che non si limiti a riproporre meccanicamente, faticosamente, stancamente, a distanza di trent’anni, le folgoranti invenzioni pluridialettali e arcaicizzanti di Mistero buffo. Riconosciuta a Franca Rame la consueta, imperterrita energia (compresa, nella fattispecie, quella di far fronte alla divaricazione espressiva richiesta dal fatto che il suo personaggio, a un certo punto, si trasforma radicalmente per intrusione diabolica), resta da dire qualcosa del suo inopinato partner. Già; ma che cosa? Albertazzi è comunque e sempre Albertazzi, si capisce; ma qui è anche e soprattutto, temo, un pesce fuor d’acqua: un po’, per dare l’idea, come un campione di fioretto catapultato nel bel mezzo di una rissa a colpi di clava. C’è qualcosa di eroico nella nonchalance con la quale tenta di nascondere o minimizzare la propria assoluta estraneità estetica; ed è l’unica cosa che, se fossi uno spettatore con licenza di applauso, avrei avuto voglia di applaudire.”
(“Corriere della Sera”, 4 ottobre 1997, a proposito di Il diavolo con le zinne, testo, scene e regia di Dario Fo)
Le parole di Albertazzi
“Giorgio Albertazzi asserisce (“Corriere della Sera” del 16 ottobre) che ho accettato di portare la produzione inglese della mia pièce Ashes to Ashes al Festival di Taormina la scorsa estate. Questo non è vero. Non essendo possibile dal punto di vista pratico accettare il suo invito, il Royal Court Theatre e io lo declinammo immediatamente e inequivocabilmente. Non ho mai accennato al fatto – e men che meno promesso – che avrei portato Ashes to Ashes a Taormina. Il signor Albertazzi e io non ci siamo mai parlati né incontrati.”
Harold Pinter (“Corriere della Sera”, 5 novembre 1997)
Adesso Albertazzi si ribella al no di Raidue
“Dopo aver perso Gassman e la Marini, Raidue perde anche Giorgio Albertazzi. L’attore avrebbe dovuto condurre dal 26 novembre il programma Crociera di Gianni Boncompagni, ma la trasmissione è stata cancellata. “È da vent’anni che voglio fare un programma con Albertazzi – ha detto Boncompagni -. Ma le cose, in tv, cambiano”. No comment da un furioso Albertazzi: “C’è di mezzo una causa”. “Ho diritto di decidere io – ha commentato Freccero – chi conduce un programma e chi no”. La Rai ha smentito che la decisione sia legata a un deficit della rete.”
(“Corriere della Sera”, 17 ottobre 1998)
L’attore che avrebbe dovuto guidare lo show di Boncompagni: schiavi della mediocrità
Albertazzi: la tele-spazzatura colpa della democrazia
“1999, fuga dalla tv. Lo vede e lo prevede Giorgio Albertazzi. “La tv ormai è sempre più brutta, sempre più spazzatura. La gente lo sa e non la guarda più. E’ in atto una vera fuga dal video. Chi ci guadagnerà saranno teatro e cinema. Malgrado i problemi che li affliggono (il teatro non è ancora riuscito a darsi una legge), si avrà un forte sviluppo di queste due forme di spettacolo, già in crescita da un paio di stagioni”. Scampato al naufragio di Crociera: “Su quella “nave” dovevo esserci anch’io, ma ho fiutato l’aria, ho fatto in tempo a tirarmi indietro”, filosofeggia sull’ormai dominante trash televisivo. “Ormai sono troppi i “flop”, la gente ha perso fiducia nel piccolo schermo. Complice la stampa quotidiana che spesso trascura i programmi più interessanti”. Molti i responsabili di tale degrado, uno più di tutti: “Maurizio Costanzo. Nel suo “salotto” ha laureato una schiera di personaggi di infimo grado, poi assurti a divi di tremende trasmissioni”. Il marcio non è quindi nel mezzo in sé ma in chi lo fa. “Ogni Paese ha la tv che si merita. In Italia, dove democrazia vuol dire mediocrità, chi è ai vertici del video immagina di avere a che fare con un pubblico ancora più medio-basso di lui. Così nascono le squallide trasmissioni finto popolari che tutti conosciamo”.
(“Corriere della Sera”, 3 gennaio 1999)
Un popolare attore apre dopodomani il Festival di Taormina con la tragedia di Sofocle
Albertazzi: Edipo resta un’ossessione di Emilia Costantini
“Sono passati trent’anni dalla prima volta in cui Giorgio Albertazzi interpretò l’Edipo re di Sofocle, al Teatro alla Scala di Milano. Ora l’attore, settantatreenne, riveste gli stessi panni al Festival di Taormina (di cui è direttore del settore prosa), giovedì sul palcoscenico del Teatro Antico. Avverte Albertazzi: “Non ho più l’età per Edipo, ma lo rifaccio perché i “conti” con lui non sono chiusi. Trent’anni fa mi sembrò un’avventura come altre. Oggi vorrei andare in cerca di Edipo, nei veri panni di un Albertazzi ultrasettantenne, per vedere se ripetendo la sua storia riesco a guarire dalla malattia di Edipo”
I “conti” non sono chiusi dall’Albertazzi attore o uomo?
“Anch’io sono stato innamorato di mia madre: quando mio padre era via, la notte mi infilavo sempre nel letto matrimoniale per dormire con lei. Certamente, come tutti gli uomini, non ho mai risolto coscientemente questo nodo.”
Albertazzi era impegnato anche in Pilato sempre, il 7 agosto a Caltavuturo (Palermo), ma lo spettacolo è saltato.”
(“Corriere della Sera”, 6 luglio 1999)
Albertazzi alla Marini: basta ritardi a teatro, lo spettacolo non può saltare per i tuoi capricci da diva
di Valerio Cappelli
“Perché, Albertazzi? “Valeria ha troppi impegni, vive tra automobili e aerei privati. Un giorno recita, il giorno dopo va a Madrid per il film di Saura. Quello che è successo dipende dai sui troppi impegni. Ma chi glielo ha fatto fare, il teatro? Ci sono stati altri momenti difficili, ci hanno abbandonato sia il regista Florestano Vancini (e sono subentrato io), sia Antonia Brancati con la sua riscrittura del romanzo di Heinrich Mann. Valeria l’ho sempre difesa. Ho rifiutato tante proposte proprio perché la Marini è la persona giusta per il suo ruolo. Non dev’essere né una cantante né una ballerina ma un grande corpo, “un pezzo di carne bianca” che non c’entra nulla col film con Marlene Dietrich. Quando si presenta sull’altalena, quasi nuda, è una presenza forte. L’avevo già notata a teatro in Nata ieri, spettacolo mancato e sbagliato”. Anche Marilyn Monroe era una ritardataria cronica.”
(“Corriere della Sera”, 3 gennaio 2001)
Dimentica la parte e piange Valeria Marini lascia la scena
“L’ angelo azzurro si è messo a piangere in scena. Ed erano lacrime vere, quelle versate da Valeria Marini sul palco del teatro Augusteo, dove l’ attrice interpreta Rosa Frohlich diretta da Giorgio Albertazzi. Durante la replica di mercoledì, una crisi di pianto ha bloccato l’ attrice durante il primo atto, dopo diverse interruzioni dovute al cattivo funzionamento dell’ impianto audio. La voce era un po’ rauca dall’ inizio, poi i microfoni hanno cominciato a fare cilecca e il pubblico si è messo a rumoreggiare. L’ equilibrio si è rotto e sono stati evidenti i gesti e parole di disappunto dell’ attrice che aveva dimenticato anche la parte e si è messa a piangere.
Prima del secondo atto Albertazzi e Marini sono tornati sul palco per chiedere scusa e sono stati applauditi. Poi, la Marini è stata lasciata sola a giustificarsi alla mercé di un pubblico vivace. La recita è ripresa in ritardo ma la platea si è intenerita ed ha sottolineato ogni uscita di Valeria Marini con applausi. Non si sa quanto convinti.”
(“Corriere della Sera”, 9 febbraio 2001)
“Dopo la Marini, ecco Rembrandt”
di Emilia Costantini
“Giuseppe Manfridi: 45 anni, romano, autore italiano. Praticamente un fenomeno. E’ il drammaturgo contemporaneo piu’ rappresentato. Solo in questa stagione, almeno cinque sue opere sono c ontemporaneamente in scena, tra cui L’angelo azzurro con Giorgio Albertazzi e Valeria Marini. E la sesta debutta lunedi’ prossimo al Teatro Due: La famiglia Rembrandt sconfitta dai tulipani. (…) Dice Manfridi: “Comincio da una nota dolente: proprio dall’Angelo azzurro, un testo da me amatissimo, ma dalla rappresentazione del quale prendo ora le distanze. Lo spettacolo non l’ ho visto e non voglio vederlo, non ho assistito neanche alle prove”.
Perche’ ha accettato di scriverlo, se sapeva che sarebbe stato recitato da una soubrette televisiva? Si è piegato anche lei alle leggi del mercato?
“Mi fu proposto questo progetto, ispirato al romanzo di Thomas Mann, che mi intrigava molto: c’ era di mezzo un archetipo femminile e un attore come Albertazzi. Il fatto, poi, che a interpretarlo fosse la Marini, era una sfida in piu’ . Purtroppo la messinscena e’ diventata altra cosa da cio’ che avevo scritto. Quanto al piegarsi alle leggi del mercato… scrivo per vivere”.
(“Corriere della Sera”, 3 marzo 2001)
Un angelo azzurro con le ali tagliate
Il professore innamorato diventa un tiranno che va alla ricerca di una sua vendetta personale
di Magda Poli
“Albertazzi sceglie la strada dell’ ovvietà e Valeria Marini è mandata allo sbaraglio. Un angelo azzurro con le ali tagliate. Scriveva George Bernard Shaw che un brutto spettacolo teatrale lascia nello spettatore un senso di vuoto e di spossatezza pari a quello di una risata meccanica suscitata da un insistito, estenuante solletico. E uscendo dall’Angelo Azzurro di Giuseppe Manfridi liberamente tratto dal romanzo di Heinrich Mann Il professor Unrat, o la fine di un tiranno, portato in scena da Giorgio Albertazzi, non si può che constatare la veridicità dell’affermazione del caustico irlandese. Il testo di Manfridi, fragile e farraginoso, si confonde anche per la regia più che modesta di Albertazzi che non cerca una possibile lettura critica del testo e guida gli attori sulla strada dell’ovvietà, riservando a se stesso la parte di un Raat straniato che fa scorrere tra noia e scontento le sue battute. Valeria Marini, Rose, è lasciata a se stessa, non balla, non canta, non recita e si muove sul palcoscenico senza grazia. È un’interprete senza rete, allo sbaraglio e con pochi mezzi a esclusione di un corpo generoso e bello da esibire che però non basta per fare di Rose un personaggio affascinante e magnetico. Giuditta Saltarini, Stefano Gragnani, Renato Cortesi, fanno il loro mestiere con onestà in uno spettacolo triste per quanto vuoto.”
(“Corriere della Sera”, 14 marzo 2001)
Tajani: se vinco l’Ara Pacis torna come prima
“I nostri avversari hanno ormai perso il contatto con il cittadino. Gli ulivi appassiscono e spunta il cactus”
di Claudio Lazzaro
“Presentazione ufficiale dei candidati di centrodestra, ma Albertazzi (annunciato) non s’è visto. (…) Dopo lo sfottò archeologico, Tajani si è spostato al cinema Adriano, per la presentazione ufficiale dei candidati del centrodestra. Giorgio Albertazzi, il grande istrione, annunciato sui manifesti, all’ Adriano non si è fatto vedere. Tajani ha fatto del suo meglio perché non si sentisse la mancanza.”
(“Corriere della Sera”, 22 aprile 2001)
Passeggiate esoteriche
Per strade e piazze, inseguendo un antico filone filosofico. Dalla porta magica di piazza Vittorio fin dentro la Roma Umbertina
di Silvia Testa
“So leggere la psiche guardando la schiena” Era solo un ragazzo, quando si è accorto di avere il dono della chiaroveggenza. Così Giorgio Albertazzi ha iniziato a studiare quella parte del cervello normalmente inattiva che consente solo a pochi, percezioni extrasensoriali. Ricerche estoriche, ma non spiritismo: “Sono un nemico acerrimo di chi sostiene di comunicare con i morti – spiega – Se pure dovesse esistere un aldilà, è per noi inintelligibile. Non c’è ragione per cui un cavallo morto divenuto una stella, possa comunicare con altri cavalli”. Quali capacità si è reso conto di avere? “Se posavo la mano su una foto, senza guardarla, potevo vedere cosa stesse facendo la persona ritratta”. E poi? “Un uomo in Messico mi ha insegnato a leggere il destino psichico delle persone guardandogli la schiena, senza che gli occhi interferiscano con la percezione”. Avrà conosciuto altri sensitivi.. “Sì, abbiamo costituito un gruppo di studiosi provenienti da vari paesi del mondo. Poi qualcosa si e’ rotto, pr oprio alla vigilia di un viaggio esoterico. Purtroppo”.
(“Corriere della Sera”, 12 giugno 2001)
Consegnati i riconoscimenti della Fondazione Almirante
“Assegnato ieri ad Alberto Bassetti, al Teatro Valle, il premio “Drammaturgia nazionale contemporanea” della Fondazione Giorgio Almirante: 100 milioni per la messa in scena di un testo, scelto da una giuria presieduta da Giorgio Albertazzi. La figura di Almirante è stata ricordata dal vicepresidente del Consiglio Gianfranco Fini, presente la vedova, Donna Assunta Almirante. Madrina della manifestazione Claudia Cardinale. In sala Pasquale Squitieri, Ignazio La Russa, Gabriella Carlucci, Pierfrancesco Pingitore, Carmelo Rocca per il ministero dei Beni culturali. Riconoscimento “per la cultura italiana nel mondo”, consegnato a Maurizio Scaparro, al Théatre des italiens di Parigi.
(“Corriere della Sera”, 28 giugno 2001)
E’ Albertazzi il grande favorito per la direzione del Teatro Stabile. Ma sorgono contrasti per l’India
Gli esponenti della destra: “E’ esclusa la possibilità di sdoppiare la direzione”
di Emilia Costantini
“All’indomani della prima tormentata fumata bianca sulle sorti del Teatro di Roma, con la nomina del presidente e dei membri del Consiglio di Amministrazione, l’attenzione ora si sposta su chi ne assumerà la direzione. La Regione e la Provincia, guidate dalla destra, che sono soci dello Stabile insieme al Comune, puntano decisamente sul nome, la fama, la statura artistica di Giorgio Albertazzi. Il protagonista di Memorie di Adriano si trincera, saggiamente, dietro un diplomatico “no comment”, anche se in passato non ha mai nascosto una sua disponibilità all’incarico. L’attore fiorentino aveva infatti ammesso, in sue recenti affermazioni: “Mi sono state piu’ volte offerte delle cariche pubbliche, allo Stabile di Catania, a quello di Palermo e perfino a Trieste, ma non ho mai accettato. Roma, però, è sempre Roma” Pare improbabile, però, che Albertazzi, se mai si concretizzasse il suo arrivo allo Stabile, possa accettare una direzione in tandem con chicchessia. ”
(“Corriere della Sera”, 2 novembre 2001)
Federica_Fracassi_e_di_Oliviero_Ponte_di_Pino_(dalle_pagine_del_”Corriere_della_Sera”)
2004-01-04T00:00:00
Tag: AlbertazziGiorgio (5), TeatrodiRoma (3)
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