Guarda che luna!

Note di un profano (assai stonato) sul comico in musica

Pubblicato il 22/09/2002 / di / ateatro n. 042

Sono da sempre un fan di Fred Buscaglione & Leo Chiosso, i Rossini della canzone d’’autore italiana. Qualunque iniziativa dedicata alle loro canzoni, che graffiano con l’’assurdo e trascinano con lo swing, mi entusiasma a priori. Quando poi l’omaggio nasce dalla collaborazione (coordinata dalle regia di Giorgio Gallione) di un gruppo di all stars come Gian Maria Testa, Enrico Rava & Stefano Bollani, più la Banda Osiris.
Guarda che luna! lavora in tre direzioni sul patrimonio musicale di Buscaglione & Chiosso. A Testa tocca restituire – passando per la nostalgia – le atmosfere della Torino anni Cinquanta-Sessanta cantata dal grande Fred. Alle improvvisazioni jazz di Rava e Bollani tocca invece quello di innalzare quelle melodie verso il sublime – con le limpide note della sua tromba e con la purezza degli assoli. La Banda Osiris ha invece il compito di abbassare verso il comico…
In Guarda che luna! gli effetti comici vengono ottenuti in vari modi. Si possono provare a individuare due mega-categorie. Per cominciare gli effetti che si appoggiano, oltre che sulla musica, su elementi extramusicali: le parole, cioè i testi delle canzoni; oppure la gestualità dei musicisti (con le mille gag del repertorio della Banda) e il loro rapporto con gli strumenti e la ritualità dell’evento musicale. Poi ci sono gli effetti comici più interessanti (e problematici): quelli che usano solo la musica.
Dato questo intreccio, i motivi d’interesse di uno spettacolo del genere crescono ulteriormente. Anche perché si finisce inevitabilmente per affrontare un nodo complesso – e probabilmente inestricabile – come quello del comico in musica.

 
1.
E’ vero che la musica – come il comico – è spesso in grado di parlare direttamente al corpo, con il corpo (che altro è la danza?). La musica è anche in grado di trasmettere una sensazione di felicità e ilarità (basti pensare, visto che in questo numero si parla di circo, alle musiche che accompagnano l’ingresso dei clown sulla pista). Però la risata è un’altra cosa. Forse irrimediabilmente diversa in qualche modo dai sentimenti e dalle emozioni che la musica pare in grado di trasmettere. Ci sono melodie tristi e allegre, brani che possono darci la sensazione dell’aperto e del chiuso, del vicino e del lontano, della paura e della riconciliazione (le colonne sonore cinematografiche si basano spesso proprio su questa facilità di contagiare emozioni con i suoni).
E’ facile recuperare dai magazzini della memoria un brano musicale che ci faccia piangere: ma dove trovarne uno che – a partire solo dalla musica, dal ritmo e dalla melodia, senza usare parole o gesti – ci faccia ridere?
Alcune teorie sull’origine del comico (quelle aggressive care a Hume, per esempio, e quelle apparentate sulla satira come vendetta) non paiono applicabili in campo musicale: se il filosofo inglese ha ragione, la musica non fa può far ridere.
Una delle più frequentate teorie del comico, quella di Henri Bergson, lo lega a una certa meccanicità, a un “irrigidimento contro la vita sociale”: “E’ comico qualunque individuo che segua automaticamente il suo cammino, senza darsi pensiero di prendere contatto con gli altri. Il riso è la per correggere la sua distrazione e per svegliarlo dal suo sogno.” (Il riso). Allora forse è possibile svegliare una “musica meccanica” dal suo sogno e scatenare il riso.
 
2.
Ovviamente la musica è un linguaggio, che utilizza dei codici culturali che si sono stratificati nel corso dei millenni e che siamo in grado di riconoscere e decodificare. Di più, qualunque brano musicale può utilizzare (e in genere utilizza) diversi codici contemporaneamente. E’ dunque possibile mettere in contrasto, in frizione alcuni di questi codici, magari giocando con le attese dell’ascoltatore e con i suoi codici di riferimento. E’ uno dei meccanismi del comico – o meglio, dell’ironia. Anche qui, per autorevolezza e praticità, si può citare Bergson: “Nulla spezza meglio una scena tragica quanto l’essere seduto; si passa subito alla commedia” (dove è importante anche l’accenno alla fisicità, alla materialità del corpo).
Insomma, applicato alla musica il meccanismo può consistere nell’abbassare il sublime al pop o al corrivo, e viceversa nel trattare la peggior musicaccia con il sussiego riservato ai capolavori. In secondo luogo, nel giocare con la materialità dei corpi dei musicisti e degli strumenti: una pratica utilizzata del resto sistematicamente da molte avanguardie musicali del Novecento con vari obiettivi: dissacrare l’aura, allargare i confini dell’evento musicale, sottolineare la fisicità del suono (rispetto a un’idea tutta mentale e astratta del fatto musicale), recuperare il valore ludico dell’esperienza artistica, épater les bourgeois… (Del resto l’uso sistematico di questa pratica la dice lunga sull’atteggiamento consapevolmente o inconsapevolmente ironico delle avanguardie)
La Banda Osiris è ovviamente abilissima nell’usare questo metodo (per rendere l’idea basti un Beethoven a ritmo di reggae…), ma nell’occasione anche gli altri musicisti – a cominciare dallo scatenato Bollani – non si tirano indietro. Un altro meccanismo è quello che gioca sul sentimentalismo e sul kitsch, e in generale sui generi, per enfatizzarli fino all’estremo e poi insieme smontarne i meccanismi e renderli ridicoli. E’ un meccanismo che Chiosso e Buscaglione hanno usato magistralmente. Testa rende il gioco più complesso: perché il recupero di queste canzoni passa attaverso il filtro della nostalgia (sono passati quarant’anni…), e dunque deve lavorare su un “sentimentalismo antisentimentale”…
 
3.
Il comico, dicono, è come il pesce. Dopo tre giorni puzza. Anche il comico in musica è deperibile?

Oliviero_Ponte_di_Pino




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