Lo stile multimediale

Multimedia. From Wagner to virtual reality, a cura di R. Packer e Ken Jordan

Pubblicato il 02/09/2002 / di / ateatro n. 042

Cosa unisce Richard Wagner e William Gibson, Pierre Lévy e Marinetti, William Burroughs e Moholy- Nagy? Una parola, multimedialità.
Randall Packer e Ken Jordan hanno recentemente raccolto per la Norton un’interessante antologia di testi che, auspice il guru della fantascienza cyberpunk William Gibson che ne ha firmato la prefazione e un testo inedito, propone un percorso storico intorno al divenire multimediale delle arti (e non semplicemente una storia delle tecnologie multimediali). Una trasformazione interna alla scrittura, alla composizione, alla visione, alla forma della creazione d’arte dalla fine dell’Ottocento ad oggi di cui sarebbe responsabile la natura “mutevole” dell’oggetto artistico “multimedializzato” ante litteram: “Multimedia’s most consistent quality will be its relentlessly changing nature”.
Il multimediale, prima di essere visto nelle sue potenzialità tecniche, cioè come l’evoluzione dell’interfaccia uomo-macchina (“titolo elettronico interattivo con possibilità di navigazione non sequenziale e che si avvale di modalità diverse per comunicare: musica, testo, immagini, animazioni, foto, filmati, disegni”. Luca Toselli, Il progettista multimediale), è dunque proposto innanzitutto come una modalità di costruzione di messaggi-opere d’arte in una “nuova forma” mutante e combinatoria, reincarnatasi in web performance, videoinstallazioni, ambienti interattivi, scrittura e drammaturgia ipertestuale, in un’evoluzione continua e in una serie pressoché infinita di possibilità trasformative. Ma se non tutto quello che è digitale è multimediale, il multimediale digitale è senz’altro “the most complete use of computer’s potential for personal expression”.
Il percorso storico individua progetti, ipotesi teoriche, ma anche effettive realizzazioni tecnico-artistiche (prototipi, software e opere) che hanno previsto una commistione o un coinvolgimento di più media ed in cui ha fatto la sua comparsa quello che potrebbe essere definito lo “stile multimediale” (termine che almeno fino al 1978 – anno in cui Negroponte dava vita al progetto Aspen – ancora non esisteva). Dall’utopico progetto romantico di sintesi delle arti si arriva (verrebbe da dire, senza soluzione di continuità) alle realtà virtuali passando per la scuola della Bauhaus, il cinema futurista, gli happening, gli “intermedia”, i concerti Fluxus, le videoinstallazioni, la computer art.
La selezione è stata fatta sulla base dei cinque elementi che, a detta dei curatori, dànno un’esauriente sintesi del concetto di multimedialità:

1. Integrazione (“La combinazione di forme artistiche e tecnologia in una forma ibrida di espressione”)

2. Interattività (“L’abilità dell’utente di manipolare e fare esperienza diretta dei media e di comunicare attraverso essi”)

3. Ipermedialità (“La possibilità di unire -link- elementi di media separati l’uno dall’altro per creare un ponte di associazioni personali”)

4. Immersione (“L’esperienza di entrare nella simulazione o nella suggestione di un ambiente 3D”)

5. Narratività (“Strategie estetiche e formali che derivano dai precedenti concetti e che danno vita ad una narrazione non lineare”). Per ciascuna di queste caratteristiche sono stati rintracciati dei “precedenti” storici illustri, sempre secondo un cammino “evolutivo-darwiniano” della multimedialità.
 
I testi sono stati selezionati evidentemente non tanto per nobilitare un’arte nuovissima, ma esattamente al contrario, per dimostrare che la multimedialità, più che una condizione esclusiva propria delle arti contemporanee implicate nelle tecnologie è prassi antica (datata almeno 150 anni, ancor prima del Modernismo) e soprattutto perché, in linea teorica, essendo la tecnica “un processus” non una “pratique du métier” (H. Focillion, Vie des formes), l’essenza dell’arte – come ricordavano già i teorici della Pura formatività – è il suo divenire, ovvero appunto, l’intrinseca multimedialità.
Nella sua accezione più generica dunque il multimedia, termine abusato e passato nel linguaggio comune a significare l’uso di qualunque media (“Ero sconcertato dal fatto che il termine multimedia venisse usato per un insieme scorrelato di carta stampata, dischi e film…Ho visto questa parola usata quasi quotidianamente nel Wall street journal, spesso come aggettivo per significare di tutto, da interattivo a digitale a banda larga”. N. Negroponte, Essere digitale), è considerato letteralmente (ed etimologicamente) come unione di più modalità rappresentative, indipendentemente dalla presenza di sistemi elettronici o digitali. Sostanziali sono però i contributi legati alla descrizione di innovazioni, formulazioni scientifiche e teoriche nonché scoperte tecnologiche legate alla multimedialità (il concetto di hypertext ed hypermedia secondo Ted Nelson e George Landow, la nascita nel 1974 del prototipo Dynabook di Alan Kay che sembra assolvere i compiti del metamedium, ovvero appunto del multimedia).
Multimedia non parla quindi solo di teatro o di musica. Tuttavia il primo esempio di “integrazione” è significativamente da attribuirsi, secondo i curatori a Wagner, assertore, in pieno Romanticismo, dell’ideale “opera d’arte totale” (Gesamtkunstwerk), unione delle arti “sorelle”: musica, danza e poesia, di cui vengono riportate alcune pagine tratte da L’opera d’arte del futuro. Forse bisognerebbe ricordare il giudizio che di lui aveva Gordon Craig, che così ridimensionava la riforma drammatica del regista di Bayreuth: “Wagner agì come tutti i riformatori… Accettò le cose come stavano e fece piccole innovazioni”. Certamente Craig (che partiva da una “consapevolezza tragica della perdita”, e questa perdita era il teatro) non riteneva fondamentali né la sistemazione dell’orchestra nella “buca” né l’introduzione del sipario. L’elaborazione teorica di Craig non poteva che entrare in conflitto con la formulazione delle arti wagneriana, poiché guardava ad un principio davvero rivoluzionario in epoca di prime avanguardie storiche: il principio sintetico e unitario, dinamico e visivo insieme a cui dovevano subordinarsi tutti gli elementi della rappresentazione per restituire una simbolica sinfonia visiva di stati d’animo (motivo per cui a nostro avviso, il regista inglese meglio si presterebbe a diventare “padre” di ogni formulazione storico-teorica in una prospettiva di “scena multimediale). Così Fernando Mastropasqua sintetizza il pensiero di Gordon Craig espresso in Per un nuovo teatro:
“Il teatro è caduto nella falsità: delle scene dipinte, della luce artificiale, della presunzione degli uomini di teatro. Il teatro è scena, azione, voce. E poiché della azione e della voce non si può trattare in un libro, le argomentazioni riguardano soprattutto la scena. Il teatro deve riconquistare lo spazio reale, l’aperto, il movimento del sole, l’architettura; nota, evocando il teatro greco: <> (Craig, Per un nuovo teatro)… I teatri al chiuso e le luci artificiali non possono essere cancellati… Non è possibile radere al suolo i teatri moderni, ma quello spazio può essere messo sotto accusa con le sue stesse armi: per esempio, scene molto alte che si perdono oltre l’arcoscenico, luci che vengono dal nulla, evocate a costituire punti di illuminazione inusuali che abbiano valenze drammatiche (contrasti tra parti in luce e parti al buio) ed espressioniste (legate agli stati d’animo del personaggio), in modo da far emergere i significati simbolici dello spazio e delle architetture di scena (fasci di luci radenti alle scenografie) o a sottolineare il ritmo dell’orchestrazione musicale e dell’azione.” (F. Mastropasqua, In cammino verso Amleto. Craig e Shakespeare)
A seguire, altri esempi di integrazione artistica: il cinema futurista, “sinfonia poliespressiva” secondo le definizioni riportate direttamente dal Manifesto redatto da Balla, Corra, Marinetti, Settimelli, Ginna e Chiti in cui si stabilivano le regole “cinematiche” e gli strumenti, tecnici, retorici e inguistici per la creazione del film come nuova arte espressiva: simultaneità, analogia, equivalenze cromatiche e plastiche, parole in libertà, oggetti animati.
Ancora, il Teatro della Bauhaus secondo Moholy-Nagy, ovvero il “Teatro della totalità” e l’assimilazione di tutti i componenti della scena ad organismo: “sound, color (light), space, motion, form (object and persons)”. L’uomo è presente come unico medium organico della scena, articolazione di una macchina-teatro il cui l’aspetto più evidente è il dinamismo, la velocità, l’elemento “macchinico”appunto. Principio-guida è il mechanized eccentric (ovvero “a concentration of stage action in its purest form”) applicato al corpo umano: l’uomo mette in mostra non la sua capacità interpretativa vocale ma i meccanismi corporei naturali, sintetizzabili in movimenti e forme controllate. L’architettura teatrale dovrà, inoltre, essere modificata per permettere al pubblico di “fuse himself with the action on the stage at the peak of catharthic ecstasy”. La forma architettonica prospettata, in linea col modernismo e il furore per le scoperte tecnologiche, è un teatro multipiani, con diagonali e verticali fatti di assi di legno e di metallo che conducono sguardi su azioni simultanee mentre luci abbaglianti isolano porzioni di scena per restituire l’effetto di “close up” fimico. A Maholy-Nagy si sono ispirati alcuni registi del cosiddetto “teatro-immagine”, tra cui Memè Perlini.
Illustre assente Walter Gropius, che nel progetto mai realizzato del Teatro Totale cercò di conciliare forma (architettonica) e contenuto (politico) nella scena della Germania degli anni Venti, indicando la strada per un cambiamento del teatro che ripartisse dalla modificazione strutturale (e da una nuova concezione ideologica) del “luogo”. Ispirandosi al funzionalismo architettonico e ai principi della Bauhaus (uno dei suoi slogan: “Le forme sono l’immagine del movimento, il movimento è l’essenza della forma”), Gropius aveva pensato ad una scena mobile con piattaforme girevoli, tre palcoscenici e un gigantesco schermo per le proiezioni di film e diapositive che potesse integrarsi nell’intera struttura architettonica, ampliando così la stessa cornice scenica.
La narrazione, secondo i curatori, subisce una trasformazione a partire dal “virus Burroughs” (vedi “ateatro 39”). Il testo selezionato per l’antologia non poteva che essere la descrizione della tecnica letteraria del cut up (inventata con Brion Gysin nel 1959), in cui il principio-guida è una “..collaboration between writers on an unprecedented scale to produce works that were the composite effort of any number of writers living and dead”, mentre l’evoluzione multimediale della scrittura scenica riparte da Allan Kaprow che denunzia nei suoi happening “l’affezione visuale del teatro” (V. Valentini).
Le forme più evolute di una scrittura multimediale ormai decisamente mutante prevedono un passaggio “dall’opera al dispositivo” ed una “deterritorializzazione”, secondo Pierre Lévy: “Le separazioni tra i messaggi e le opere, intesi come territori attribuiti ad autori, tendono a cancellarsi. Ogni rappresentazione può diventare oggetto di campionamento, missaggio, riutilizzo. Secondo la pragmatica emergente di creazione e comunicazione, distribuzioni nomadi di informazioni fluttuano su un immenso piano semiotico deterritorializzato” (P. Lévy, L’intelligenza collettiva).
L’interattività è coperta dagli studi di pionieri come Norbert Wiener sulla cibernetica e da esempi di computer art (Roy Ascott, Myron Kruger), mentre l’ipertestualità e l’ipermedialità sono viste attraverso le definizioni di Ted Nelson nello storico volume Computer lib/dream machine (punto di riferimento di molti artisti che sperimentano tecnologie, hacker e teorici dei media) e George Landow. Assenti ingiustificati, Robb Lovell e Mark Reaney. Il primo creatore in Arizona di un progetto di ambiente scenico virtuale reso “sensibile” dai media chiamato “Intelligent stage”; il secondo regista del primo spettacolo teatrale completamente interattivo The adding machine.
Lo stato “acquatico” dell’immersione, condizione per un ascolto che coinvolga tutti i sensi è esemplificato da progetti di computer graphics 3 D e ambienti virtuali interattivi.
Da segnalare il sito web ospitato da www.artmuseum.net: una vera opera multimediale perfettamente in sintonia con i contenuti del libro.
Importante strumento di riflessione sul divenire delle arti in epoca di trasformabilità (digitale) e trasferibilità (mediale) delle immagini e dei suoni, il volume oltrepassa finalmente la vexata quaestio tra arte pura e arte ibrida (e relativi lieux communs: la disumanizzazione della tecnica, la de-realizzazione dell’opera d’arte nel momento della sua riproducibilità infinita, e dall’altra parte, l’inevitabilità del progresso – il cosiddetto determinismo tecnologico – e il necessario allineamento dell’arte alle innovazioni). Si pone invece in un’ottica di parità rispetto ai mezzi impiegati (siano essi di natura tecnica o artistica e/ corporea). La questione si era proposta agli storici e teorici della videoarte quando si trattava di definire la continuità di opere installattive che usavano l’elettronica, con la pittura e le soluzioni formali e concettuali delle arti figurative o delle arti visuali convenzionali in genere. Ma il problema pare “risorgere” periodicamente nel dibattito dell’estetica contemporanea: il rapporto tra l’uomo e la macchina, tra “caldo” e “freddo” (secondo la ben nota distinzione macluhiana), tra organico e immateriale, tra la tridimensionalità degli oggetti o la bidimensionalità delle immagini, dibattito che si è naturalmente esteso, a partire dagli anni Ottanta, anche alla scena.
 
TNM NEWS
 
Parigi
Villette Numérique Festival
Grande Halle de la Villette
 
Prima edizione di una biennale dedicata alla creazione digitale e alle intersezioni tra i diversi campi della creazione artistica contemporanea, dal teatro alla musica, dalle installazioni interattive, al cinema.

Tra gli eventi:
Granular synthesis
<360>
(26 – 29 September 2002).
Show di virtual theatre con “panorama” di immagini (appunto a 360°) che avvolgono il pubblico grazie a 15 schermi giganti.
Produzione: Epidemic
 

Full Play
di Paolo Atzori, Bud Blumenthal, Antony Moore
In un dispositivo di otto schermi disposti in cerchio Bud Blumenthal ha creato una performance coreografica su una piattaforma munito solo di sensori
 

 
anomos
À
«VILLETTE NUMERIQUE»

24 – 29 septembre 2002, Parc de la Villette, Paris

anomos est un groupe de chercheurs et d’artistes d’origine diverse qui s’associent pour échanger et mettre en relief leurs recherches et leurs créations sur l’application des nouvelles technologies numériques dans le domaine artistique. Le collectif participe avec les projet suivants à Villette Numérique, la première édition d’une biennale internationale consacrée aux arts numériques.

PROGRAMME

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Grande Halle
MEDIALOUNGE
le jeudi 26, le vendredi 27 et le samedi 28 de 19h00 à 20h00 ; le dimanche 29 de 18h à 19h00

Un espace dédié à la détente, à l’éveil et à la réflexion.

Les intervenants épaulés par les membres d’anomos, développeront les
sujets du jour s’appuyant sur des images, des CD ROM, des vidéos, des
exemples sonores pour interpeller et questionner chaque thème.

Jeudi 26, de 19h00 à 20h00 : Espace / Territoire – Esthétique et
Ville Virtuelle
Modérateur : Emanuele Quinz, anomos, directeur Anomalie.
Intervenants : Christine Buci-Glucksmann, philosophe, écrivain.
Miguel Chevalier, artiste multimédia.
Vendredi 27, de 19h00 à 20h00: Sensation / Perception – Structure et
design dans les interfaces
Modérateur : Frédéric Kalfon. Designer et chercheur.
Intervenant : Luc Dall’Armellina, Enseignant à l’Université Paris 8.
Samedi 28, de 19h00 à 20h00 : Identité / Altérité: Processus
Identitaire et Virtualité
Modérateur : Luca Marchetti, anomos, sémiologue et journaliste.
Intervenant: Claude Rabant, psychanalyste.
Dimanche 29, de 18h à 19h00 : Corps / Présence
Modérateur : Armando Menicacci, anomos, directeur Médiadanse.
Intervenant : Christophe Wavelet, chercheur et critique d’art, Scott
deLahunta (USA), chercheur.

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Cité des Sciences
JEU ET CRÉATION NUMERIQUE
le vendredi 27 septembre de 14h30 à 17h00

Colloque.

Modérateur : Etienne Armand Amato, sociologue, et chercheur en
info-communication. Les intervenants : Laurence Dreyfus, spécialiste du
jeu en art contemporain, Ludovic Du Château de Virtools,
Jean-Louis Boissier, Université de Paris 8, Grethe Mitchell,
University of East London et Cosign, Londres. Lors des débats qui
suivront, les spécialistes invités tenteront de répondre aux
différentes problématiques auxquelles l’art contemporain doit faire
face.

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Maison de la Villette -Villette Emergences
ATELIER DANSE ET NOUVELLES TECHNOLOGIES
le jeudi 19 septembre de 14h00 à 17h00

Un workshop sur la danse et les nouvelles technologies.

Mediadanse présente un workshop conçu en deux modules : « Les enjeux du
numérique en danse » une conférence; « Isadora 1.0 » présentation et
expérimentation des logiciels et de dispositifs interactifs.

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Maison de la Villette – Villette Emergences
CHANTIERS
le vendredi 27 et le samedi 28 de 11h00 à 19h00

Présentation de projets artistiques en cours.

Artistes et collectifs artistiques viennent présenter et expliquer leurs
projets en cours de création dans les friches et structures culturelles
de l’Ile-de-France. Animé par anomos.

COPRODUCTIONS

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Grande Halle
« FULL PLAY »
E101- Paolo Atzori – Bud Blumenthal – Anthony Moore

Performance de Bud Blumenthal
le jeudi 26, le vendredi 27 et le samedi 28 à 20h45 et à 23h45 ; le
dimanche 29à 20h00 et à 21h45

Installation
permanente

« Full Play » est une production théâtrale expérimentale qui intègre
plusieurs domaines artistiques : danse, musique et arts visuels. Le
spectacle concrétise les résultats des recherches et les concepts
développés par une équipe internationale et interdisciplinaire qui
réunit des hommes de science, des artistes et des musiciens de
différentes origines.

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Cité des Sciences
« LA MORSURE »
de Andréa Davidson
le jeudi 26, le vendredi 27 et le samedi 28 à 20h45 et à 23h45 ; le
dimanche 29 à 20h00 et à 21h45

Chorégraphie interactive numérique.

« La Morsure » met en jeu les transitions possibles entre la danse, la
vidéo, la dramaturgie, la poésie et un programme interactif et
génératif. Dans une structure ouverte et modulaire, le spectateur
détermine le cours de la chorégraphie à partir de 300 séquences de
danse.

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http://www.villette-numerique.com

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@RT OUTSIDERS

Festival International des arts numériques
à la Maison Européenne de la Photographie, Paris
du 18 septembre au 20 octobre 2002

anomos organisera une conférence le samedi 12 octobre de 15h00 à 17h00 :
« Les nouveaux horizons de l’art numérique »
présentation d’Emanuele Quinz

http://www.art-outsiders.com/

n info / pour se désinscrire : anomos@anomos.org

Anna_Maria_Monteverdi




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