Appunti per l’inizio delle prove

del Sogno di una notte di mezza estate

Pubblicato il 18/03/2002 / di and / ateatro n. 036

Debutta tra qualche giorno il nuovo spettacolo delle Albe-Ravenna Teatro.
 
1. Eravamo partiti per fare l’Orlando innamorato e siamo sprofondati nel Sogno degli innamorati. E’ raccontabile? No. Non bisogna provare per credere, al contrario, bisogna credere per provare.
 
2. Ogni uomo è due uomini e il più vero è l’altro. E forse ogni testo è due testi e il più vero è l’altro. Lo diceva Borges, lo dice Ermia alla fine della “dark night”, quando confessa di avere avuto una visione “con occhi strabici, quando ogni cosa sembra doppia”. Anche il paladino Orlando è strabico. La vena tragica del Sogno ce lo fa accostare anche alle Baccanti, con un Teseo che per ora non sarà sbranato, che a differenza del Penteo di Euripide se la cava e predica fino alla fine contro il “vedere doppio”.
 
3. Qui siamo precipitati, qui ci siamo persi. Non avevamo deciso di fare Shakespeare. Non l’abbiamo mai neanche sognato. E’ arrivato, alla fine del viaggio nei poemi. Ma ora noi non faremo Shakespeare, bens” sprofonderemo nel bosco in prossimità di Atene. Contro Atene.
 
4. Fioretto all’inizio delle prove: faccio voto di fare il vuoto.
 
5. Citazioni parallele, all’insegna di una cedevole sragione.
“Ma dove è amor, ragion non trova loco”, Orlando Innamorato, I, III, 48.
“A dire il vero, amore e ragione di questi tempi non vanno molto d’accordo.” Sogno di una notte di mezza estate, III, I, 134-135 .
 
6. Ippolita è un capolavoro di inesistenza. Un mostro civilizzato con la spada, non ha parole. Una barbara sirena disseccata, tirata fuori dalla sua acqua da quel violentatore che è Teseo. La sirena, il mostro della tradizione greco romana, faceva naufragare i naviganti. Teseo l’ha ridotta a un soprammobile.
 
7. Bottom, fondo, sfondo. Lo sfondamento come chiave di entrata, si sfonda, si va al di là, sotto. In giù. Tra i morti, gli spiriti. Sprofondare era lombardismo che Gadda diceva di non amare, ma che poi usava spesso. Tra i vari significati di Bottom, oltre a “fondo”, c’è anche “anima”, nel senso dell’anima (rocchetto) intorno alla quale è avvolto il filo del tessitore. Eraclito per primo mise in reciproca relazione psyche, logos e bathun (“profondo”): “I confini dell’anima vai e non li trovi, anche a percorrere tutte le strade: cos” profondo è il logos che essa comporta.” Eraclito suggerisce che “vero” è uguale a “profondo”, è come se conoscesse la parola inglese understand, dove “capire” va preso alla lettera come “stare sotto”. L’anima è sfonda! Come il sogno di Bottom, “non ha fondo”.
 
8. “Shakespeare? disse. Mi par d’averlo sentito nominare.” Joyce, Ulisse.
 
9. Suono e Sogno. Per il Sogno abbiamo fin dall’inizio pensato insieme a Ceccarelli a una partitura che intrecciasse i suoi soffi di flauti come venti e terremoti e balenare di spiriti a musiche-simbolo dell’Atene-dei-divertimenti, dal romantico Mendelssohn alla romantica Pausini.
 
10. Aveva ragione Ben Jonson, a dire che i personaggi di Shakespeare “traboccano di vita”, ma aveva ancor più ragione Wittgenstein ad irritarsi, affermando che “la vita non assomiglia a Shakespeare”.
 
11. Anche la Tradizione è un sogno: come tale va sognata, va suonata (nel senso anche di prenderla a sberle), mai presa alla lettera.
 
12. Il clima del primo atto è soffocante. Come quando nella notte non si ha voglia di nulla e si ha voglia di tutto, quando il silenzio è un urlo. Siamo nella testa-palazzo di Teseo, incombe il temporale, nubi scure minacciose, ululati di cani, clima febbrile. Ma non si devono celebrare le nozze? Qualcuno vuole fuggire, o morire, è lo stesso. Il male di esserci, qui, divisi. Deserto, aridità, secco atroce, afa, i nervi saltati, scolorimento, crepe. Nonostante il savoir faire della canaglia Teseo, anche il ridere è una crepa nel volto. Tutto il primo atto va verso il monologo di Titania, che come la Fata dai capelli turchini annuncia il male del mondo: “J è tot murt! J è tot murt! Sono tutti morti! Sono tutti morti!”.
 
13. “Acentric”, cos” sono gli intrecci narrativi di Boiardo, il suo “artificio maraviglioso”, cos” è il Sogno. Non si da un centro, ma solo estremi schizzati di una drammaturgia con cui fare i conti. Non c’è uno stile unitario! Shakespeare allinea e intreccia linguaggi e generi e storie, butta dentro lo stesso calderone retorica amorosa e battutacce farsesche, demoni celtici e miti greci, e tutto questo infischiandosene di qualsiasi pedante coerenza e verosimiglianza, puntando a un “artificio maraviglioso”. Niente in quei boschi, in quei vuoti spazi erratici, dove il perdersi è sotto il segno di Eros e Thanatos (si muore d’amore, si muore di spada), niente in quei boschi è comprensibile: dare la colpa al fiore di Puck o alle fontane stregate delle Ardenne non spiega nulla.
 
14. “E proprio sembra che li porti il vento/ tanta è la forza dell’incantamento.”Orlando Innamorato, XXXI, 36
 
15. Atene-dei-divertimenti, ecco il regno di Teseo. Dei distoglimenti, degli allontanamenti, perché cos” suona l’etimo. Una BARA-CCHETTA in cui perdersi, altro che polis! Popolata da Veneri di plastica bianca, da skate che sfrecciano, da giovinastri finto-ribelli, da Padri che non ci sono, latitano: e il Duca è uno slogan che cammina. E tanti spiritelli pronti ad assalirti la notte. La contrapposizione, presente nell’Orlando e nel Sogno, tra la corte di Parigi e la foresta delle Ardenne, tra Atene e il bosco, tra il luogo in cui abitare e il luogo in cui perdersi, nel nostro spettacolo scolora: da noi la polis è un incubo che già si sgretola.
 
16. Foscolo, 1810: “Sappiamo e vediamo che alla traduzione cadaverica non pu˜ soggettarsi se non un grammatico, e che alla versione animata vuolsi un poeta: or il poeta sarà sempre più fedele.”
 
17. Il palco è una calamita. Una calamità. Lo stesso è il parco, bosco o foresta che tradur si voglia: un magnete che attira chi fugge per amore e chi ha uno spettacolo da provare. Niente scuse: il palco fa paura, guai a chi non fa paura, come il bosco è luogo di incantamenti e falsi sembianti, va percorso fino in fondo.
 
18. Ma certo, ci interessano dei tradimenti fedeli! Verso Shakespeare, lontano da Shakespeare!
 
19. “Ma l’arte drammatica come stagione folle ha da venire (e non abbiamo un passato-tradizione da tradire quanto, se mai, un futuro indimenticabile)”. Bene, Opere.
 
20. Sul corpo del Duca crescono gli alberelli. Ma è un sogno!
 
21. “Niente scuse; perché quando gli attori sono tutti morti, non c’è più nessuno da biasimare.” Sogno di una notte di mezza estate, V, 348-349
 
22. Non ci sono scuse. Si deve essere meno o più che attore. Sottomesso come un cane, anarchico come un bandito, devoto come un mistico. Ce l’hanno insegnato Tot˜ e la Duse, Carmelo e gli adolescenti. In quel sotto e in quel sopra, c’è l’unico teatro che conta, che canta per davvero. Il resto è inutile ciancia.
 
23. “Ma Shakespeare era autore attore regista e capocomico. Nella sua vita fu egli stesso uno spettacolo. Adesso è un testo. E’ da sporcaccioni negargli l’infedeltà che gli è dovuta (tanto resiste, resiste a me, figuriamoci a voi), per tentarlo con sentimento: sarebbe come immergere un bastone nell’acqua azzurra del mare illudendosi che ne riesca azzurro anche il bastone. E quand’anche ci fosse un mare capace di questo (abbiamo le tintorie) state certi che il bagno non ce lo fareste.”
Bene, Opere.
 
24. E il grande Fechner? “L’unica cosa sensata detta su questo argomento è stata detta dal vecchio Fechner: la scena dei sogni sia diversa da quella della vita rappresentativa vigile.” (Freud, lettera a Fliess, 1898).
 
25. Nella tradizione delle Albe lo spazio è una non-scenografia, corpi e psiche allo stesso tempo. E’ tutto quell’accidente che non puoi fare a meno di vedere. Come nei Polacchi non avevamo ricostruito una stanza da museo, ma erano la nebbia e l’assedio allo spettatore a determinare l’architettura infera del Museum Historiae Ubuniversalis, cos” nel Sogno la nostra Atene-dei-divertimenti non sarà un parco giochi ma una camera di perline nere, funerea e luccicante-Longuemare, in cui i giochi siano a vista, microfoni, casse di amplificazione, riflettori. Il bosco sarà la stessa distesa di perline nere, ma sfondata, attraversabile dagli attori e dalla luce in ogni punto.
 
26. Già, il bosco. I corpi non addomesticati di una banda di bambini e adolescenti africani saranno gli spiritelli neri del nevrotico, febbrile Oberon e della svitata Titania, doppi e tripli di Puck, demone terragno, cane, servo indisciplinato, buffone strisciante. Saranno loro a cavalcare amanti e meccanici per tutta la notte. Saranno loro a spingere la ruota della carriola che scarica il corpo del Duca all’alba accanto alla sua Afrodite di plastica, una ruota fasciata di stoppa e cenci: destinazione letale, epidemia occulta.
 
27. E le orecchie di Bottom-Sfondo? Cosetta le sogna spropositate.
 
28. Titania è strabicamente sensuale e impaziente da un lato, asinina e delirante dall’altro. E’ lunare e mortuaria, Ecate e Diana, la signora morta della notte e la signora del giorno che “balugina”, è iniziale e conclusiva. Vede il deserto nella foresta, la neve d’estate, le rose sulla zucca spelacchiata del vecchio inverno. E quando apparirà nel bosco all’inizio della notte, la sua voce potente vendicherà la muta Ippolita. Cos” l’una è l’eco rovesciato dell’altra.
 
29. La voce di Titania è lontana e vicinissima. O esce dal pozzo, o ti salta in faccia.
 
30. Ma come si pu˜ pretendere di fare la regia dei sogni? I sogni rifiutano ogni regia, se no non sarebbero sogni. I sogni “seguono le tenebre” (Atto V, “following darkness like a dream”), e “non hanno padre, e nemmeno una vocazione verso l’alto. Provengono dalla Notte soltanto, e non hanno altra dimora che quella del regno della tenebra”, Hillman, Il sogno e il mondo infero. I fili restano aggrovigliati, il sogno resta sogno, inspiegabile, intraducibile, mostruoso. Sfondato. Non ha padre, ovvero né regista né drammaturgo che possa far tornare i conti.
 
31. C’è una grazia nascosta nella farsa dei meccanici, un prodigio, “hot ice”, ghiaccio bollente. Con i loro gesti strampalati, “smisurati”, i dilettanti mostrano agli innamorati la morte tragica alla quale questi ultimi sono appena scampati nella furia della notte.
 
32. Ma ci sono davvero scampati?
 
Ravenna, marzo 2002

Marco_Martinelli_e_Ermanna_Montanari




Tag: BiennaleTeatro (28), Ravenna Teatro (21), Teatro delle Albe (29), William Shakespeare (48)


Scrivi un commento