Noboalfabeto
21 lettere per la non-scuola
Scritto in occasione dell’inaugurazione del Rasi, di prossima pubblicazione in un volume che contiene anche la teatrografia completa di 10 anni di non-scuola, i Dialoghi in cucina di Marco e Ermanna e una prefazione di Cristina Ventrucci, oltre a immagini di William Blake.
A. ASINITA
Cè un asino, sulla soglia. Chiede di entrare. Un pedante gli sbarra la strada.
“Perché?”
“Sei un asino, non puoi. Non hai niente di interessante da dire, sei un Senza Parole, solo ragli, solo ragli fai, le tue fattezze non sono quelle richieste.”
“Che cosa dunque è richiesto, per entrare nella vostra Accademia?”
“Appunto, non essere asini patentati, come te!”
La porta davorio si chiude, lasino piange.
Vieni, sussurra la non-scuola allasinello, vieni da me. Lascia perdere chi non ti ama. Da me troverai acqua e biada a volontà. Che tu sia benedetto, asinello errante! Vieni da me, e apri con la chiave delloccasione lasinin palato, sciogli la lingua, fai uscir dalla tua bocca quellestraordinario rimbombo che la largità divina, in questo confusissimo secolo, nellinterno tuo spirito ha seminato. Vieni da me, e con me fai valere la tua barbara natura, raccogli i frutti e i fiori che sono nel giardino dellasinina memoria. Vieni da me, e in me trovati con tutti, discorri con tutti, affratellati, unisciti, identificati con tutti, a tutti regala verità, domina a tutti, sii tutto!
Nella non-scuola lasino è ladolescente, nella non-scuola lasino è la guida: entrambi ragliano forte.
B. BUGIA
Letimologia ci rivela la presenza del male nella parola bugia: dallantico provenzale bauzìa al franco bausì, ovvero “malvagità”, “male radicale”. Ma nelletimo del suo più significativo sinonimo, rappresentato dalla parola menzogna, cè leco del verbo latino mentiri, “immaginare”, poi “fingere”, da mens mentis, “mente”.
C. CALCIO
Non si va a insegnare. Il teatro non si insegna, e meno che mai nella non-scuola. Si va a giocare, a sudare insieme. Come giocano i bambini su un campetto da calcio, senza schemi né divise, per il puro piacere del gioco, come capita ormai di vederli solamente in Africa, a piedi nudi sulla sabbia, o nel sud dItalia: al nord è raro, i più sono irregimentati a copiare il calcio dei “grandi”, soldi e televisione. In quel piacere ci sono una purezza e un sentimento del mondo che nessun campionato miliardario può dare. La felicità del corpo vivo, la corsa, le cadute, la terra sotto i piedi, il sole, i corpi accaldati dei compagni, lessere insieme, orda, squadra, coro, comunità, la sfera-mondo che volteggia e per magia finisce dentro la rete. La non-scuola è il campo da calcio dove si gioca per puro, eterno piacere, ignorando il denaro e la gloria.
D. DISCIPLINA E DOGMA
Lunico dogma della non-scuola è questo: si possono strapazzare Aristofane o Brecht, ma quello che deve emergere dal lavoro scenico, attraverso Aristofane o Brecht, è la vita degli adolescenti, i contrasti dissonanti che alimentano la psiche, le nevrosi luminose, la lava incandescente che si nasconde agli insegnanti e ai genitori. In una parola, lENERGIA, che deve a sua volta guidare le guide, come la bacchetta conduce i rabdomanti alla ricerca della sorgente dacqua. Per far erompere lo scatenamento caotico che procede dal corpo si esige disciplina, ovvero apprendere poche regole elementari che sono incarnate nel gioco, come eterno piacere. Abitano il fare. I ragazzi le acquisiscono come confini necessari, nel divertimento e nella fatica che costa il “saper giocare bene”. È compito delle guide evitare ogni pedanteria, è compito degli adolescenti prestare orecchio alle guide, le quali accenneranno alle tecniche (respiro, movimento, voce) solo nel concreto delle prove, specificando che non esiste la Tecnica in assoluto, ma solo modi diversi di servire le visioni. In ogni asinello cè un giardino dellasinina memoria: le tecniche servono a raccoglierne la turbolenta vitalità.
Energy is Eternal Delight.
E. ETA
Nella non-scuola le età sono usurpate. Aristofane può avere 16 anni, Shakespeare 14, gli adolescenti ben più di 500. Vi sono volti che fanno pensare allantico Egitto, al Tigri e allEufrate, altri al secolo che non è ancora nato. Si ha letà che si finge, non quella che si dimostra.
F. FARFALLE
In unevanescente opera di Dosso Dossi, pittore ferrarese del Cinquecento, vediamo tre figure che poggiano su delle nuvole, alla luce scintillante dellarcobaleno: a sinistra Giove, seduto davanti a una tela, in atto di dipingere farfalle; a destra una giovane donna inginocchiata sta per interromperlo (la Virtù, forse?); in mezzo ai due Mercurio, nudo e alato, che rivolto alla fanciulla porta il dito alle labbra, come a dire: silenzio! Il pittore non devessere disturbato mentre dipinge.
G. GUIDE
Non ci sono padri, non ci sono maestri nella non-scuola. Solo guide che conducono gli adolescenti verso lo spettacolo, che favoriscono il gioco. Chi sono le guide della non-scuola allora? Possono essere registi, possono non esserlo. Quello che li distingue è il loro “stare in mezzo”, non come acqua stagnante, bensì a dissolvere le superfici apparenti, tra gli adolescenti e la Tradizione. Forse un po dei pirati, come Long John Silver: attraverso il suo zoppicare, attraverso le sue menzogne, Jim scopre il tesoro.
H. HISTORIA UNIVERSALIS
Il gioco è lamorevole massacro della Tradizione. Non “mettere in scena”, ma “mettere in vita” i testi antichi: resuscitare Aristofane, non recitarlo. La tecnica della resurrezione parte dal fare a pezzi, disossare.
Adolescenti e Tradizione: i Senza Parole e la Biblioteca. Qui cè un lampo, due legni che si sfregano. Prendi un testo, e guardalo sotto: là sotto, sotto le parole, cè qualcosa che le parole da sole non dicono. Là sotto cè il rovello che lo ha generato. Ci restano le parole, mentre quel rovello viene dimenticato. Se non sai penetrare quel sotto, quella luce giù in basso, le parole restano buie. Il testo cela un segreto che può accendere la Vita, che lautore (il vivente, non il cadaverino del museo!) ha sapientemente nascosto secoli fa nelle pieghe della favola: la non-scuola mette in relazione quel segreto e gli adolescenti, proprio quelli, quelli e non altri, quelle facce, quel dialetto ringhiato tra i denti, quei sospiri, quel linguaggio di gesti, quei sogni, quei fumetti. Per realizzare lincontro cè bisogno, in una prima fase, di svuotare il testo, perché i dialoghi sono allinizio un impedimento autoritario che va spazzato via. Fatto a pezzi il monumento, si riparte dal gioco dimprovvisazione (vedi alla lettera I) che le guide propongono agli adolescenti, gioco che consiste nel dare nuova vita alle strutture drammaturgiche del testo, o a inventarne di completamente nuove. Limprovvisazione crea una partitura di frasi, gesti, musiche, sulla quale sarà possibile innestare, in un secondo momento, le parole dellautore, e non tutte, solo quelle che servono. E sarà una sorpresa accorgersi che le parole rifiutate allinizio, una volta arato il campo di verità sul quale farle crescere, diventeranno splendenti. Il campo di verità è il corpo delladolescente. È un adolescente, è un nessuno. Per questo trabocca di genio! La Tradizione non dice un bel nulla a questi nessuno, che prima la guardano con sospetto, poi le fanno lonore di rimetterla in vita, la gratificano di un amplesso: la non-scuola gode a vedere limpatto devastante e fecondo tra i morti e i vivi.
I. IMPROVVISAZIONE
Limprovvisazione è la deviazione necessaria (vedi alla lettera H) dal sentiero stabilito. La possibilità delleccesso e dellimpaccio di generare stupore. È la palestra in cui lasino scopre le sue carte, il suo universo “mostruoso”: oscenità, canzoni, selvatichezze, dialetti, gerghi, ombre, cattiverie, ribaltamenti, sogni. Un poderoso mondo vitale e corrosivo che alla guida (e non solo) è ignoto, e che si ha il dovere di restituire in forma scenica.
Listituzione scolastica e il teatro sono stranieri luno allaltra, e il loro accoppiamento è per forza di cose innaturale. La non-scuola scommette su tale accoppiamento.
How do you know but evry Bird that cuts the airy way,
Is an immense world of delight, closd by your senses five?
L. LOCALI
Locali sta per “lus”, la luce che affonda nelle midolla delle ossa. Locali sta per “la panchina dello stadio di SantAlberto con su scritto LOCALI“, in questo simile a tante altre panchine dei campetti di calcio della Romagna, dove piccoli e grandi si fanno le ossa e se le rompono. Locali sta per “Nola”, la Nola di Giordano Bruno, il villaggetto che lo aveva visto nascere, Iordanus Brunus Nolanus, così si firmava anche quando si presentava nelle corti e nelle accademie dEuropa, Nola è il pezzetto di terra, la minuzzaria che ci ha sputato fuori e ci portiamo appresso, dimenticata, occultata nei sogni, nelle miserie del linguaggio. Locali sta per “gli autori quanderano adolescenti”, ovvero dei nessuno pieni di fantasie, e non cerano critici né spettatori a esaltarli.
M. MARIONETTA
Bando alla psicologia! Nella non-scuola si recita come marionette.
Comica o tragica che sia, strampalata o sofferente, la marionetta è carne dellattore. Non è questione di stile (vedi alla lettera S): quando parliamo di marionetta intendiamo il rifiuto di ogni naturalismo, che le guide della non-scuola possono declinare in mille modi. La marionetta, svuotata di zavorra sentimentale, evoca forze sconosciute e minacciose che, presenti e invisibili nella vita quotidiana, si liberano nel mondo, in apparenza fittizio, della rappresentazione. Si situa misteriosamente ai limiti tra la vita e la morte, tra linsensibilità totale e la più totale trasparenza. Sfida le pesantezze del tempo, della terra e del linguaggio. È il doppio che ci irride.
Siano dunque Pinocchio, Rosvita, Totò e Padre Ubu i santi protettori della non-scuola, lo siano contro lillustrazione, la parola esplicativa e didattica, rivendichino il silenzio, il camminare a mezzaria, luomo di legno.
If others had not been foolish, we should be so.
N. NOBODADDY
Tra le sfalenanti invenzioni di William Blake, cera quella di chiamare “Nobodaddy” il Dio Padre che sta nei cieli: un neologismo, formato dalla contrazione di “nobody” (nessuno) e “daddy” (papà). Parola che, come un fulmine, afferma e nega, mente e dice il vero.
Il piacere di essere dei NESSUNO! Le guide sanno che, se anche altrove sono registi o attori di un certo nome, per gli adolescenti della non-scuola sono dei NESSUNO. Neanche uno straccio di gloriola ad attenderle, ma solo lallegria di essere coro. Cè in questo esser nulla un sentimento di purezza e di libertà sublimi.
O. ONIROMANZIA
Gli antichi, prima Omero, poi Virgilio e Dante, distinguevano i sogni che entrano e escono dalla splendida porta davorio, i quali sono fallaci e vani, dai sogni che entrano per la porta di corno, cioè le vere visioni che luomo non scorge mai invano. La materia da poco, lumile corno, è un conduttore migliore del pregiato avorio.
P. PASSERI
Se, in un accecante pomeriggio destate, prendendo da via Trieste, si parte a piedi da Ravenna diretti verso Marina, il paesaggio ci colpisce sotto il sole come una visione: a sinistra i serbatoi e le torri delle raffinerie con le ciminiere che eruttano fuoco, le navi e i grandi cassoni metallici del porto, a destra i campi di grano e sorgo. La strada è trafficata alleccesso, e sul sottile bordo ai lati, usurpato dal pedone che su quella strada non è previsto, sarà una sorpresa notare molti passeri morti, travolti dalle automobili. Si sa dei ricci, si sa di qualche gatto ipnotizzato dai fari, ma di così tanti passeri! Volano basso, si vede che volano basso. E questa è via Trieste, non si osa pensare alla statale 16, la grande arteria del divertimento in riviera. Le statistiche sulla Romagna felix vanno aggiornate dal temerario pedone: non solo unecatombe di sacrifici umani regge la progredita civiltà del terzo millennio e la religione dellAutomobile, ma anche una più ignota morìa di passeri. Cadaverini insepolti lungo il ciglio della strada. Amen.
Peggio per loro! Dovevano volare alto!
Q. QUATTRO
Si è finora parlato di tre dei quattro pilastri che reggono la non-scuola: gli adolescenti, le guide, la Tradizione. Il quarto è linsegnante, che segue, assiste i gruppi al lavoro. La non-scuola considera necessaria tale figura, perché, come ci rivela letimo di assistere, “sta nei pressi”, lucido testimone degli scontri in atto. Spesso funziona come sponda di serenità nel tumulto delle prove, può eventualmente collaborare al lavoro, può eccezionalmente arrivare in scena, ma mai deve sostituire la guida: i due ruoli sono nettamente distinti, linsegnante rappresenta listituzione scolastica, al cui interno il lavoro si svolge, la guida è lo straniero che lì è accolto, portatore di un sapere altro, irriducibile.
Va detto: la non-scuola è nata e continua a vivere allinterno degli istituti medi superiori di Ravenna per scelta precisa degli stessi, per una sorta di affinata complicità intellettuale.
R. RAGAZZINI
No, i ragazzini non salveranno il mondo, ma forse possono, devono provare a salvarsi dal mondo. E noi con loro.
Nel suo abitare unetà dalla grazia sbilenca, ladolescente ha un io “minimo”: si guarda, ma non sa bene cosè, cosa diventerà, si ascolta, e sente dentro di sé tante voci. Questa confusione è una ricchezza: ladolescente può essere “tanti”, in lui si scontrano le voci degli déi. Il suo “io” è un condominio. È abitato dalle tante maschere che può diventare: santi, guerrieri, impiegati, ladri, assassini, artisti, cavalli, terremoti, fantasmi. È una condizione instabile e delicata e sofferente, si è dei nessuno, si è come feriti. Questa ferita è la via maestra alla scena.
S STILE
Non ci sono stili nella non-scuola, sono vietati! Non ci sono attori e registi che debbano dimostrare qualcosa, né critici che verranno a recensire. Lunico dogma (vedi alla lettera D) della non-scuola è lENERGIA: le guide non siano altro che fluidi conduttori del calore e dellelettricità. Possono, debbono esserci modi diversi di realizzare tale compito (partendo da un testo, abolendo il testo, facendolo scrivere ex novo, assemblando liriche, eccetera), ma sempre subordinati al dogma suddetto. Anche perché, particolare secondario ma non trascurabile, gli spettacoli della non-scuola si realizzano a costo zero: non ci sono spese di produzione! Adolescenti e guide sanno che possono frugare nel magazzino delle Albe, e riciclare quel che è possibile, ma sanno anche che lunica vera ricchezza spendibile è il tempo e la passione che dedicheranno, che si dedicheranno. In conclusione: un regista può imparare molto facendo la guida nella non-scuola, a condizione che non la usi per formarsi uno stile, bensì si faccia da lei ROVINARE!
T. TREMORE E TERRORE
Se, in una notte destate, diciamo verso le tre, si parte a piedi dal villaggio di Campiano, nel profondo della campagna romagnola, e prendendo la direzione della via Cella ci si dirige verso Ravenna, la prima immagine sarà quella di un piccolo cimitero di campagna. E quello che sorprenderà sarà vedere le case dei morti come le case dei vivi, lì accanto, nella notte deserta: silenziosi, immoti cubi di pietre e cemento. Tutti dormono, là dentro, vivi e morti. I lampioni faranno compagnia per pochi chilometri fino a Santo Stefano, immergendo la terra in una luce appiccicaticcia e giallastra, poi, da Santo Stefano a San Bartolo, non ci sarà che tenebra, e nessuna luce. Tre volte i cani vi assalteranno in quel tratto, latrando forte, e nel buio il cuore si sposterà: voi lo sapete che abbaiano da dietro i cancelli, ma è buio, potrebbero non avere la catena, oppure se anche questa ci fosse potrebbe rompersi, e quelli saltarvi addosso, e tutte e tre le volte il cuore vi balzerà nel petto.
U. USATO
Da qui partiamo. Dalla constatazione che il mondo è usato. Usato fino alla nausea. La polis è usata, abusata, UBUSATA, infetta, divorata da eterni mascalzoni, dai salsicciai derisi ieri da Aristofane fino ai televenditori di oggi. La polis-mondo è vecchia in maniera disgustosa, e come lei sono vecchi quegli edifici di inutilità pubblica che passano sotto il nome di teatri. La nausea per il mondo è naturale nelladolescente, la guida adulta la reimpara (se lha dimenticata), è un sentimento furente, che chiede giustizia contro una polis-mondo che falcia i passeri.
V. VELOCITA
La guida sa che il tempo a disposizione nella non-scuola è limitato e poco: deve partire dalla consapevolezza che la sua è una partita a scacchi con il cronometro. Occorre giocare le mosse in velocità. Avere poco tempo per realizzare le proprie decisioni è unutile gabbia per la fantasia. Quello è il tempo, e non ne hai di più!
Z. ZUCCA
Il giocare porta infine alla partita. Alla partita con il pubblico, allo stesso tempo avversario e amante, turbolento come nellAtene del V secolo. Ogni gruppo della non-scuola conclude il proprio lavoro con lo spettacolo, una serata unica: il Rasi, lantica chiesa delle Clarisse, poi cavallerizza nellOttocento, infine teatro da poco più di un secolo, si riempie per la “prima” e “ultima”, non si danno repliche, è un rito di iniziazione. Tremore, terrore, erompere della contentezza. I 400 adolescenti che ogni anno salgono sul palco, i 5000 che ogni anno, provenienti da tutte le scuole medie superiori della città, arrivano per applaudire, chiamar per nome, sbeffeggiare, osannare i propri compagni, rappresentano tutti insieme lenergia della polis (i “poli”, i “molti”) che irrompe in teatro. È una presenza sporca, volgare, è “volgo” che invade finalmente il tempio, dentro e fuori la scena.
Limmagine più appropriata con la quale licenziare il Noboalfabeto è la zucca. Alla fine dello smisurato poema rinascimentale di Teofilo Folengo, Baldus e i suoi compagni, giovani briganti inseguiti dagli sbirri e scappati dal villaggio di Cipada, un paesino “citra Padum”, cioè “oltre il Po”, arrivano allinferno e lì trovano unenorme zucca, secca e svuotata dallinterno, “che quando era ancora tenera e mangiabile, sarebbe servita senzaltro a far la minestra a tutto il mondo”, annota lautore. È la zucca dei bugiardi, dei poeti, dei cantori e degli astrologhi, di coloro che cantano e interpretano i sogni della gente e riempiono i loro libri di favole e cose vane. Lì sono puniti: per quante bugie hanno detto in vita, i diavoli strappano loro altrettanti denti. E quanti più ne vengono strappati, più nuovamente ne nascono. A quel punto, Folengo interrompe il poema: “zucca mihi patria est”, questa è la mia patria, Baldus e compagni vadano pure in giro per linferno a sconfiggere i diavoli, io mi fermo qui.
La zucca è la lubricità del teatro, la munificenza delle menzogne che fanno nuovo il mondo, qui, nella mia zucca dasino.
Egina, Campiano, Ravenna, agosto 2001
Marco_Martinelli_e_Ermanna_Montanari
2004-01-04T00:00:00
Tag: Marco Martinelli (21), Ravenna Teatro (21), Teatro delle Albe (29), teatro sociale e di comunità (97)
Scrivi un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.