Un paio di ingenue provocazioni su teatro e web

L'interazione tra scena e internet

Pubblicato il 02/06/2001 / di / ateatro n. 012

L’interazione creativa tra teatro e internet è un tema affascinante, una sfida per gli artisti e per chi riflette sull’arte e sulla comunicazione. Quando un nuovo medium emerge e si impone, in genere succedono alcune cose:

1. il nuovo medium tende a cannibalizzare quelli che lo precedono (il cinema ha cannibalizzato il teatro, la televisione il cinema, e adesso internet sembra destinato a cannibalizzare la televisione);

2. alcuni artisti e operatori dei medium più “antichi” iniziano a sperimentare su quello nuovo: portano la loro esperienza ma anche le loro curiosità, in uno stadio di sviluppo embrionale. E qui si apre un’altra questione: che cosa succede di queste sperimentazioni? Nella loro ingenuità rispetto all’uso del nuovo mezzo hanno un reale valore estetico e/o una reale efficacia nei confronti del pubblico? La funzione critica esercitata nei confronti dei nuovi media ha una reale efficacia? Quando il medium si “assesta” (e l’industria culturale tende a chiudere gli spazi di ricerca), che ne è di quelle esperienze?

3. i vecchi media tendono a ridefinire il proprio specifico, in relazione al nuovo (l’esempio più banale è la reinvenzione della pittura dopo l’apparizione della fotografia alla fine dell’Ottocento).

In questo scenario, provo a lanciare un paio di domande ingenue e provocatorie. Riprendono alcune suggestioni dai testi ripresi qui sopra (e dalle esperienze cui si riferiscono), per cercare di capire se può esistere uno “specifico in questo incrocio di media.

1. Il ring

Come si può fare teatro (o live cinema, o comunque lo si voglia chiamare) su internet senza fare del cattivo (e povero) teatro in televisione? Insomma, che cosa si può fare in questo ambito, aldilà dell’uso di una o più webcam per riprendere un evento teatrale live? Fermi restando alcuni elementi – alcune banalità di base che possono servire a delimitare il ring.
– il “qui e ora” di internet è diverso da quello del teatro: perché il “qui” è ovunque (e dunque in nessun luogo?); internet può raccogliere una comunità (anche se è diversa da quella che si crea, automaticamente, quasi magicamente, a qualsiasi replica di qualsiasi spettacolo teatrale), perché è una frammentata in un “qui” ubiquo;
– la webcam e internet costano relativamente poco (meglio, possono costare poco) e dunque sono un mezzo assai democratico e popolare, sia per i creatori sia per gli utenti; questo potrebbe aprire uno scenario ingenuamente utopico, per tutti quelli che pensano che l’arte debba essere democratica e che finora non lo sia stata a causa di strettoie nella distribuzione (“Che bello! Da casa potrò vedermi tutti gli spettacoli più belli del mondo!”; e ancor meglio: “Che bello! Tutti potranno vedere il nostro capolavoro, anche in Alaska!”); ma in generale internet permette un uso “ricco” e creativo di tecnologie povere (come prova anche questo sito, nel suo piccolo) e dunque promette possibilità straordinarie;
– per quanto riguarda il punto di vista, internet offre una gamma di opzioni assai più ampia, per esempio, di cinema e televisione (lo spettatore può scegliere il punto di vista: non è una scelta infinita – come in una performance itinerante – ma il web può offrire molteplici opzioni: le diverse webcam, gli zoom…); di più, nella sua valenza di grande archivio (di testi, suoni, immagini) e nella sua specifica natura di ipertesto, internet consente di far scorrere e interagire con relativa facilità materiali e addirittura media diversi (live o preregistrati), lasciando all’internauta la possibilità di scegliere e assemblare il loro flusso (ma chi gestisce il tempo? il creatore o l’utente? quando sono rigidi i blocchi?);
– (al limite, l’internauta diventa un bricoleur che assembla dal flusso della rete gli elementi proprio show, e il creatore un e-jay che apparecchia materiali; circola tutta un’etica del bricolage, qui sopra e qui sotto, a cui sono personalmente affezionato: a suo tempo avevo cercato di leggere in questa chiave (Lévi-Strauss, grazie…) le performance degli anni Settanta e Ottanta, ne resta traccia in un vecchio Patalogo…),
– internet, lo dice la parola stessa, è interattiva (come il teatro, a differenza del cinema e moooolto più della televisione); ma nel momento in cui permette e addirittura sollecita una forte (sempre più forte) interazione, l’esito di un evento web non può essere predeterminato, ma si apre all’universo della possibilità (a differenza di quel che accade in genere a teatro, dove qualcuno “sa” come finisce la storia di Edipo);
– internet è una tecnologia (come cinema e televisione, a differenza del teatro che può vivere – almeno in teoria – solo dell’incontro tra due esseri umani); e per di più una tecnologia abbastanza invadente (basti pensare a come ci sediamo davanti a monitor e tastiera, a come guardiamo: una postura più simile a quella del lavoro che a quella dello “svago”):
è una rigidità che ci colonizza; ma, come ha detto qualcuno, la tecnologia è ciò di cui ci rendiamo conto – poi, abbastanza in fretta, con l’avvicendarsi delle generazioni l’elemento estraneo diventa parte del paesaggio “naturale”, come oggi le automobili o la radio; (forse internet è ancora umana” perché funziona male”, perché ama ancora il caso…).

2. Ma che c’entra Il grande fratello?
Al di là del risultato estetico, Il grande fratello (non il talk show condotto da Daria Bignardi, ovviamente, ma la sua versione per il web) può essere un esempio di webtheatre? (Perché sì? Perché no?)
Tenendo presente che non si tratta di un’operazione rozza, ma di una operazione assai colta e consapevole (consapevolmente bastarda, aggiungerà qualcuno), che utilizza vari elementi e tecniche che teatranti e performer ben conoscono.
Infatti non è difficile ritrovare precedenti delle “regole” e della prassi del Grande fratello in esperienze artistiche recenti: restare chiuso per giorni in uno spazio delimitato – con o senza coyote (insomma, la delimitazione di uno spazio-tempo e la sua distorsione); interagire a lungo con un gruppo molto ristretto di persone; l’esibizione-ostentazione della privacy in uno spazio pubblico che porta a ridefinire il rapporto tra pubblico e privato; ma poi, andando più indietro, la creazione di ruoli; l'”effetto-verità” (quando in uno spazio fittizio viene fatta irrompere la realtà); gli “a parte” nel confessionale…

Oliviero_Ponte_di_Pino

2001-06-02T00:00:00




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