#duettocritico | Il teatro multisensoriale di #suqgenova
Un riflessione sul festival genovese
Il Suq è un’esperienza che parla al cuore e alla mente. Prima che un progetto culturale e politico, quello ideato da Valentina Arcuri e Carla Peirolero è un teatro della percezione che riattiva i cinque sensi a cominciare dall’olfatto, con gli aromi delle cucine, ma anche saponi e spezie, e dal tatto, con la dura lucentezza delle pietre e la morbida sensualità dei tessuti. Poi naturalmente il gusto, con la panoramica dei sapori, dal couscous dal Senegal al riso persiano, dallo zighinì eritreo ai curry indiani. La prospettiva si fa ravvicinata, e nel labirinto del Suq lo sguardo si disperde in mille scorci, senza punti di fuga. È un invito al contatto, all’incontro, al dialogo, sulle piccole e sulle grandi cose della vita. Lo spazio è invaso dai suoni e dai ritmi delle band che si alternano sul palco, per accordarsi a un unico respiro. È un’emozione perdersi in questa folla. Bastano pochi passi e l’Io si perde nel Noi, diventa parte di un gruppo. Con un dispositivo in apparenza semplice, che però si basa su una complessa simbologia, il Suq crea una comunità nella quale ci si sente al tempo stesso in un mondo diverso e a casa propria.
Il mercato dei paesi lontani, dai bracciali decorati in Vietnam ai tessuti indiani, dal sapone di Aleppo alle ceramiche marocchine, trova dimora nella grande Piazza delle Feste progettata da Renzo Piano nel 1992, uno dei fulcri simbolici del progetto di riqualificazione del Porto Antico di Genova.
Sotto le bianche vele disegnate dall’archistar genovese si affastellano decine di botteghe, che vendono prodotti locali ma anche cibi che arrivano da ogni angolo del mondo. Lo spazio è fitto di colori e profumi, che invadono ogni centimetro. È una scenografia in cui ogni negozio diventa un piccolo teatro e sospinge i visitatori lungo i viottoli che portano verso il cuore di questa effimera capitale dell’utopia. La piazza è la vera Mecca del festival: accoglie dibattiti, spettacoli, concerti e intrattenimento per bambini. L’edizione 2017, sul tema “Il viaggio e la sosta”, ha occupato le due settimane centrali di giugno, dal 15 al 25, focalizzando l’attenzione su temi insieme di attualità e di ampio respiro, dalla questione dei migranti a quella dello ius soli, dalla condizione femminile alle opportunità offerte dalle seconde generazioni.
Nella piazza al centro del Suq, nel piazzale antistante e sull’Isola della Chiatte, oltre l’Acquario di Genova nel cuore del porto, si alternano gli spettacoli, dalle esibizioni un po’ caserecce di danza del ventre a progetti più articolati: il Teatro Utile di Tiziana Bergamaschi e Olivier Elouti, che racconta con ironia lo spaesamento metropolitano, un evergreen come La leggenda del pianista sull’oceano di Baricco, protagonista Igor Chierici con un terzetto swing, o La giovine Italia, ovvero lo sguardo delle donne sul nostro paese. O, ancora, Nonostante voi, i racconti-reportage di Livia Grossi su tre figure esemplari di donne, una “vergine giurata” albanese, una donna imprigionata perché considerata terrorista, e una madre senegalese in lotta contro l’infibulazione che le ha portato via due figlie bambine. Il 30 giugno il Suq si chiude con un evento straordinario, ai Balzi Rossi di Ventimiglia, poco lontano dal confine italo-francese: Pippo Delbono, a partire da un’idea di Carla Peirolero, legge Il lungo viaggio, dal racconto di Leonardo Sciascia.
Appena fuori dalle vele, il festival dialoga con la città. Il ritmo dei bonghi, le donne che ti chiamano per decorarti i capelli con treccine colorate, un anziano che lavora la terracotta intorno alla verde Tenda della Sosta, con i bassi tavolini maghrebini intorno ai quali ci si siede per cenare. Oltre la piazza, via San Luca e via Prè, e poi i carrugi della città vecchia: il Suq è specchio di una realtà articolata in un territorio in costante cambiamento. Ne registra l’umore e lo mette in scena, spettacolarizzando prima di tutto il quotidiano e l’aspetto mercantile, pratico e pragmatico della cultura di ogni popolo, perché anche il commercio, come la cultura, è scambio.
Arrivato alla XVIII edizione, il festival continua a crescere: quest’anno si sono contate 70.000 presenze, con un giro d’affari significativo. È diventato un punto di riferimento a livello europeo per chi si occupa di interculturalismo. Il report The Role of Public Arts and Cultural Institutions in Promotion of Cultural Diversity and Intercultural Dialogue (http://ec.europa.eu/assets/eac/culture/library/reports/201405-omc-diversity-dialogue_en.pdf), redatto da un gruppo di esperti negli ambiti culturale e artistico degli stati membri della Comunità Europea, inserisce Suq tra i venti progetti europei più interessanti: coniuga attività commerciali e culturali, allargando il concetto di cultura alle tradizioni culinarie e all’artigianato. Accresce le possibilità d’accesso agli eventi culturali: la folla attratta dal mercatino ascolta la musica o lo spettacolo, amplificato in tutto il tendone, e magari si avvicina incuriosita a vedere cosa succede; l’attività commerciale consente la sostenibilità economica del progetto, sostenuto anche dal Comune di Genova (in minima parte) e da alcuni sponsor privati.
Suq è un esperimento di successo, che oggi ha senz’altro possibilità di crescita. In primo luogo aumentando la capienza. Uno spazio più grande consentirebbe un maggiore numero di botteghe e la possibilità di più eventi culturali in simultanea, con un’offerta più articolata al pubblico (ma anche la necessità di abbandonare un luogo simbolo come il Porto Antico). L’altra alternativa potrebbe essere la replica del modello in altre città: il primo tentativo, nell’autunno 2015 a Milano, presso la Fabbrica del Vapore, in concomitanza con Expo (e con il sostegno di Fondazione Cariplo), ha avuto buon esito, con il modello rivisto per l’occasione: molte botteghe sono state sostituite da un unico fornitore (Olinda-Jodok) che ha proposto una serie di piatti etnici reinterpretati, ma i numerosi spettacoli ed eventi culturali hanno coinvolto un pubblico numeroso e curioso.
Fondamentale però è salvaguardare l’equilibrio tra la parte artistica e quella commerciale: Suq non è e non deve diventare un Eataly globale, colorato in stile Benetton, ma deve mantenere la propria vocazione alternativa e autenticamente solidale.
Il Suq, che piaceva molto a don Gallo, non si nutre solo dell’attualità o dei grandi drammi del nostro presente: riflette la realtà circostante, la città multietnica, e al tempo stesso la reinventa e la trasforma in un possibile modello, ampliabile e replicabile, capace di dare lavoro e opportunità a molte persone. Che sia un modello vincente lo hanno capito in molti, dai finanziatori privati al MiBACT, dalla Comunità Europea alle Fondazioni bancarie. Meno attenti finora gli enti locali. Vedremo se il cambio di giunta farà aprire gli occhi su una realtà che è ormai punto di riferimento, non solo per Genova.
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