Il teatro è avere coraggio di dire la verità
Una intervista con Agata Tomsic e Davide Sacco di ErosAntEros
“Chi ai nostri giorni voglia combattere la menzogna e l’ignoranza e scrivere la verità, deve superare almeno cinque difficoltà. Deve avere il coraggio di scrivere la verità, benché essa venga ovunque soffocata; l’accortezza di riconoscerla, benché venga ovunque travisata; l‘arte di renderla maneggevole come un’arma; l’avvedutezza di saper scegliere coloro nelle cui mani essa diventa efficace; l’astuzia di divulgarla fra questi ultimi. Tali difficoltà sono grandi per coloro che scrivono sotto il fascismo, ma esistono anche per coloro che sono stati cacciati o sono fuggiti, anzi addirittura per coloro che scrivono nei paesi della libertà borghese”.
(Bertolt Brecht, Prologo a Cinque difficoltà per chi scrive la verità, 1934)
Conosco le produzioni di ErosAntEros da tempo per interessi comuni relativi al metodo di “montaggio per immagini” ideato dallo storico dell’arte e della cultura Aby Warburg per la costruzione del suo Atlante Mnemosyne; metodo che la compagnia di Ravenna declina nel contesto teatrale con modalità e intenti ancora tutti da sviscerare. Ho assistito però per la prima volta a una loro performance solo nel luglio 2013 negli spazi suggestivi di Forte Marghera poco fuori Venezia in occasione di Schiume Festival, si trattava di TraScendere – Concerto sintetico per figure espressive. Agata Tomsic e Davide Sacco, dalla cui unione – nella vita e nell’arte – nasce la compagnia, accoglievano il pubblico attorno a un tavolo alle cui estremità erano seduti anch’essi, avvolti da tute che, coprendoli totalmente, ne trasfiguravano i connotati. La massima vicinanza fisica tra performer e pubblico si rovesciava nella massima distanza rispetto a due entità avvertite come assolutamente aliene. E la relazione si consumava in un’ atmosfera ovattata di suoni sintetici e luci generati dai movimenti dei performer in dialogo con un computer attraverso dei sensori applicati sulle braccia. Lo scorso 1 giugno, al CISIM di Lido Adriano a Ravenna – un bello spazio da qualche anno restituito alla cittadinanza – ErosAntEros hanno presentato in anteprima un lavoro molto differente, una lettura-concerto su testo di Bertolt Brecht: Sulla difficoltà di dire la verità, e in questa occasione, per la prima volta, ho avuto occasione di conoscerli personalmente. Il testo, la voce e il suono sono l’essenza elementare di questo lavoro, la fisicità di Agata Tomsic, da sola in scena a restituire le parole di Brecht, è materica, semplice e immediata e si offre al pubblico con la complicità di uno sguardo diretto e penetrante. Le parole sono macigni, sono pugni o lame affilate che la sapienza del suono del live electronics diretto da Davide Sacco ha il pregio di rendere con l’effetto della violenza di veri e propri fendenti, che tagliano l’aria e affondano nella coscienza civica di chi assiste.
Da cosa nasce la scelta di lavorare sul testo di Brecht? Come è stato impostato il lavoro? Perché avete adottato una modalità così diversa di stare in scena rispetto ai precedenti lavori?
Nel 2012 abbiamo intrapreso un progetto sul rapporto tra artista e società che ci ha portati verso un nuovo lavoro: Come le lucciole in cui ci siamo confrontati con testi di vari autori che con la propria vita e arte rispondevano alla domanda sul nostro fare sollecitata proprio da questo nostro nuovo impegno. Presto abbiamo incontrato la figura di Bertolt Brecht e con essa le sue poesie e i suoi scritti, che subito ci hanno colpiti per la loro concretezza e forza d’azione. Tanto da farci decidere di declinare un suo testo, Cinque difficoltà per chi scrive la verità, assieme ad alcune sue poesie legate allo stesso tema, in una forma autonoma. Siamo stati talmente infiammati da quelle parole da desiderare di regalar loro una forma per diffonderle tra i più (anche perché l’edizione italiana del testo è fuori stampa da diversi anni). La scelta di farlo attraverso una lettura-concerto nasce dal desiderio di concentrarci sul piano sonoro-vocale della performance in una forma semplice dal punto di vista scenico e drammaturgico; una modalità che è maturata in noi durante gli esperimenti a partire dai testi di Artaud, Pirandello, Tarkovskij e Didi-Huberman, tutti autori che hanno accompagnato le prove di Come le lucciole.
Sulla difficoltà di dire la verità. Lettura-concerto da Bertolt Brecht è quindi un connubio di due spinte creative: da un lato il desiderio di condividere un testo a cui si da adesione, dall’altro la volontà di esplorare le proprie possibilità vocali e musicali, mettendo alla prova l’interazione dal vivo della voce di Agata e del live electronics di Davide.
Per noi è una forma completamente nuova, attraverso cui, ancora una volta, mettere alla prova la nostra poetica, da sempre caratterizzata dal mutamento e dalla ricerca di nuove forme con cui confrontarci. Un processo di apertura e avvicinamento al pubblico iniziato già con lo spettacolo precedente, in cui per la prima volta portavamo un testo dal vivo (nei precedenti lavori i testi erano sempre stati registrati e riprodotti), e, allo stesso tempo, di svelamento della nostra corporeità agli occhi del pubblico. Infatti, in Come le lucciole compariamo per la prima volta come figure umane esposte nella loro interezza alla luce: non ci nascondiamo più dietro filtri che celano la nostra umanità e, nell’ultimo lavoro su Brecht, neppure dietro effetti scenici o luminosi. Soltanto un leggio, un’asta con microfono a filo, una divisa, un libro e una borraccia accompagnano Agata sulla scena di Sulla difficoltà di dire la verità. E tutto il lavoro vocale, musicale e luminoso mira, assieme alle proiezioni dei titoli dei capitoli del saggio e delle poesie, a trasmettere il testo in modo tale che rimanga impresso nella memoria di chi lo ode.
È la situazione politico-sociale in cui viviamo a chiederci questo cambiamento. Il movimento di rivolgimento verso l’altro che stiamo attuando non è che un modo di reagire a questa situazione. E la scelta di avvicinarci proprio ora a Brecht non è casuale. Ci siamo proposti di operare col testo secondo quel procedimento che Walter Benjamin chiamava citazione: l’espiantare un segmento del passato carico di adesso (che costituiva una risposta alla situazione politica dell’oggi) per innestarlo nel presente. Tale processo partecipava, secondo il filosofo, alla lotta a favore del passato oppresso, in quanto offriva a quel passato una nuova possibilità di realizzarsi storicamente. Noi, che troviamo il saggio di Brecht particolarmente attuale ed efficace per prendere coscienza del nostro presente, vogliamo provare, mediante le nostre possibilità espressive, a ri-attualizzare quel testo, poiché siamo convinti che esso possa essere utile per modificare il nostro futuro.
Si tratta di un movimento che opera nella nostra poetica uno scarto fondamentale: modifica radicalmente il tipo di rapporto con il pubblico che contraddistingueva i nostri lavori precedenti. Ci pone di fronte a un nuovo modo di concepire il nostro ruolo all’interno della società, che trasforma il gesto artistico in atto politico, rivolgendolo tutto verso l’altro. Una performatività per noi nuova che si avvicina al pubblico e che si vuole aprire a nuovi pubblici: infatti, per veicolare il messaggio di Brecht a quante più persone, abbiamo ridotto l’attrezzatura e i tempi di allestimento all’osso, in modo da raggiungere anche coloro che stanno al di fuori dei circuiti teatrali convenzionali. Stiamo iniziando una lotta a favore di un testo in cui crediamo, seguendo la convinzione che il libro è un’ arma (Brecht) e che l’arte deve avere la forza di proiettarsi contro l’osservatore come un proiettile (Benjamin).
Per quel che riguarda invece l’immediato futuro: stiamo progettando una residenza presso il Nordisk Teaterlaboratorium il prossimo ottobre, dove vogliamo approfittare della vicinanza dell’Odin Teatret – compagnia a prima vista lontana dalla nostra poetica, ma in realtà, per molti versi, estremamente vicina –, per rimettere mano alla lettura-concerto da Brecht che abbiamo creato e ripresentarla al pubblico in seguito a questa esperienza.
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