ateatro
n. 23 - 10 novembre
2001
a cura di Oliviero
Ponte di Pino
Come certo sapete,
la situazione al vertice del Teatro di Roma sta cambiando. E' stato nominato
il nuovo cda e si parla con insistenza della nomina di Giorgio Albertazzi
a direttore. Anzi, sul suo nome si sono subito scatenate feroci polemiche,
di cui potete trovar traccia nel mitico forum Teatro
di guerra.Ci potete leggere, tra l'altro, brani degli interventi di
Gianfranco Capitta sul "manifesto" e di Paolo Mieli sul "Corriere della
Sera" (e se proprio volete tutta la storia dall'inizio, sul sito si ripercorrre
tutto il "caso Martone").
Come la penso
io, potete facilmente immaginarlo. A giudicare da quello che ha fatto sulle
scene negli ultimi decenni, e da quello che ha detto del teatro italiano
(e in particolare del teatro pubblico) in dichiarazioni e interviste che
i grandi giornali italiani hanno sempre pubblicato con grande enfasi, Giorgio
Albertazzi non mi sembra certo la persona più adatta a dirigere
il teatro stabile della capitale.
Dal punto di vista
culturale, è una svolta semplicemente regressiva. Non è neppure
una scelta conservatrice, cioè un ritorno al teatro di regia vecchia
maniera, che è alla base del teatro pubblico italiano. In rapporto
all'evoluzione delle nostre scene, quella di Albertazzi rappresenta una
scelta reazionaria, alla ricerca di qualcosa che non esiste più
da tempo: il fantasma del grande attore all'italiana. Albertazzi aveva
cercato negli anni Sessanta di incarnare la sua versione moderna, facendosi
carico di inquietudini, nevrosi, curiosità culturali che il grande
attore all'antica non poteva avere. E tuttavia questa ricerca, mi pare,
si è progressivamente isterilita: per narcisismo, per fragilità
delle basi del progetto culturale, per presunzione, forse. (Basta fare
un parallelo con Carmelo Bene da un lato e Gassman dall'altro, o ancora
Umberto Orsini, a paragone di quel che ha fatto Albertazzi.) In questo,
le scelte e gli atti giovanili non c'entrano nulla. O meglio, c'entra l'egocentrica
superficialità con cui decenni più tardi ne ha parlato l'interessato.
A rendere ancora
più triste la situazione, la scelta di Albertazzi nasce dal più
squallido compromesso lottizzatorio: il cda alla sinistra, la direzione
alla destra. Se la sinistra e la destra avessero un qualche progetto culturale,
il futuro del Teatro di Roma sarebbe già segnato: una schizofrenia
nelle scelte e nella programmazione, e in breve la paralisi. Siccome siamo
in Italia, ce la caveremo con qualche ulteriore lottizzazione (con le varie
sedi del Teatro di Roma che verrano ridotte a ghetti più o meno
ricchi e dorati) e una pioggia di prebende calmieratrici.
Ma sono un inguaribile
pessimista: se vedete prospettive più rosee, ditelo al forum Teatro
di guerra.
olivieropdp
INDICE
Les
"mèmes"du Momo
appunti sulla
diffusione delle idee di Artaud sul teatro
di Oliviero Ponte
di Pino
Il
segreto di Peter
I fili del
tempo, l'autobiografia del grande regista inglese
di Oliviero Ponte
di Pino
I-TIGI
Il canto per
Ustica di Marco Paolini
di Oliviero Ponte
di Pino
Netmage
2002
Info & programma
COMUNICAZIONI DI SERVIZIO
Per i miei fans (ce ne sono?) sabato 17 novembre, alle 14, su Radiotre, conduco il glorioso Grammelot (programma di Patrizia Todaro a cura di Elio Sabella, che guida in redazione Nicola Pedone e Stefania Fioravanti) dallo studio di corso Sempione (Milano) con Gaia Varon. La redazione non vede l'ora di essere seppellita da mail grammelot-spettacoli@rai.it, fax e telefonate (02-34531140).
A Milano, lunedì 26 novembre, Teatro Grassi di via Rovello, ore 18.00, i PREMI UBU e la presentazione del nuovo Patalogo.
A Trieste
mercoledì 21 novembre, ore 21, alla Sala Tripcovich, in occasione
della riunione dei Capi di Governo di Iniziativa Centro Europea unica eccezionale
replica dei Microdrammi 1991-2001 Dieci
anni d'Europa (già visti al Mittelfest
di Cividale a luglio). Testi di Ismail Kadaré (Albania), George
Tabori (Austria), Aleksey Dudarev (Bielorussia), Almir Imsirevic (Bosnia-Erzegovina),
Elin Rahnev (Bulgaria), Vaclav Havel (Rep. Ceca), Slobodan Snajder (Croazia),
Edoardo Erba e Claudio Magris (Italia), Zanina Mircevska (Macedonia), Dumitru
Crudu (Moldova), Artur Grabowski (Polonia), Mircea Cartarescu (Romania),
Viliam Klimacek (Slovacchia), Matjaz Berger (Slovenia), Yaroslav Stelmakh
(Ucraina), Arpad Gönc e Peter Esterhazy (Ungheria), Biljana Sbrljanovic
(Yugoslavia) e Lorenzo Vignando (Italia-Friuli).
Puoi
leggere il programma completo e alcuni dei testi (compreso quello di Claudio
Magris) in "ateatro 15".
Ma se li vuoi leggere proprio tutti, i Microdrammi
sono pubblicati nelle lingue originali e in traduzione inglese e italiana
da Franco Angeli.
Sempre
a proposito di Mittelfest, è uscito anche Scene
dell’altra Europa di Roberto
Canziani: dieci anni di teatro, con un inedito atlante sullo spettacolo
nei paesi dell’Europa centro–orientale durante gli anni Novanta. Per ulteriori
info sulla disponibilità del volume, rivolgetevi a Mittelfest.
Per i cultori di Eleonora Duse, da non perdere la mostra alla Fondazione Cini di Venezia (San Giorgio) aperta fino al 6 gennaio 2002.
"neolinguaggi arte e creatività digitale" al Museo Pecci di Prato, da lunedì 19 ore 21 (ingresso libero). Partecipano a questa serie di incontri bruno corà, luca farulli, carlo infante, davide venturini, giancarlo cauteruccio, michele sambin, cristina cilli, antonio caronia.
Imperdibile: Chi non legge questo libro è un . I misteri della stupidità attraverso 565 citazioni, Garzanti, Milano, 1999. |
Les
"mémes" du Mômo
(appunti
sulla diffusione delle idee di Artaud sul teatro)
di
Oliviero Ponte di Pino
AVVERTENZA: questo è una prima provvisoria versione di un work in progress, è dunque aperto a segnalazioni, correzioni, integrazioni sia da parte mia sia da parte di tutti voi. Vi sarò dunque grato di qualunque suggerimento o contributo.
"T171" ovvero il numero dell'autunno 2001 di "The Drama Review" ha pubblicato il saggio di Nicola Savarese su Artaud spettatore della serata di danze balinesi all'Esposizione Coloniale del 1931 a Parigi (lo spettacolo è stato tra l'altro ricostruito in una delle recenti edizioni del Festival d'Automne).
A proposito di Artaud e della sua fortuna, questa è la prima stesura di un saggio di storia delle idee (si dice così?) che non finirò mai (perché da solo non ce la farò mai). Sono alcuni appunti, buttati già in gran fretta un paio d'anni fa, solo una traccia di un lavoro che dovrebbe essere molto più serio. Se qualcuno ha qualche tassello da aggiungere a queste noterelle, qualche correzione-precisazione, gliene sarò assai grato (e inserirò).
Se devo pensare al "libro che ha cambiato la mia vita", la risposta più sincera è probabilmente Il teatro e il suo doppio di Antonin Artaud, pubblicato nella Piccola Biblioteca Einaudi nel 1968. Mi interessava già il teatro, frequentavo con un paio di compagni di classe, Carlo e soprattutto Sandro, il Teatro Uomo (allora in corso Manusardi) e il Teatro Officina (allora in viale Monza). Quel libro l’ho letto, probabilmente su consiglio di Renata Molinari, e sottolineato durante qualche mattinata di lezione, al liceo. (Non sottolineo mai i libri: di solito piego l’angolino della pagina dove si trova il passo che mi colpisce.) Siamo dunque nella prima metà degli anni Settanta, il "finito di stampare" di quella edizione porta la data 16 settembre 1972.
La lettura fu un’esperienza sconvolgente, che irreversibile rese il mio contagio teatrale: fu più convincente degli spettacoli che avevo visto fino ad allora, e mi permise di giudicare quelli che vedevo (o dei quali leggevo le descrizioni) in base a un ideale di teatro che mi si presentava con assoluta chiarezza. Del testo di Artaud mi colpirono confusamente alcuni aspetti: in primo luogo l’enfasi sul corpo come campo di forze (e dunque un ancoraggio materialista) mentre però queste forze riflettono forze misteriose e in qualche misura ineffabili ma percepibili (e dunque una linea di fuga trascendente). Sulla coincidenza di questi due aspetti, mi pareva, si fondava quella fede profetica (dato che gli spettacoli di Artaud si erano rivelati assolutamente inadeguati al suo progetto) nell’efficacia della comunicazione teatrale, con l’attore all’incrocio tra la materialità della carne, l’inadeguatezza del linguaggio rispetto al pensiero, la capacità di cogliere i segni del mondo (e magari anche della storia), per farsi artefice, cavia e modello di una sorta di Rivoluzione spirituale – la peste.
Quelle pagine mi infiammarono, determinando molte delle mie scelte successive. Senza quella lettura in quel momento della mia vita sarei diventato una persona molto diversa. Oltre alla mia, credo che quei forsennati manifesti abbiano suscitato molte altre vocazioni teatrali. Inoltre, come stavo scoprendo, quei manifesti avevano cambiato la storia del teatro: le esperienze che più mi affascinavano, quelle che avrei seguito con maggior interesse, senza Artaud sarebbero semplicemente impensabili. E questo lo sanno (e lo sapevano) tutti.
Più di recente, però, mi è venuta la curiosità di ricostruire con maggiori dettagli la storia di questa influenza, di questa peste. Secondo alcuni teorici, il pensiero avrebbe delle unità minime e indivisibili (i "memi"), che si trasmettono da un essere umano all’altro (o agli altri, visto che spesso la comunicazione è collettiva). Il pensiero di Artaud è certamente ricchissimo di "memi" (che non sempre soddisfano, nel loro insieme, il principio di non contraddizione). Ma il suo era anche il pensiero un uomo dichiarato folle, dimenticato in manicomio, affamato, torturato con elettroshock. Aveva solo pochi amici, tanto fedeli quanto ostinati. Nel giro di pochi anni, è diventato un pensiero enormemente attivo nei campi del teatro, della letteratura e delle arti visive. Quella che segue è una frettolosa (e parziale) cronologia, per offrire i primi punti di riferimento a una ricostruzione più completa e filologicamente più attendibile dell’effettivo sviluppo dell’influsso visibile di Artaud (o meglio, del Teatro e il suo doppio) sul teatro.
1937, settembre: Artaud viene internato in un ospedale psichiatrico, con motivazioni che non verranno mai del tutto chiarite. Ritroverà la libertà solo nove anni dopo.
1938, 7 febbraio: Gallimard stampa, con una tiratura di 400 copie, Le Théâtre et son Double; il libro passa praticamente inosservato, con una sola recensione, quella di Yanette Delétang-Tardif, su "Le Jour/L’Echo de Paris", 27 aprile 1938. Artaud è ovviamente conosciuto nell’ambiente teatrale parigino, dove conta numerosi amici.
1943 (Jean Genet): Olivier Larronde, giovane poeta amico di Jean Genet, è un appassionato lettore, tra gli altri, di Artaud – anche se Genet negherà sempre qualsiasi influenza di Artaud sul suo teatro, malgrado numerosi elementi di convergenza (cfr. White 1993, pp. 269-270, 310).
1944, 10 maggio: prima ristampa (1200 copie) di Le Théâtre et son Double.
1945, marzo: Henri Thomas pubblica sul n. 26 della rivista "Action" un testo su Le Théâtre et son Double; un altro testo dello stesso autore su Artaud viene pubblicato sul n. 1 dell’"Heure Nouvelle". Sono i primi testi su Artaud pubblicati dopo il 1938.
1945, settembre: Artaud è finalmente libero, scrive agli amici che lo vengano a prendere.
19 marzo 1946: lascia l’ospedale di Rodez. Il Grand Gala che saluta il suo ritorno a Parigi (16 luglio 1946, Théâtre Sarah Bernhardt, viene registrato dalla radio: intervengono Dullin, Jouvet, Cuny, Barrault, Blin, Vilar…). A Parigi, frequenterà tra gli altri Arthur Adamov, Jean-Louis Barrault, Roger Blin, André Gide, Tristan Tzara, Marthe Robert, Maria Casarès (interprete con Paule Thévenin e Roger Blin del suo Pour en finir avec le jugement de dieu, registrato e censurato dalla radio). Il suo nome riprende a circolare fuori dalla ristretta cerchia degli amici.
1946, luglio-agosto: si definisce il progetto di pubblicazione delle Oeuvres Complètes con l’editore Gaston Gallimard.
1947, 13 gennaio: è il giorno della celebre conferenza al Vieux Colombier, un evento che s’imprime nella memoria dei partecipanti; vedi le testimonianze di Gide (Feuillets d'automne, 1949), Audiberti, Jouhandeau e Jean-Paul Aron (Les Modernes, pp. 23-26)
1948, 4 marzo: Artaud viene trovato morto ai piedi del suo letto. Poco dopo, alcune riviste gli dedicano un numero speciale: "K", n. 1-2, giugno; "84", n. 5-6; "France-Asie", n. 30, settembre.
1949 (Allen Ginsberg): lo psichiatra Carl Solomon fa leggere a Allen Ginsberg (che diventerà amico e consigliere dei Beck), ricoverato in ospedale psichiatrico, alcuni testi di Artaud e Genet: prima, scriverà Ginsberg, mi consideravo un’anima sensibile, dopo – sotto il loro influsso – la mia visione della poesia si è fatta più dura, più violenza. (Edmund White, Jean Genet, Gallimard, Parigi, 1993, p. 502, ma anche Barry Miles, Ginsberg. A Biography, Harper Collins, 1989).
1949 (Jean Louis Barrault): nel suo Réflections sur le théâtre saluta Artaud come un maestro, dedicandogli un intero appassionato capitolo (Jean Louis Barrault, Riflessioni sul teatro, Sansoni, Firenze, 1954). Tornerà su Artaud anche nel successivo Souvenirs pur demain, 1972, pp. 102-106.
1952 (Andé Breton): in una serie di interviste radiofoniche (a cura di André Parinaud) rievoca i suoi rapporti con Artaud; ma sono numerose le trasmissioni a lui dedicate dalla radio francese negli anni Cinquanta, compresa la trasmissione per il decimo anniversario della sua morte, il 5 marzo 1958, su France 3.
1955: Maurice Nadeau, Histoire du surrealisme.
1956: inizia la pubblicazione delle Oeuvres Complètes presso Gallimard.
1956 (Maurice Blanchot): esce il saggio Artaud, "N.R.F.", novembre 1956 (ora in Le Livre a venir). Blanchot è il primo di un gruppo di autorevoli pensatori francesi che si confronta con la dimensione letteraria e filosofica dell’opera e dell’itinerario esistenziale di Artaud: dopo di lui (vedi infra) verranno tra gli altri Bosquet ("A. Artaud ou la vocation du délire", "Revue de Paris", marzo 1959), Derrida, Deleuze. E Foucault nella Storia della follia (o meglio, nell'appendice alle edizioni più recenti, riproducendo un testo originariamente pubblicato su "La Table ronde", maggio 1964, "La follia, l'assenza di opera"): "Artaud apparterrà alla base del nostro linguaggio" (p. 626).
1958, aprile (Living Theatre): "…a un altro [party] nell’appartamento di Anais Nïn, (…) M.C. Richards parlò a Julian [Beck] dell’importanza del Teatro e il suo doppio di Antonin Artaud, che aveva quasi finito di tradurre" (John Tytell, The Living Theatre. Art exile and outrage, Grove Press, New York, 1995, p. 146).
1958, maggio: numero dei "Cahiers de la Compagnie Renaud-Barrault", n. 22-23, dedicato a Antonin Artaud et le théâtre de notre temps (il materiale verrà ampliato e riproposto nel n. 69, I trim. 1969).
1958, agosto (Living Theatre): "In agosto, M.C. Richards lasciò le bozze della sua traduzione del Teatro e il suo doppio, e un mese dopo Paul Goodman diede a Julian la bozza della sua recensione del libro di Artaud che sarebbe uscita su "Nation". Julian rimase affascinato da Artaud, e riconobbe immediatamente l’utilità del suo approccio radicale al teatro" (Tylett, cit., pp. 148-149). "Le Théâtre et son Double apparve per la prima volta nel 1938. Fu ristampato nel 1948 [1944, n.d.r.]. La prima traduzione inglese, o si può dire americana, di M.C. Richards fu pubblicata nel 1958. Fu allora che lo scoprii. (…) Quando Judith Malina e io incontrammo per la prima volta la sua opera più importante sentimmo che avevamo improvvisamente trovato un compendio articolato di cose che pensavamo da molto tempo senza esserci accorti che costituivano una teoria. Fu un richiamo all’ordine che si manifestò nei proclami del I e II Manifesto del Teatro della Crudeltà" (Julian Beck, Theandric, 1992, pp. 238-239; l’appunto è datato "Stoccolma 9 agosto 1982")
1959: esce la prima importante monografia su Artaud, quella di Georges Charbonnier, Essai sur Antonin Artaud, Seghers, 1959 (per la seconda, Otto Hahn, Portrait d’Antonin Artaud, Le Soleil Noir, bisognerà aspettare il 1968).
1959, marzo (Alain Bosquet): Artaud ou la Vocation du délire, "Revue de Paris", pp. 96-104.
1959, dicembre: numero speciale della rivista "La Tour de Feu", n. 63-64: Antonin Artaud ou la santé del poètes. La rivista tornerà su Artaud nel 1961, n. 69, aprile; e nel 1971, n. 112, dicembre, con una ripresa dei nn. 63-64 e 69, arricchita da un’intervista di Jean-Louis Barrault.
1963 (Eugenio Barba e Jerzy Grotowski): "Non parlammo mai di Artaud. Io non lo conoscevo e forse neppure Grotowski. Ne sentii parlare per la prima volta da Raymonde Temkine che venne ad Opole nella Pasqua del 1963. La cosa è ancora più divertente dato che nel 1958-59 io avevo studiato letteratura francese all’Università di Oslo, specializzandomi in letteratura del Ventesimo secolo. Ma Artaud non era preso in considerazione come poeta e come scrittore e il suo mito scoppiò solo quando Gallimard tra il 1961 e il 1964 pubblicò i primi tre tomi delle sue Opere Complete con i suoi manifesti e testi sul teatro" (Eugenio Barba, La terra di cenere e diamanti. Il mio apprendistato in Polonia, Il Mulino, Bologna, 1998, p. 65); già nello stesso anno, tuttavia, dopo il congresso dell’ITI (Varsavia, 8-15 giugno 1963) verrà stesa una mozione in difesa di Grotowski e del suo teatro, definito "concretizzazione diretta delle idee di Craig, Mejerchol’d e Artaud (…) abbiamo visto queste teorie divenire realtà, quello che sembrava impossibile è avvenuto" (Barba, cit., p. 87). Grotowski era stato in Francia nel 1957, passando anche per Avignone, e vi era tornato due anni dopo, quando aveva incontrato tra l’altro Marcel Marceau (Kumiega 1985); forse aveva sentito parlare di Artaud in quelle occasioni, o perlomeno aveva potuto cogliere l’eco delle sue visioni.
1963: negli Stati Uniti "Tulane Drama Review", t. 22, inverno 1964.
1963 (Odette Aslan): L'Art du Théâtre (pp. 581-589).
1964, 12 gennaio (Peter Brook): debutta lo spettacolo-manifesto del Teatro della Crudeltà, che si apre con Le Jet de Sang di Artaud. "Charles Marowitz e io, col Royal Shakespeare Theatre, istituimmo un gruppo chiamato il Teatro della Crudeltà, (…) per cercare di imparare per noi stessi che cosa potesse essere un Teatro sacro. Il titolo ovviamente era un omaggio ad Artaud, ma non significa che noi stessimo cercando di ricostruire il teatro di Artaud" (Peter Brook, Il teatro e il suo spazio, Feltrinelli, Il teatro e il suo spazio, Feltrinelòli, Milano, 1968, p. 61). "Artaud messo in pratica è Artaud tradito" (ivi, p. 66). "Nel 1964 [probabilmente 1963, n.d.r.], quando costituimmo il nostro gruppo di ricerca teatrale al lambda di Londra, parecchio tempo prima della visita di Grotowski, il lavoro di gruppo ancora non era di moda. Ricordo bene che a un certo punto del nostro lavoro sui suoni, sulla voce, sui gesti e i movimenti, un amico mi disse: "Sono stato in Polonia di recente e ho incontrato una persona che sta facendo un lavoro sperimentale che t’interesserebbe molto". Certo che m’interessava: dovevo riuscire a sapere che cosa stava facendo Grotowski. Grotowski, a sua volta, mi raccontò che mentre lavorava su alcuni temi che lo interessavano, qualcuno gli disse: "Tutto il lavoro che fai si basa su Artaud!". A quell’epoca Grotowski non aveva la minima idea di chi fosse Artaud. E io neanche. Infatti, appena terminata la regia di uno spettacolo a New York [dalle teatrografie di Brook, risulta una regia a New York nel 1959, The Fighting Cock,, n.d.r.], mentre giravo Il signore delle mosche [uscito nel 1963, n.d.r.], una signora mi chiese di scrivere un breve articolo su Artaud per un piccolo giornale d’avanguardia [la TDR?] e m’invitò anche a tenere una conferenza e a rispondere ad alcune domande sull’influenza che Artaud aveva avuto su di me e sul mio lavoro in teatro. Ma, appunto, non avevo la più pallida idea di chi potesse essere Artaud, perché ero lontanissimo, come al solito, da qualsiasi riferimento teorico sul teatro. Il fatto che questa signora mi avesse scritto, non soltanto con passione ma anche con la ferma convinzione che io dovessi conoscere Artaud, mi fece riflettere. Un giorno andai in una libreria, vidi un libro di Antonin Artaud e lo comprai: fu così che cominciai a conoscerlo. Senza che io me ne fossi reso conto, per anni il terreno era stato preparato; ecco perché ero pronto a esserne toccato così in profondità" (Peter Brook, Il punto in movimento 1946-1987, Ubulibri, Milano, 1988, pp. 42-43). Nella sua autobiografia I fili del tempo (Feltrinelli, Milano, 2001): "Lo chiamammo "Teatro della Crudeltà". In omaggio ad Antonin Artaud. Sebbene non avessi mai nutrito particolare interesse per la teoria teatrale e sebbene riscontrasi che nelle concezioni artistiche di Artaud le indicazioni necessarie al lavoro pratico fossero pochissime, io e Marowitz ammiravamo l'intensità bruciante delle sue posizioni rispetto al teatro paludato del suo tempo".
1964: Le Théâtre et son Double, in edizione tascabile Gallimard.
1964, aprile: Tre testi sul teatro, "Il Verri", n. 14.
1964, autunno (Alberto Arbasino): ""Teatro della Crudeltà" è una definizione che si presta agli equivoci più iniqui, o a gaffes ridicole. Parecchi, intanto, lo confondono con una rappresentazione scenica di episodi di crudeltà fisica violenta e feroce, tipo Grand Guignol. Poi, il suo teorico più grande, il surrealista erratico Antonin Artaud, è specialmente conosciuto come Eretico Folle, proprio clinicamente folle, morto in manicomio, venti anni fa dopo aver "pagato di persona" più di chiunque altro, lasciandosi dietro un caos di foglietti a pezzi e d’intenzioni mai realizzate" (Alberto Arbasino, Grazie per le magnifiche rose, Feltrinelli, Milano, 1965, p. 311). In questo contesto, Arbasino cita Genet messo in scena da Blin, Carmelo Bene, Peter Brook e le sue regie dei Paravents e del Marat-Sade.
1965, gennaio: intervista di Jean-Pierre Faye a Roger Blin: "Artaud vu par Blin", "Les Lettres Françaises", 21 gennaio 1965.
1965, giugno: 8 lettere in "Sipario", n. 230.
1965 (Jacques Derrida): esce il saggio La parole soufflée ("Tel Quel", n. 20), ripreso in L’Ecriture et la Différence (Seuil, 1967).
1965 (Jean Duvignaud): Sociologie di théâtre.
1966, 12 marzo (Nicola Chiaromonte): conferenza al circolo di cultura Francesco De Sanctis di Napoli su Artaud e la sua doppia idea del teatro (poi in "Tempo Presente", marzo-aprile 1966, e in Scritti sul teatro, Einaudi, Torino 1976, pp. 53-67). Controllare anche La situazione drammatica (1959) e Credere e non credere (1951).
1966, marzo (Jacques Derrida): conferenza a Parma Le théâtre de la cruauté et la clôture de la représentation (poi in "Critique", n. 230, luglio 1966 e con qualche variante in L’Ecriture et la Différence, Seuil, 1967, e come prefazione all’edizione tascabile italiana del Teatro e il suo doppio, 1968). Gli atti del convegno di Parma in "Teatro Festival", n. 2-3.
1966 (Jean-Paul Sartre): conferenza "Mithe et réalité du théâtre", da cui verrà poi tratto un capitolo di Un théâtre de situations (Gallimard, 1973). L'anno successivo, Sartre torna su Artaud in un articolo, "La route de l'hystérie", per "Le Point" (mensile studentesco di Bruxelles).
1966: Al paese dei Tarahumara e altri scritti, Adelphi, Milano.
1967: Artaud vu par Blin, intervista a cura di Jean-Pierre Faye, "Les Lettres Françaises", gennaio 1967 (poi ripresa in Jean-Pierre Faye, Le Récit hunique, Seuil, 1967).
1967: Bernard Dort, Théâtre public, dedica molto spazio a Artaud.
1968 (Peter Brook): "Oggi si mette in discussione Genet, si rivaluta Shakespeare, si cita Artaud, si parla molto di riti e rituale" (Peter Brook, 1968, p. 33).
1968 (Gilles Deleuze): Différence et Répétition, pp. 150 e 191.
1969 (Gilles Deleuze): il saggio Du schizophrène et de la petite fille, in Logique du sens, pp. 101-114.
1970: Antonin Artaud et le théâtre di Alain Virmaux, Seghers, 1970. Ma a questo punto iniziano a uscire anche le prime monografie parascolastiche: Daniel Joski, Artaud, Editions Universitaires, cui seguirà Gérard Durozoi, Artaud, l'aliènation et la folie, Larousse, 1972.
1971: esce la prima biografia di Artaud, quella – con qualche errore – di Jean-Louis Brau (La Table ronde).
1972, febbraio: sul "Magazine littéraire", n. 61, Artaud sans légende.
1972, 29 giugno-9 luglio: al Centre Culturel International de Cerisy-La-Salle si tiene un convegno diretto da Philippe Sollers dal titolo Vers une Révolution Culturelle: Artaud, Bataille; su Artaud intervengono Xavière Gauthier, Pierre Guyotat, Jacques Henric, Julia Kristeva, Georges Kutukdjan, Marcelin Pleynet, Guy Scarpetta, Philippe Sollers.
1976, dicembre: "Obliques", speciale Artaud, n. 10-11.
1979, maggio: Speciale Artaud a cura di Cesare Nissirio sulla rivista "Il Dramma", con scritti di Jacqueline Risset, Grazia Marchianò, Carlo Pasi, Elémire Zolla.
1984, aprile: dossier Artaud sul "Magazine Littéraire", n. 206.
NOTA.
Per compilare questa cronologia mi sono stati particolarmente utili:
- Jacques Maeder, Antonin
Artaud, Plon, Parigi, 1978.
- Paule Thévenin, Antonin
Artaud, ce Désespéré qui vous parle, Seuil, Paris,
1993.
- Alain e Odette Virmaux,
Antonin Artaud, La Manufacture, Besançon 1991.
Dopo aver steso questa cronologia,
posso provare a immaginare la sfilata di diversi gruppi di figure che in
maniere diversissime hanno incontrato Artaud.
In primo luogo ci sono alcuni
degli intellettuali francesi, in genere letterati, che avevano conosciuto
Artaud prima della follia (aveva praticamente esordito sull’autorevole
"N.R.F.", che nel 1924 aveva pubblicato la sua corrispondenza con Jacques
Rivière) e ora che è tornato da Rodez dopo nove anni d’internamento
lo osservano con un misto di compassione e imbarazzo. Alcuni lo ignorano,
ma altri hanno partecipato alla sottoscrizione in suo favore, lo frequentano
e lo sostengono. Sono certo più interessati allo scrittore e al
"caso clinico" che all’ex-attore e al teorico del teatro. Qualcuno di loro
capisce, o intuisce, che la voragine che lo scrittore francese ha conosciuto,
e le fratture dell’io che ha esplorato, sono il rischio di ogni esperienza
umana estrema (e qualcuno di loro avrà certo pensato a Hölderlin
e Nietzsche, Nerval e Rimbaud).
Un secondo gruppo è
costituito dagli amici di Artaud, quelli che hanno condiviso la sua passione
teatrale: tra di essi spiccano Blin, Barrault, Adamov. Nessuno di loro
prova a dare forma alle visioni teatrali di Artaud; le ritengono in sostanza
"impossibili", anche se certamente hanno avuto un forte impatto sulla loro
attività.
Per questi due gruppi di persone,
l’incontro con Artaud è un incontro personale, privato, un’esperienza
magari sconvolgente, vissuta con grande intensità e profondità,
e che tuttavia non riesce a trovare una diretta espressione artistica (Gide
nei Falsari fa di Alfred Jarry un indimenticabile personaggio romanzesco;
Artaud invece trova posto solo nei suoi Diari).
Dopo la morte di Artaud, in
questa immaginaria sfilata s’incontrano coloro che hanno raccolto la sfida
sul piano filosofico-letterario, e che nel giro di una decina d’anni fanno
di Artaud un punto chiave nell’esperienza del pensiero del Novecento, con
una serie di saggi di grande respiro. Sono Blanchot, Bosquet, Derrida,
Deleuze, Foucault, Sollers (non so quanti di loro abbiano conosciuto Artaud
di persona). Il nucleo della loro riflessione riguarda il problema della
scrittura, e l’esperienza di una soggettività "esplosa".
Per quanto riguarda il teatro,
i primi autentici artaudiani – tra la fine degli anni Cinquanta e i primissimi
anni Settanta - sono i Beck, Brook, Barba e Grotowski. Insomma, i creatori
del nuovo teatro. Nessuno di loro ha letto preventivamente Il teatro
e il suo doppio per poi decidere di applicare le sue teorie. Anzi,
molti di loro erano artaudiani senza saperlo: spesso (Brook, Grotowski)
sono stati riconosciuti come tali da studiosi di teatro, che avevano letto
quei testi e che per la prima volta vedevano un teatro alla loro altezza.
(È un po’ quello che è accaduto quando Aragon ha visto gli
spettacoli di Robert Wilson, decenni dopo i manifesti surrealisti). Per
tutti questi registi, leggere Artaud ha significato scoprire qualcuno che
aveva saputo dare una forma e un’unità a quello che avevano solo
presentito e stavano faticosamente cercando di praticare. È stata
un’illuminazione. Artaud aveva visto, con trent’anni di anticipo, quello
che sarebbe stato il loro teatro. Le sue idee erano in qualche modo necessarie,
l’evoluzione dell’arte doveva – prima o poi – incontrarlo.
Non appena si opera questo
riconoscimento (non appena s’incontrano la teoria di Artaud, la prassi
del Living, Grotowski e Brook, la teoria dei loro spettatori), Artaud diventa
un passaggio obbligato per chiunque sia intenzionato a fare qualcosa di
serio in teatro. Negli ambienti degli addetti ai lavori il nome di Artaud
e i suoi testi hanno una diffusione capillare. Diventano la lettura obbligata
e il manifesto della generazione post-brechtiana. Dopo gli anni Settanta
(e fino a oggi), il teatro è sostanzialmente artaudiano (se poi
si tratti di un Artaud profondo o superficiale, è una questione
che esula da questo rapido excursus).
Com’è ovvio, il silenzio
iniziale si trasforma in un chiasso assordante (anche se molto lentamente),
e a tratti quasi in moda. Sulla scena la crudeltà diventa un must.
Le
Théâtre et son Double esce in edizione tascabile prima
in Francia e poi in Italia. Gli articoli e i saggi si moltiplicano, arrivano
le biografie e le monografie, le storie del teatro gli trovano una collocazione.
A occuparsi di Artaud non sono più solo raffinate riviste d’avanguardia
ma periodici di ampia diffusione. Anche gli studenti avranno diritto al
loro Artaud, condensato in appositi volumetti fin dagli inizi degli anni
Settanta.
Tra i vari aspetti della creatività
di Artaud, quello che ha più faticato per imporsi è quello
grafico: è solo a partire dagli anni Ottanta che i suoi torturati
autoritratti vengono riscoperti in tutto il loro valore.
Il
segreto di Peter
I
fili del tempo, l'autobiografia del grande regista inglese
di
Oliviero Ponte di Pino
Apparso originariamente su "Diario", 2 novembre 2001.
Quella di Peter Brook è una carriera artistica eccezionale, e di straordinaria longevità, sempre ad altissimo livello. Da oltre mezzo secolo il regista inglese continua a stupire e conquistare gli spettatori - gli ingenui e gli smaliziati - con le sue messinscene, ma soprattutto con le sue curiosità e la sua capacità di reinventarsi. Basta citare alcuni dei suoi Shakespeare: il giovanile Pene d'amor perdute ispirato ai quadri di Watteau (1947); il Re Lear barbaro e terribile con Paul Scofield (1962); il vitalissimo Sogno di una notte di mezza estate acrobatico e circense (1970); l'austero Timone d'Atene con cui inaugurò il suo teatro parigino, Les Bouffes du Nord (1974); la Tempesta multietnica (1990) e i vari confronti con Amleto. O altri spettacoli ormai leggendari: la prima dello scandaloso Balcone di Genet (1960), lo sconvolgente Marat-Sade (1964), la discussa Carmen "melodramma da camera" (1981), il kolossal mitologico Mahabharata (1985), l'essenziale e geometrico Don Giovanni diretto da Daniel Harding (1998)...
I-TIGI
Il canto
per Ustica di Marco Paolini
di
Oliviero Ponte di Pino
E' arrivato in libreria in questi giorni I-TIGI, lo spettacolo su Iscita di Marco Paolini (libr+cassetta, lo pubblica Einaudi). Ecco la recensione dello spettacolo pubblicata a suo tempo su "Diario".
Scritto su sollecitazione dell’Associazione
Parenti delle Vittime da Daniele Del Giudice con Marco Paolini, partendo
dal breve e denso capitolo con frammenti dei dialoghi tra l’aereo e i controlli
in Staccando l’ombra da terra e riprendendo spunti dalle 1.800.000
pagine d’istruttoria, sulla scia di inchieste, libri e film, I-TIGI (è
la sigla dell’aereo Itavia abbattuto nel cielo di Ustica il 28 giugno 1980)
non vuol essere solo uno spettacolo teatrale, ma un momento di riflessione
civile che unisce la città del decollo (Bologna, nella splendida
piazza Santo Stefano) e la destinazione di quel volo, mai raggiunta (Palermo,
allo Spasimo).
Le due ore di questo Canto per Ustica
sono anche un evento mediatico (ripreso da Radiotre e Raidue) e un lamento
funebre per le 81vittime di una tragedia senza colpevoli. Sono un memoriale
con venature pedagogiche (in scena campeggia una lavagna trasparente con
la penisola fitta di sigle aeronautiche) e un oratorio laico, grazie all’accompagnamento
vocale in cui Giovanna Marini (qui in scena con Patrizia Bovi, Francesca
Breschi e Patrizia Nasini) prosegue il suo straordinario lavoro di scavo
sulla lingua italiana e sulle sue sonorità e timbri. Non ci sono
- né ci possono essere - rivelazioni. Anche le emozioni, ormai,
è difficile riaccenderle, dopo decenni di silenzi e depistaggi,
tra parole un tempo chiare ma ripetute fino a perdere significato, in una
trappola di rabbie, illusioni e rassegnazioni.
Operazioni come quella condotta da Marco
Paolini (in scena con l’abituale maestria, malgrado un testo inevitabilmente
schematico) si nutrono del conflitto tra due Italie. Una è fatta
di gente comune (il semplice elenco delle professioni delle vittime, sulla
scia della poesia di Pasolini su piazza Fontana, è uno dei momenti
più toccanti), di giornalisti e magistrati: non dimentica, pretende
di conoscere i mandanti, persuasa che la ricerca della verità sia
strumento di crescita democratica. Ma c’è anche un’Italia cinica
e pacioccona, crudele e omertosa, antica e modernissima, convinta che la
verità la decida il più forte, che il nucleo oscuro del potere
sia inconoscibile, che tutti noi, prima o poi, avremo un peccato da far
perdonare. Spettacolo dopo spettacolo, il solitario Paolini evoca il conflitto
tragico di questi due cori e ci chiede a quale vogliamo appartenere.
I-TIGI. Canto per Ustica
scritto da Daniele Del Giudice
con Marco Paolini
con Marco Paolini e il Quartetto
Vocale Giovanna Marini
Bologna, piazza Santo Stefano,
27 giugno 2000
Raidue, 6 luglio 2000
Compralo su Internetbookshop
Il concept: Net versione. 0.2.
Netmage 2001 si presenta
in una nuova versione.
Abbiamo voluto “tradire” i presupposti
di continuità che caratterizzano di solito le tradizioni festivaliere.
Occupandoci di innovazione ci
siamo costretti a pensare che la formula di questo appuntamento dovesse
essere pensata come un sistema di possibili variazioni, declinazioni che,
mutando nei formati e nelle modalità di presentazione, ci consentissero
di seguire con maggior elasticità le mutazioni di scenario di un
area produttiva i cui confini sono sfumati e che attende ancora forme precise
di definizione e di collocazione.
Netmage 2001 si concentrerà quest'anno principalmente sulle pratiche del design immateriale con l'obiettivo di cogliere lo stato del gusto e i trend di stile più attuali riferiti al continente europeo.
Un dispositivo progettato appositamente
(una arena multiscreen) permetterà la visione di materiali inediti
e realizzati ad hoc per il primo contest europeo di video-jing.
Lo stesso dispositivo verrà
utilizzato frazionando diverse aree di proiezione, sfruttando le possibilità
on-off del meccanismo del multiscreen – schermi accesi e spenti -, per
consentire la visione di materiali retrospettivi selezionati dalla redazione
del festival. Il multiscreen consentirà queste forme di “cambio
palco”.
Si tratta di andare incontro ad
una necessità di presentazione che occupandosi di materiali che
potremmo definire post-cinematografici, trova discrete difficoltà
di presenzializzazione nel tradizionale dispositivo di proiezione da sala.
Grande attenzione verrà
posta infine alla emissione sonora, tenuto conto del fatto che i visual-live
saranno nella maggior parte dei casi accompagnati dalle performances di
musicisiti elettronici e djs, partners molto spesso elettivi delle crew
di produzione visisiva invitate.
A questo ambiente spiccatamente
sinestesico si affiancheranno aree di servizio e consultazione di materiali
e repertori degli ospiti in programma nel festival.
Dobbiamo sottolineare che il meeting
investirà questa’anno una area di produzione contraddistinta oltre
che da un forte approccio multidisciplinare e mixedmediale, anche da una
capacità produttiva che si esplica in oggetti diversi: dall’advertising
alla videografica, dal web-design alla produzione editoriale fino a forme
di espressione installativo/performative molto vicine all’universo delle
arti visive.
Netmage à la carte, consentirà
pertanto la visione di questi molteplici prodotti, rispetto ai quali il
visual live non rappresenta altro che un momento di verifica empirica in
relazione all’impatto di ritmi iconografici e tracce di gusto nei confronti
di un pubblico vivo e presente.
Una serie di workshop pomeridiani
e interventi speciali completeranno il programma consentendo nella fascia
pomeridiana un incontro ed una preziosa testimonianza di esperienza con
alcuni dei protagonisti del visual/styling contemporaneo.
La presenza degli ospiti dei workshop,
delle special guest che si esibiranno nell’arena, dei partecipanti al contest
europeo, del pubblico, rappresentano le premesse di un meeting internazionale
che riteniamo abbia grande senso istituire proprio in questo settore e
in questa epoca di tele-comunicazione generalizzata.
L’articolazione dell’evento: il contest europeo.
L’arena multiscreen è un
videodromo, ossia un ambiente dedicato alla percezione di suoni e di immagini
elettroniche (multi-fonia e multi-proiezione).
Il Videodromo sarà l’arena
per un inedito confronto internazionale dedicato alla nuova, instabile
e perciò quanto mai stimolante disciplina del Vjing.
Ci risulta essere il primo contest
internazionale dedicato a questa disciplina.
Un bando internazionale di partecipazione ed alcuni special guest faranno vivere questo dispositivo nell’arco di tre giornate: giovedì, venerdì, sabato.
Il Vjing.
Mixare immagini, grazie allo sviluppo di impianti di video-proiezione e diverse piattaforme tecniche di manipolazione e mixaggio, è divenuta ormai una pratica abbastanza diffusa.
L’ “arte” del Vj, sviluppatasi in modo complementare al ben più noto lavoro dei “miscelatori di suoni” (Dj) è un sistema di arricchimento percettivo e spettacolare che si affianca, sul piano visivo, a quella già espressa dai sound systems sul piano sonoro, attraverso l’uso di uno o più schermi, consentendo così una maggiore versatilità ed un’alta qualità performativa e di intrattenimento.
Ma c’è di più: in quanto sistema più o meno complesso di videoproiezioni, il dispositivo del Vjing diventa un vero e proprio medium in sé, in grado di ospitare immagini - live e non – appartenenti a campi e generi espressivi diversi.
Il Vjing perciò sta ampliando sempre più i suoi confini, arrivando a comprendere prodotti di operatori provenienti da ambiti come il design o la produzione televisiva oltre che dai contesti più disinvoltamente mixed-mediali.
Oltre allo specifico valore spettacolare,
il Vjing si è rivelato infatti come una vera e propria palestra
di sperimentazione sul gusto visivo e sullo styling per diverse generazioni
di operatori multi-media.
Un contesto come quello di cui
stiamo parlando è caratterizzato perciò, oltre che dal dato
spettacolare più evidente e immediatamente percepibile, da un aspetto
conoscitivo non secondario sugli scenari degli orientamenti di gusto e
sulle estetiche visive contemporanee, che vivono spesso su molteplici piattaforme
mediali.
Le connessioni con altre aree di sensibilità contemporanee – quella musicale, innanzitutto e quelle visive nel loro complesso – pongono dunque questo fenomeno in un interessante incrocio rispetto al quale Netmage, un festival che si occupa per statuto di immagine contemporanea, non poteva essere indifferente.
A differenza di altri contesti
di presentazione, Netmage vuole mettere al centro la natura visiva
di questo fenomeno e svilupparne, entro i limiti del possibile, le conseguenze
con una decisa attenzione rispetto alle varie ricadute di ordine produttivo,
sociale ed estetico.
E’ per questo che, ribaltando
il piano rispetto a talune consuetudini, al centro della attenzione proponiamo
la “visione” e le sue qualità, sviluppando una concezione di “visual-system”
curata con pari attenzione rispetto all’elemento sonoro, producendo di
fatto un ambiente sinestesico decisamente “potenziato”.
I contenuti Videodrome
I materiali che animeranno il Videodrome provengono da due fonti distinte e complementari: una selezione speciale di circa 20 “emergenti” ottenuta tramite un concorso internazionale e alcuni special guests selezionati tra i partecipanti ad altre sezioni del festival, nel tentativo di coprire in modo il più possibile ampio ed estensivo la produzione europea sia già riconosciuta che emergente e ancora da esplorare.
Il programma
NETMAGE
02
Diesel/Netmage
Award
Intro
La seconda edizione di Netmage Festival, Netmage 02, si presenta al pubblico sotto una veste nuova e per molti aspetti inedita: un Vj contest internazionale, il Netmage/Diesel Award, accompagnato da un programma di workshop e da un evento performativo/teatrale.
Attraverso la modalità del vjing – performance basata sul mixaggio di immagini e suoni live - Netmage 02 indaga un’area di produzione contraddistinta da un forte approccio multidisciplinare e mixedmediale: dall’advertising alla videografica, dal web-design alla produzione editoriale fino a forme di espressione molto vicine all’universo delle arti visive.
Dal punto di vista allestitivi e spaziale la nuova forma di Netmage 02 si concretizza in un dispositivo di diffusione e di visione “post-cinematografico”, multisensoriale ed immersivo: un’arena visiva multiscreen dove le immagini più che essere proiettate vengono, letteralmente, “performate”.
Dietro allo spettacolo, però, non solo puro intrattenimento. Da multiscreen e sound system provengono suoni e immagini che sono indicatori decisi di gusti, di estetiche, di stili, di universi biografici, di immaginari.
Un’area attrezzata consente, su richiesta, una visione più attenta di repertori originali, fonti, referenze e produzioni molteplici degli ospiti selezionati o direttamente invitati dallo staff di Netmage.
Uno spazio quotidiano di approfondimento e workshop con personalità di spicco dell’area creativo/produttivo europea consente infine di approfondire gli eclettici repertori dell’immaginario visivo contemporaneo.
Vj Contest: Netmage/Diesel
Award
Netmage 02 ospita
il primo contest internazionale di vjing al termine del quale verranno
asseganti i due premi del Netmage/Diesel Award.
Il vjing è
una modalità spettacolare che si affianca, sul piano visivo, a quello
che rappresenta il djing o i “live electronics” sul piano sonoro, ottenendo
una grande versatilità ed un’alta qualità performativa e
di intrattenimento attraverso la proiezione e il rimixaggio di immagini
in tempo reale su uno o più schermi. I 109 team che hanno risposto
da tutto il mondo al bando del Diesel/Netmage Award, provengono da ambiti
quali il design immateriale, la produzione televisiva, oltre che naturalmente
dai contesti tipicamente mixed-mediali. Oltre che un contest Netmage è
perciò anche un meeting point per i molti e inafferrabili protagonisti
di questi mondi diversi e tangenti.
Workshop
Il programma di
workshop di Netmage 02 è affidato quest’anno a tre differenti realtà
europee con cui il Festival ha aperto un progetto di collaborazione – Batofar,
Onedotzero, Plug&Play - tre strutture relativamente diverse tra loro,
accomunate dalla comune identità di realtà osservativo/produttive
di primaria importanza nel vivace e metamorfico terreno della produzione
innovativa elettronica e digitale di immagini e suoni.
Le tre città
di provenienza, Londra, Parigi e Roma, rappresentano altrettanti spunti
per questo triplice appuntamento pomeridiano, impostato sulla visione,
l’ascolto e la discussione.
Si tratta di scenari
produttivi di città “capitali”, situate in quel contesto di comunicazione
mediata, digitale e telematica, che meglio può rendere conto dell’interessante
dialettica tra “scuola locale e nazionale” e nuovo “international style”.
Gli incontri consistono
in una presentazione della struttura di riferimento e dei singoli ospiti
da questa proposti, con screening di produzioni video e materiali multimedia
fra progetti commissionati specificatamente e percorsi biografici.
Giovedi 6 H
21.00
Venerdi 7
H 21.00 + replica H 23.00
Sabato 8 H
21.00 + replica H 23.00
Domenica 9
H 21.00
parcheggio sotterraneo
Piazza VII Agosto
MOTUS
ROOM 101
...we'll slide down
the surface of things…
Netmage lounge/à
la carte
Netmage 02 mette
a disposizione del pubblico nelle ore pomeridiane un’area attrezzata di
consultazione, uno spazio di fruizione individuale appositamente studiato
dove è possibile consultare tutti i materiali presentati all’interno
del Festival: dalle selezioni di video dei workshop a tutto quanto può
costituire showreel, sguardo retrospettivo attraverso opere e contributi
audio, video e multimedia sia delle guest sia soprattutto dei prescelti
finali per il Vj Contest. In questa sezione sono resi disponibili inoltre
i materiali di team e autori vj che, pur non essendo stati selezionati,
rappresentano spaccati professionali di qualità indiscutibile, in
vista anche di un’ipotetica prima mappatura internazionale. Netmage lounge/à
la carte, consentirà una visione completa di questi molteplici prodotti,
rispetto ai quali il visual live non rappresenta altro che un momento di
verifica in relazione all’impatto di ritmi iconografici e tracce di gusto
nei confronti di un pubblico.
PROGRAMMA
___________________
Giovedì 6
dicembre
H 15.00 Scuderie
Bentivoglio, area Forum:
BATOFAR
(Paris):
Lola Duval, Daniel Klein, Cécile Paris.
Batofar è
un progetto pluridisciplinare realizzato a bordo di un battello ormeggiato
sulla Senna a Parigi, interamente ristrutturato e trasformato in spazio
per spettacoli. Batofar articola le sue attività intorno alle forme
artistiche urbane tentando di mettere in discussione la città contemporanea.
Le attività si svolgono a bordo del battello ma anche al di fuori,
nel 13° arrondissement dove è situata la struttura, oppure all’estero.
Batofar diffonde forme espressive provenienti dall’ambito urbano (musica
elettronica e sperimentale, audiovisivi, installazioni multimedia, performance),
accoglie artisti in residenza sul tema della città, ospita autori
provenienti da città estere, produce incontri pluridisciplinari
e rassegne attraverso lo scambio con strutture analoghe con sede nelle
città prescelte (sinora Berlino, Barcellona, Budapest, Londra, paesi
nordici, Vienna). Inoltre Batofar realizza progetti che consentano la promozione
all’estero di artisti francesi poco noti o mal distribuiti. L’attività
di Batofar è incentrata sulla programmazione musicale, con un deciso
orientamento sulla musica elettronica e sperimentale in un’area che va
dalla musica colta al dance floor passando attraverso l’improvvisazione
e l’incontro di strumenti e macchine. Batofar si propone di colmare la
frammentazione del pubblico soprattutto nella spaccatura fra musica colta
e musica pop e di aprirsi come piattaforma, luogo di incrocio e interdisciplinarietà
alla scoperta di nuovi fenomeni.
Batofar è
diventato con gli anni un punto di riferimento per i produttori parigini
in diverse aree disciplinari, fornendo un ausilio produttivo e una efficace
vetrina, e restituendo al suo pubblico uno confronto aggiornato con gli
scenari internazionali di produzione culturale innovativa.
Lola Duval, grafica di formazione si è presto orientata verso l’ambito delle nuove tecnologie. Ha lavorato come art director sia per la mostra Nouveaux réseaux, nouvelles images alla Vilette di Parigi sia in ambito editoriale. Si occupa dell’immagine coordinata di Batofar e, contemporaneamente, insegna all’Ecole Nationale Superiore des Beaux Arts di Parigi, lavora per il circo 360, il canale ARTE (con un progetto di fotoromanzo sul sito di Arte stesso). Ha inoltre lavorato per progetti espositivi e mostre d’arte fra cui ZAC 99 al Musée d’Art Moderne de la ville de Paris.
Daniel Klein, nato
nel 1973 a Merzig in Germania, ha una formazione nell ' ambito dell ' animazione.
Realizza fra 1995 e 1998 una serie di cortometraggi super8 con il gruppo
La Lueur Déchirée. Con il collettivo Poilutation cyclique
nel 2000 presenta invece una serie di installazioni e progetti visivi per
conto del Batofar a New York e all’ICA a Londra. Sotto lo pseudonimo Jürgen
Lego realizza videoclip per, fra gli altri, Console, Russ Gabriel e Philippe
Catherine.
E’ inoltre autore
dei flyer interattivi per la serata Infamous Labels del Batofar.
Cécile
Paris è artista visiva e lavora principalmente con foto, video
e installazioni. Il suo lavoro prende forma in spazi privati e pubblici
urbani che lei stessa attraversa osservandoli ed interrogandoli. Le sue
opere restano spesso effimere, percepibili solo come semplici slittamenti,
cambiamenti di scala e spostamenti di materiali. Ha esposto in mostre personali
e collettive fra cui recentemente Traversée al Musée d’Art
moderne de la ville de Paris, Street Life presso la galleria chez valentin,
e La ville en projet, al Magasin, Centre d’Art Contemporain di Grenoble
(1998). Batofar ha presentato Cécile Paris e la sua ricerca in occasione
di Nouvelles Scènes, festival svoltosi a Dijon nel 2001 e per il
Downtown Arts Festival, a New York nel 2000.
H 22.OO Scuderie
Bentivoglio:
Vj Contest
Selected 1
Selected 2
Selected 3
Selected 4
Selected 5
Selected 6
H 00.30 Scuderie
Bentivoglio:
Live show (presented
by Batofar): Norscq
(F)
Norscq è
un musicista elettronico che vive e lavora a Parigi e viene considerato
uno degli personaggi-chiave della scena underground francese degli ultimi
quindici anni. Nel 1984 ha fondato il gruppo iconoclasta The Grief, è
stato ingegnere del suono e produttore per Von Magnet e Quattrophage, Wild
Shores e Mimetic Fields. E’ un artista prolifico con una gamma espressiva,
sempre nell’ambito dell’elettronica, che va dall’ambient alla ritmicità
più esplosiva. La sua ricerca si svolge contemporaneamente con il
progetto “orientalista” The Atlas Project, di cui Barbaresque e Wechma
(cd/Cd-Rom) sono gli album sin qui pubblicati, viaggi in paesaggi sonori
fatti di una musica ibrida che incrocia elegantemente scenari del Mahgreb
con un’elettronica “di lusso” che può vantare confronti altisonanti
(Aphex Twin, Autechre, Pansonic). Per ogni progetto il misterioso Norscq
invita a collaborare un artista nel suo laboratorio di ricerca, come è
accaduto con Servovalve per l’album Wechma. Lavatronic è il primo
e più recente album di Norscq, ancora un itinerario magico in texture
cool e minimali punteggiate di click, blip e drones che lo avvicinano all’immaginario
sonoro di artisti come Pole o Farben e all’universo dell’etichetta tedesca
di culto Mille Plateaux. Ogni live di Norscq è accompagnato da visual
in forte sintonia con i molti mondi evocati dalla sua musica.
________________________
Venerdì 7
dicembre.
H 15.00 Scuderie
Bentivoglio, area Forum:
ONEDOTZERO
(London): Shane Walter, Richard Fenwick, Michael Faulkner, Tim Hope
Onedotzero, adventures
in moving images, è un festival diretto da Matt Hanson e Shane Walter
nato nel 1996. Onedotzero si occupa principalmente di effettuare una ricognizione
a livello internazionale nell’area dell’innovazione del film digitale e
dei new media. Una delle specificità di Onedotzero è la produzione
di audiovisivi presentati in occasione della rassegna annuale stessa, tradizionalmente
in primavera presso l’ICA di Londra. Dal 2001 onedotzero torna alla produzione
televisiva con onedottv un progetto di dieci film commissionati da Channel
4. L’ultima edizione del festival ha visto alternarsi lavori di ricerca
nell’area del digitale da tutto il mondo, oltre a selezioni di opere new
media, workshop, installazioni, live performance interattive e night clubbing.
Il festival è un appuntamento fondamentale nell’ambito della cultura
digitale e delle infinite vie e possibilità dell’immagine-movimento
contemporanea. Onedotzero è inoltre un progetto di rassegna itinerante
nel Regno Unito ed in Europa e, con il workshop Pioneering. original event
digital creativity event, si presenta per la prima volta in Italia.
Shane Walter, co-direttore di onedotzero, è fotografo di formazione con esperienza pluriennale nelle performing arts (compagnia 606). Ha lavorato nell’area del multimedia/new media come producer di progetti interattivi e giochi per aziende informatiche, realizzando oltre 50 fra Cd-Rom e opere interattive.
Richard Fenwick (Newcastle, 1973) ha studiato graphic design lavorando presto nell’area televisiva per Channel 4 e Carlton Television. E’ stato uno dei key designers per l’immagine di rete di Filmfour Channel. Attivo come designer e regista Fenwick ha lasciato il progetto Static per co-fondare OS2, casa di produzione cinematografica indipendente e d’avanguardia. Il suo primo film è States, selezionato da onedotzero e dal Resfest seguito da opere in digitale e film ‘tipografici’. Lavora per clienti istituzionali e grandi aziende percorrendo la via dell’intreccio fra regia e graphic design nella realizzazione di cortometraggi, commercials e clip video (fra cui per Death in Vegas, Teenage Fanclub, Sander Kleinenberg, The Servant, Lights). Alla fine del 2000 ha ricevuto la nomination come ‘best new director’ ai 2001 Creative and Design Awards. Fenwick prosegue inoltre un lavoro di sperimentazione e ricerca con progetti personali e promo per etichette musicali indipendenti di qualità come Rephlex.
Michael Faulkner
è graphic designer e artista multimedia residente a Londra. E’ fondatore
di D-Fuse, agenzia
di design nell’area dei new media e associazione di visual designer dal
Regno Unito, gli Usa e l’Europa. D-Fuse progetta installazioni e vj set
per la scena dei club, facendo uso di video, fotografia e media informatici,
disegna e mantiene siti web, crea film e progetti di corporate identity
per aziende e istituzioni.
“D-fuse are realising
concepts and transmitting ideas throughout the whole media-scape.
D-fuse abuse the
tools of the digital revolution, filter the streams of
data, experiment
and develop a unique language for the needs of the digital world
D-fuse output spans
from communicating ideas to time-based art, from CYMK to RGB, from web-concepts
to motion-graphics – diversity is our asset”.
Tim Hope, uno degli
animatori britannici di maggior importanza. alterna un percorso di ricerca
personale con opere di tipo commerciale e clip video. La bizzarra animazione
The Wolfman ha vinto un gran numero di premi, tra cui il McLaren Animation
Prize, presso l’Edinburgh Film Festival 2000, il Japan Digital Animation
Festival e le categorie Cutting Edge and Public Choice per l’animazione
ai British Animation Awards nel 2000. Nel maggio 2000 Tim Hope ha raggiunto
la società Passion Pictures come regista di video musicali
e commercials. Fra le sue realizzazioni Don’t Panic per Coldplay e I Walk
the Earth per King Biscuit Time con cui ha vinto il premio per il miglior
clip musicale di animazione al festival di Annecy 2001. Recentemente Hope
ha realizzato per Playstation 2 di Sony The Wolfman e un nuovo video per
Coldplay per il brano Trouble.
H 17.30 Scuderie
Bentivoglio, area Forum:
Screening #1, presented
by onedotzero: Wawelenght 01
Wavelength 01
Visioni d’autore
di promo, video musicali e commerciali da onedotzero5: Richard Kenworthy/Shynola,
H5/Antoine Bardou – Jacquet + Ludovic Houplain, Geffroy de Crecy, Tim Hope,
…
H 22.OO Scuderie
Bentivoglio:
Vj Contest
Selected 7
Selected 8
Selected 9
Selected 10
Selected 11
Selected 12
H 24.00 Scuderie
Bentivoglio:
Screening #2, presented
by onedotzero: J-star 01
J-star è
un eclettico mix del meglio del visual style dal Giappone, con animazioni,
clip video, promo commerciali e videografiche con opere di: Hideyuki Tanaka,
Furi Furi, Satoshi Tamioka, Gen Sekiguchi, …
H 00.30 Scuderie
Bentivoglio:
Live show: Farmersmanuelle
(A)
Farmersmanuelle
o Farmers Manual è un team di sperimentazione digitale fondato a
Vienna nel 1995 da Mathias Gmachi, Stefan Possert, Oswald Berthold e Gert
Brantner, cui contribuiscono occasionalmente ulteriori collaboratori. Referenti
fondamentali della laptop generation, un’area performativa musicale che
fa uso quasi esclusivamente di Powerbook Apple e loro eredi, i Farmers
rifiutano ormai l’attributo di sperimentatori elettronici vedendosi proiettati
esclusivamente nell’universo produttivo digitale che attraversano con progetti
web, riflessione teorica, prodotti multimedia e performance. In quest’ultime,
esoteric exercises in mobile computing, sotto il motto di Total automation
vs. Human interaction, Farmersmanuelle fa uso di immagini provenienti dal
web, replicandole e decostruendole secondo un’estetica tipica dell’area
antagonista della rete, tutta incentrata sull’utilizzo del cascame e del
rumore possibile generato involontariamente o indotto dalla macchina e
dal suo linguaggio. A questo scenario visivo è abbinato un live
basato su frequenze estreme e distorsioni, dissonanze e loop, per uno show
intenso a metà fra un’installazione e il live di uomini e macchine.
I Farmersmanuelle si sono esibiti nei principali centri d’arte e festival
di ricerca internazionali dedicati a musica elettronica e ricerca multimedia.
Legati alla Mego, etichetta viennese di referenza e culto assoluto a livello
internazionale, hanno all’attivo cinque album e partecipazione a numerose
compilation. I Farmersmanuelle si esibiscono a Netmage per la prima volta
in Italia.
_______________________
Sabato 8 dicembre
H 15.00 Scuderie
Bentivoglio, area Forum
PLUG&PLAY, presentato
da Ala Est (Roma)
PLUG&PLAY è
il primo prodotto on-line dell'OSSERVATORIO SULLA CREATIVITA' NEI MEDIA
INTERNAZIONALI strutturato per individuare casi e marchi di produzione
che si sono distinti con successo nel mercato internazionale dei programmi
radio-tv e dei contenuti per Internet. Si tratta di casi di produzione
ad alto tasso di contenuto ideativo, esempi in cui la catena virtuosa della
creatività è stata messa alla prova dalla realizzazione industriale
e dall'inserimento nel circuito mediale mondiale. L’OSSERVATORIO (in fase
di allestimento per gli utenti di internet), intende indirizzarsi a tutti
coloro che siano interessati a completare il loro bagaglio d'informazione
sulla creatività attraverso un servizio di aggiornamento internazionale
ed è rivolto principalmente studenti e ricercatori del mondo della
comunicazione, giovani autodidatti che sperimentano la "creazione" digitale,
operatori professionali del settore della produzione indipendente, broadcaster.
H 22.30 Scuderie
Bentivoglio, area Forum
Vj Contest: Netmage
Diesel Awards, premiazioni
H 23.00 Scuderie
Bentivoglio:
Live show: Santi
Saule (I/B) super8 vj-iing
H 23.30 Scuderie
Bentivoglio:
Vj contest
Live Show vincitori
Netmage Diesel Award: 2°-1°
H 00.30 Scuderie
Bentivoglio:
Live show (presented
by Batofar): Dat Politics (F)
Dat Politics è
un quartetto di “laptop musicisti” francesi di Lille. Mescolando ricerca
sonora e puro divertimento Dat Politics propone una musica fondata su una
tecnologia middle-class, una pop elettronica petulante e a tratti acida,
composta di segnali digitali corrosivi e suoni acustici bislacchi. Dat
politics ha dato vita nel 1999 a Skipp, una propria etichetta con quattro
pubblicazioni all’attivo, sostenuta da label americane, giapponesi e tedesche
come A-musik, Mille Plateaux, Digital Narcis e Fällt. I Dat hanno
al proprio attivo tre album, Villiger, per A-musik, Tracto Flirt per l’etichetta
Tigerbeat6 e Sous hit per Digital Narcis. Loro pezzi sono inoltre presenti
in varie compilation di indubbia qualità a fianco di protagonisti
della ricerca elettronica contemporanea come Kid 606, to rococo rot, Fennesz,
Autechre, Pansonic, Matmos, Aphex Twin, R. Ikeda, Noto, Tone rec, Farben,
F. Kubin, … E’ possibile parlare di Dat Politics come di imprenditori low
tech che, disegnando direttamente il proprio sito e le copertine dei propri
cd e surfando in un universo sonico electro-noise, esplorano a fondo le
possibilità della home-production. Dat Politics si sono esibiti
nei principali club, centri d’arte e festival di ricerca internazionali.
Ai live di Dat Politics si accompagnano visual caotici e multiformi, perfetto
pendant del loro universo digitale spasmelodico.
http://www.ski-pp.com
Giovedì 6
– Domenica 9
Motus (I): Room
101. Parcheggio sotterraneo di Piazza VII Agosto. H 21.00 - repliche Ven
7 H 23.00 + Sab 8 H 23.00
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Giovedì
6 Venerdì 7 Sabato 8
H15 Workshop
presentato da
Batofar
Parigi H15 Workshop
presentato da
Onedotzero
London H15 Workshop
PLUG&PLAY
Roma
H 22 Vj contest
Selected 1
Selected 2
Selected 3 H 22
Vj contest
Selected 7
Selected 8
Selected 9 H 22.30
Vj contest
Assegnazione di
NetmageDiesel Awards
H 23 Vj contest
Selected 4
Selected 5
Selected 6 H 23
Vj contest
Selected 10
Selected 11
Selected 12 H 23.00
Santi Saule (I/B)
super8 vj-iing
H 24 Onedotzero
video screening:
J-Star H 23.30 Vj
contest
Show 2°-1°
H 00.30 Guest
Norscq
Presented by Batofar
H 01.30 Guest
Farmersmanuelle
(A) H 00.30 Guest
Dat politics (F)
Presented by Batofar
Credits
Netmage 02
Prodotto da Xing in collaborazione con Diesel
All’interno del programma di “Via Zamboni Strada delle Arti. Spettacoli, concerti, mostre, emozioni.” Del Comune di Bologna.
Supported by:
-Adcom
-Apcoa Parking
- AFAA (Association
Française d'Action Artistique, Ministère des Affaires Etrangères)
- Blow Up
- British Council
- Edizioni Zero
- Gianni Grassilli
Sound Service
- Kartell
- Kataweb
- RaiSat
-Tele+/D+
Direzione: Daniele
Gasparinetti e Andrea Lissoni
Fundraising e comunicazione
: Giovanna Amadasi
Sezione performativa:
Silvia Fanti
Direzione generale
esecutiva: Davide Rossi, Paolo Liaci
Ufficio Stampa:
Silvia Fanti, Nelsy Leidi
Promozione: Simona
Pari
Accoglienza: Sandra
Murer
Ottimizzazione bilancio:
Adelaide Ronchi
Coordinamento area
lounge/à la carte: Valentina Monti
Design: Loew &
associati
Styling e illuminotecnica:
h-amb
Premio Netmage/Diesel
Award
Coordinamento generale:
Lino Greco
Comunicazione e
rapporti con Diesel: Giovanna Amadasi
Diesel: Luigi Mezzasoma,
Valentina Tagliamacco
Preselezione partecipanti:
Silvia Fanti, Daniele
Gasparinetti, Lino Greco, Andrea Lissoni, Andrea Mi.
Giuria:
Carlo Antonelli,
Alberto Piccinini, Daniele Del Pozzo, Massimo Coppola, Lola Duval (Batofar),
Shane rj Walter (Onedotzero), XY (Diesel).
Si ringraziano per la preziosa collaborazione: Andrea Amichetti, Brendan Griggs, Giancarlo Cammarota, Cheti Corsini, Julie De Meur, DNAconcerti, Anna Doyle, Marzia Kromauer, Paolo Giaccio, Laprimavolta S.r.l., Roberto Grandi, Stefano Isidori Bianchi, Isabelle Mallez, Claudio Naccari, Federica Rossi, Teatro Comunale di Bologna, Enrica Viola, Johannes Wilms, Marco Zanzi, Giovanna Zapperi.
www.netmage.it
www.xing.it
www.diesel.com
Appuntamento al prossimo numero.
Se vuoi scrivere, commentare, rispondere, suggerire eccetera: olivieropdp@libero.it
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