ateatro
numero 17 - 28 agosto
2001
a cura di Oliviero
Ponte di Pino
INDICE
La
cultura della "No-Class"
Der
Narr und Seine Frau Heute Abend in "Pancomedia" (Strauss-Stein) alla
Biennale Teatro
di
Oliviero Ponte di Pino
Concorso
di teatro "Vicini sconosciuti"
per
drammaturghi sloveni, ungheresi ed italiani
Graz
2003 - Capitale Europea della Cultura
Il
paese della commedia dell'arte
Le
maschere italiane di Nicola Fano
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La
cultura della "No-Class"
Der
Narr und Seine Frau Heute Abend in "Pancomedia"
(di
Botho Strauss, regia di Peter Stein) alla Biennale Teatro
di Oliviero Ponte
di Pino
Nei suoi testi Botho Strauss porta
spesso in scena la "No-Class" urbana, quella borghesia esistenziale senza
passato e senza futuro ma con qualche velleità culturale: dunque
un ceto non ancora totalmente anestetizzato dal consumismo narcisista,
che mantiene ancora un legame con la propria tradizione culturale e civile).
Anche quasta Pancomedia,
scritta appositamente per Peter Stein e la sua compagnia, parla di questo
ambiente, imboccando la strada di una satira di costume di ampio respiro:
Strauss libera la sua vena grottesca portando in scena una giostra di personaggi
che potrebbero diventare a ogni momento tragici, se solo avessero qualche
percezione della storia o del destino. Ma tutti questi esemplari di umanità
postmoderna piroettano invece nel vuoto e nell'impotenza post-moderni e
dunque non possono che ripetere all'infinito la stessa gag, inchiodati
alla tragedia della banalità.Questa Pancomedia ambientata
in gran parte in un metaforico Hotel Confidence ruota intorno alla squallida
l'epopea di un piccolo editore "che pubblica solo bei libri": Zacharias
Werner è un velleitario e frigido dongiovanni della cultura e della
seduzione, alla perenne ricerca di mecenati (o meglio di finanziatrici)
e di autori (o meglio di scrittrici), stritolato tra un vago ideale di
arte e di cultura e un'industria del tempo libero che, schiacciata dalle
regole della finanza, gira a vuoto e divora i suoi figli.Nell'occasione
la sua vittima e Sylvia Kessel, autrice di un romanzo d'esordio di qualche
successo, che Werner provoca e brutalizza (intellettualmente) per arruolarla
nella sua sgangherata scuderia. Le sue mecenati sono due sorelle melomani
assolutamente fanatiche di Skrjabin (che occupano la scena in una delle
gag più esilaranti del testo). Intorno a loro, un démi-monde
variegato e sgangherato, variamente colte e interessate. Per i protagonisti
di questa Pancomedia (vista alla Biennale, al Teatro delle Tese
all'Arsenale, uno spazio di grande suggestione recuperato da Giorgio Barberio
Corsetti) l'arte non pare mai in grado di affrontare le grandi domande
sul proprio senso (e se lo facesse, sarebbe una caricatura). Convinti in
qualche modo che la cultura sia un ideale in sé (e uno status symbol),
la riducono a rito sociale: e contro questa idea dell'arte Strauss costruisce
le sue gag. Bersaglia il romanzo d'attualità (sull'invecchiamento
della popolazione e il trionfo della terza età), la ricerca del
sublime (con le due fan di Skrjabin), le complicità con la pubblicità
e in generale i mass media, i critici, l'industria culturale, i grandi
e i piccoli editori. Non mancano aperture onirico-metafisiche: come il
ragazzo dell'ascensore che non è altro che uno dei volti della Morte,
o il sogno in cui due figure mitiche come Agrypnia e Phinits dibattono
sui diritti della politica e dell'arte.
Al di là della lunghezza,
lo spettacolo è ricco di gag godibili, portante in scena con fluidità
e maestria da Peter Stein e interpretate da un cast giovane, numeroso (27
attori): è evidente il divertimento di autore, regista e interpreti
nel portare in scena questa teatronovela intellettuale.L'aspetto più
interessante riguarda forse il rapporto con il pubblico di uno spettacolo
come questo, che aggredisce con le armi della satira i riti della cultura
contemporanea. Ovviamente il target è uno spettatore per il quale
la cultura rappresenta ancora un valore (non a caso lo spettacolo inizia
con la pubblica lettura del capitolo inedito del nuovo romanzo della giovane
scrittrice Sylvia Kessel: pratica comune e seguita dal pubblico in Germania,
e impraticata in Italia), e che sia poi disposto a mettersi in discussione,
in maniera autoironica. A cercare di capire quello che all'interno di
un generico mondo della cultura e della comunicazione ha ancora un senso,
una autenticità. Ma d'altro canto, come tutte le satire, quella
in fondo garbata di Strauss privilegia il lato negativo, la pars destruens:
perché nel purgatorio dell'Hotel Confidence, sketch dopo sketch,
nessuna forma di attività culturale sembra salvarsi dal vuoto, dal
narcisismo, dalla mania ossessiva, dalla resa alle regole del mercato.
Come se l'unica possibile pars construens praticabile, a questo
punto, fosse solo l'arte come critica di se stessa.
Concorso
di teatro "Vicini sconosciuti"
per
drammaturghi sloveni, ungheresi ed italiani
Graz
2003 - Capitale Europea della Cultura
La capitale Europea della Cultura 2003 bandisce un concorso di teatro aperto ai paesi confinanti Slovenia, Ungheria e Italia.
Le opere teatrali presentate dovranno adempire le seguenti condizioni:
Anonimato
Né sulla prima pagina né
su un qualsiasi altro foglio del manoscritto presentato dovrà apparire
un accenno all'autore. Invece del nome dell'autore, la prima pagina dovrà
essere munita di un motto o uno pseudonimo da ripetersi anche su una busta
chiusa contenente una scheda con il nome, il cognome, l'indirizzo, il numero
di telefono e eventualmente anche l'indirizzo e-mail dell'autore.
Autorizzazione alla rappresentanza
in prima mondiale
Per le opere presentate non potranno
essere stipulati contratti di rappresentanza in prima mondiale. Le opere
non potranno essere rappresentate in prima nel periodo che intercorre la
presentazione dell'opera al Concorso e la proclamazione dell'opera vincitrice.
Tali vincoli riguardano il periodo fino a dicembre 2003. L'esecuzione della
rappresentanza in prima avverrà in un teatro scelto dalla commissione
giudicatrice a Graz. Nel caso che un autore abbia già prima stipulato
un contratto con una casa editrice questi si assume la responsabilità
di chiarire questo punto con la casa editrice in questione prima di partecipare
al concorso.
L'opera vincitrice sarà
rappresentata in prima mondiale assoluta nella stagione teatrale 2003 (gennaio
- dicembre). La commissione giudicatrice si riserva il diritto di fissare
la data esatta della rappresentanza in prima. Tutti i partecipanti saranno
informati in tempo utile delle decisioni della Giuria e dovranno rispettare
le decisioni prese dalla Commissione. I manoscritti inviati non saranno
restituiti.
Il concorso non prevede un soggetto
particolare. Le opere potranno essere di una lunghezza a piacere, sono
libere le durate dei testi e il numero dei personaggi. I lavori dovranno
essere spediti in una sola copia.
I concorrenti potranno partecipare
anche con più opere. Ogni opera sarà da munire con un altro
motto o pseudonimo.
Svolgimento del concorso
Tutte le opere dovranno essere
spedite all'indirizzo della commissione giudicatrice sottostante.
La commissione a Graz conserverà
le buste con i nomi dei partecipanti, farà fotocopiare i testi e
li farà pervenire in modo assolutamente anonimo a ciascuno dei cinque
membri di ogni giuria nazionale.
In ciascuno dei tre paesi partecipanti
(Slovenia, Ungheria e Italia) sarà istituita una commissione nazionale.
Le giurie nazionali sceglieranno
insieme al limite tre possibili opere vincitrici.
Queste opere finaliste (complessivamente
non più di nove testi) saranno tradotte in lingua tedesca da traduttori
competenti e poi presentate ad una giuria finale con sede a Graz che proclamerà
l'opera vincitrice di ogni paese partecipante.
La giuria potrà segnalare
ancora un'ulteriore opera vincitrice qualora alcune delle opere presentate
siano ritenute particolarmente significative.
Le tre (al limite quattro) opere
vincitrici saranno rappresentate in prima mondiale a Graz nel corso della
stagione teatrale 2003.
Ad ogni testo premiato dalla giuria
sarà assegnato un premio per un ammontare di ATS 70.000 (cioè
DM 10.000 ovvero Euro 5088).
Il premio sarà pagabile
ai vincitori tramite bonifico. La data di scadenza è il giorno della
rappresentanza in prima mondiale a Graz.
Le opere dovranno essere spedite
al seguente indirizzo:
Graz
2003 Unknown Neighbours
Norbert
Hainschek / Alfred Haidacher
Graz
2003 Kulturhauptstadt Europas Organisations-GmbH
Herrengasse
28
A-8010
Graz
I lavori dovranno pervenire entro e non oltre il 31 marzo 2002. (data del timbro postale)
Il
paese della commedia dell'arte
Le
maschere italiane di Nicola Fano
Nella collana dedicata all'identità
italiana, ideata e curata da Ernesto Galli della Loggia, al numero 23,
Il Mulino ha pubblicato uno studio dedicato a Le maschere italiane
(lire 24.000, 194 pagine). Autore è Nicola Fano critico e giornalista,
nonché autore di due saggi interessanti e curiosi, De Rege varietà
(Baldini & Castoldi, 1998) e Tessere o non tessere. I comici e la
cultura fascista (Liberal Libri, 1999).
Il tema di Le maschere italiane
è senz'altro affascinante: il rapporto tra la storia italiana e
l'evoluzione di Arlecchino ("Il Seicento ovvero l'età delle corna"),
Pantalone ("Il Settecento ovvero l'età della gobba", anche se con
i suoi difetti potrebbe essere il vero specchio dell'anima italiana), e
Pulcinella ("L'Ottocento o l'età del naso"), o meglio degli attori
che diedero loro corpo, parole e vita, dalla nascita della Commedia dell'Arte
fino alla Seconda guerra mondiale perché, così Fano motiva
questo spartiacque temporale, da un lato l'avvento della democrazia ha
cambiato irreversibilmente il rapporto tra teatro e potere; dall'altro
la società moderna che si impone attraverso i mass media ha finito
per distruggere quello che era il popolo.
Un aspetto che Le maschere italiane
lascia decisamente in secondo piano è il rapporto tra la stagione
della maschere il Carnevale e la Quaresima: e questo porta forse a
lasciare in secondo piano gli snodi più direttamente antropologico-etnografici
(il rapporto tra il tempo del lavoro e quello della festa, la sopravvivenza
delle antiche ritualità in un contesto cristianizzato, e in generale
tutti i temi legati alla cultura del carnevale esplorata da Bachtin), per
confinarsi in una logica tutta interna alle dinamiche del teatro nell'arco
di quattro secoli.
Nella carrellata sorprendono poi
alcune assenze che rischiano di rendere limitata e storiograficamente datata
l'impostazione del volume. Solo a scorrere l'indice di nomi, spiccano due
lacune (oltre a quelle di Govi e Ferravilla, nonché quella di Bachtin):
quella di Angelo Beolco, ovvero il Ruzante (riscoperto da Ludovico Zorzi,
e portato sulle scene da Gianfranco De Bosio), e quella di Giulio Cesare
Croce, il cantore delle gesta del Bertoldo (al quale ha dedicato attenzione
e studi, tra tutti, Piero Camporesi). Certo, né il Ruzante né
Bertoldo sono maschere raggelate nella tradizione delle figurine e dei
Carnevali da piazza e da televisione, e tuttavia non appena si riflette
sul problema della maschera in rapporto all'identità italiana, rappresentano
snodi centrali. Anche nei loro complessi rapporti con il potere (tema centrale
di questo Le maschere italiane) Angelo Beolco e Giulio Cesare Croce
offrono percorsi emblematici (e, verrebbe da aggiungere, istruttivi). Va
detto che Ruzante e Croce sono stati riscoperti (e Bachtin tradotto in
Occidente) solo dopo il 1945: l'autolimitazione cronologica che si è
imposta Fano risulta dunque rispettata con rigorosa coerenza. Tuttavia
questi autori (tardivamente riscattati alla cultura "alta", e dunque così
moderni) avrebbero potuto fornire alcuni indizi per approfondire diversi
aspetti dell'evoluzione del comico negli ultimi decenni, le alterne vicende
della commedia all'italiana (da Alberto Sordi a Alvaro Vitali, da Moncielli
e Scola a Nannimoretti) e l'impegno politico-civile di qualche attore contemporaneo
(Fo, Grillo, Benigni, Rossi
).
(olivieropdp)
Appuntamento al prossimo numero.
Se volete scrivere, commentare, rispondere, suggerire eccetera: olivieropdp@libero.it
copyright Oliviero Ponte di Pino 2001
olivieropdp |